80 anni fa il mistero dell’aereo Lady Irene precipitato sul Menna. Tante le ombre ancora oggi

Domenica 6 ottobre commemorazione per l'80° anniversario del misterioso schianto dell'aereo "Lady Irene" alle pendici del monte Menna.
4 Ottobre 2024

Domenica 6 ottobre commemorazione per l’80° anniversario del misterioso schianto dell’aereo “Lady Irene” alle pendici del monte Menna. Santa Messa alle ore 10.30 nella chiesa parrocchiale a Zorzone di Oltre il Colle, durante la quale sarà ricordata la storia del tragico (quanto misterioso) evento.

Erano le 18:45 del 4 ottobre 1944, 80 anni fa esatti, in pieno conflitto mondiale, quando dall’aeroporto di Brindisi si alzò in volo un aereo B-24 Liberator per una missione operativa segreta nell’Italia settentrionale. L’equipaggio di bordo contava tredici persone, dieci giovani aviatori americani e canadesi e tre agenti segreti italiani dell’OSS (Office of Strategic Services). Il velivolo, chiamato “Lady Irene”, era carico di rifornimenti per i partigiani, che dovevano essere paracadutati in una zona d’aviolancio vicino al Lago d’Endine. A terra, accanto ai fuochi, i partigiani bergamaschi attendevano di avvistare i paracadute degli agenti fluttuare dal cielo, come una manna che avrebbe portato loro armi, munizioni, cibo, esplosivi, materiale sanitario e soldi.

Ma tutto ciò non accadde mai. Al momento del decollo, sulla zona era segnalata la presenza di “nubi medio-basse”. Il comandante Charles Robert Sloan ed il suo navigatore Irvin Reider conoscevano la situazione meteorologica fin dal primo pomeriggio, ma una volta avvicinati alla zona dell’aviolancio, le condizioni iniziarono a peggiorare sempre di più, tanto da limitare la visibilità. A terra tutti erano pronti ad accogliere l’aviolancio: le segnalazioni luminose erano in posizione, le brigate partigiane in attesa dopo la conferma tramite un messaggio codificato trasmesso da Radio Londra. Il Lady Irene sorvolò più volte la zona, ma forti venti spinsero via l’aereo dalla posizione. Un breve consulto con il navigatore, e il capitano si ritirò: troppo pericoloso, d’altronde le istruzioni ricevute prevedevano l’allontanamento in caso di difficoltà.

Ciò che accadde dopo è un mistero, di cui si conosce solamente l’esito finale. Nel buio della notte di quel maledetto 4 ottobre 1944, il Lady Irene si schiantò a velocità folle poco sotto la cresta del monte Menna, a 2.250 metri di quota, in località Pezzadello. L’impatto fu devastante, tanto echeggiare per tutta la conca di Oltre il Colle, mentre le fiamme che avvolgevano ciò che restava dell’aereo arsero per tutta la notte. Il rombo fu talmente forte da indurre gli abitanti delle zone vicine a pensare ad un bombardamento, un testimone parlerà di un “fragore come di mille cannoni che in contemporanea sparano dalla cima”.

Per tutta la notte si cercò di stabilire un contatto radio con il Lady Irene. Un’ora dopo il suo rientro previsto, le unità di soccorso aereo e marittimo furono allertate e per tutto il giorno successivo si cercò in lungo e in largo di localizzare l’aereo, o i suoi resti, ma invano. Nel frattempo, alle prime luci dell’alba gli abitanti dei paesi vicini raggiunsero il luogo dell’incidente. Alcuni raccolsero tutto ciò che c’era di valore, mentre i rottami metallici furono raccolti e riciclati per produrre utensili, come pentole, coperchi, secchi e paralumi.

Dei tredici membri dell’equipaggio, soltanto di undici si conosce il nome. I valligiani diedero una sepoltura ai loro corpi nel luogo dell’impatto e lì vi restarono fino agli inizi del 1950, quando gli Stati Uniti tornarono a recuperare i resti degli aviatori per seppellirli in una tomba comune nel Jefferson Barracks National Cemetery di St. Louis, nel Missouri. Le identità di due degli agenti italiani, invece, sono ancora oggi protette da segreto militare. Ad oggi – grazie al lavoro dei ricercatori Massimo Maurizio, Franca Picelli e della giornalista statunitense Constance Cherba – si è riusciti a risalire all’identità di uno dei tre agenti italiani: Gaspare Rothschild Pace, originario di Marsala, Sicilia.

Le vere cause dello schianto del Lady Irene, però, non furono mai chiarite del tutto. È logico pensare che le avverse condizioni meteorologiche siano la chiave dell’incidente, ma alcuni testimoni affermano che l’aereo, in realtà, stesse già bruciando ben prima della collisione con la montagna. Ciò ha aperto la strada ad una seconda ipotesi, che vedrebbe la tragedia come il risultato di un danneggiamento causato dalla contraerea nemica incontrata lungo la rotta.

80 anni dopo quei tragici eventi, la storia del Lady Irene è ricordata presso il Museo del Memoriale, in un’ala del Museo dei Minerali di Zorzone, inaugurato nel 2016 grazie alle ricerche e all’impegno di Massimo Maurizio, un appassionato residente di Oltre il Colle e Franca Picelli, originaria di Milano. All’interno del Memoriale sono esposti gli oggetti legati allo schianto, fra cui gli utensili da cucina ottenuti al tempo dalle lamiere, e alcuni resti dell’aereo.

La giornalista statunitense Constance Cherba, venuta a conoscenza della storia legata ai fatti del Lady Irene, ha deciso di approfondirne gli aspetti, visitando le zone dello schianto e mettendosi in contatto con i discendenti dei membri dell’equipaggio. I frutti delle sue ricerche sono raccolti nel libro “The crew of the Lady Irene”, pubblicato nel 2014, che svela anche il nome di uno dei tre agenti segreti italiani coinvolti nell’incidente: si trattava di Gaspare Reinhald Pace. Ad oggi molti misteri sono ancora rimasti irrisolti riguardo la vicenda. E in attesa che gli archivi militari facciano luce sull’identità dei nostri connazionali caduti, non possiamo che ricordare la tragica vicenda del Lady Irene, per far sì che venga tramandata alle generazioni future e sia per loro un monito a non ripeterne la storia.

1976 museomemoriale - La Voce delle Valli
Il Museo del Memoriale del Lady Irene
Foto: Immagine indicativa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Commenti:
  1. E.nel nome di una guerra maledetta che altri a giugno 1944, a migliaia perirono andati al macello infilzati sulle coste francesi, No con la guerra non si deve dialogare mai.
    CHIUNQUE
    Gandhi.

  2. Aereo abbattuto, Irene. Con la guerra non si dialoga mai è distruzione La guerra porta solo più velocemente tanta giovane carne al macello. A Voi arrivati da così lontano x prestare soccorso alle formazioni partigiane Orobiche in momenti terribili di lotta cruenta a Voi alto sia il trofeo della libertà.🙏🙏🙏

  3. Bella storia, ne avevo già sentito parlare qualche tempo fa sempre da un articolo pubblicato da La voce delle valli.

Ultime Notizie

X
X
linkcross