Nell'incertezza della seconda ondata, sono numerose le questioni che più premono i cittadini ed i governatori. In occasione della 37esima assemblea dell'Anci, il premier Giuseppe Conte ha fatto il punto su una serie di temi fondamentali in questa situazione d'emergenza. Prima di tutto si è parlato delle feste natalizie, sulle quali il Presidente del Consiglio non si è sbilanciato troppo: nessuna previsione, ma certamente una socialità fuori controllo “significherebbe pagare a gennaio un innalzamento brusco della curva, in termini di decessi, stress sulle terapie intensive”.
L'appello di Conte è chiaro: “Dobbiamo già predisporci a passare le festività in modo più sobrio: veglioni, festeggiamenti, baci e abbracci non è possibile. Al di là delle valutazioni scientifiche occorre buonsenso. Dobbiamo prepararci a un Natale più sobrio, anche se pensiamo ci si possa scambiare doni e permettere all’economia di non fermarsi”. Sul piatto anche il dibattito circa le zone “colorate” d'Italia e la possibilità di riaprire alcune province, a prescindere dal colore della Regione d'appartenenza.
“Il meccanismo che adottiamo – ha spiegato – è già tarato anche su base provinciale, è possibile differenziare le aree più critiche in una medesima regione, così da adottare misure più rigide nelle province più a rischio, ma anche strette meno pesanti nelle province meno a rischio, che non meritano penalizzazioni”. “Si può fare. C’è un meccanismo nel Dpcm che consente sulla base di dati oggettivi, su richiesta del presidente della Regione, di farlo” ha aggiunto il premier.
A definire il colore di una Regione, ad oggi, sono 21 parametri di rischio. I Governatori stanno chiedendo, a gran voce, che vengano tutti rivisti e ridotti a 5. I timori sono unanimi: le scelte generalizzate di un algoritmo, infatti, potrebbero penalizzare certe aree. Perciò con meno parametri di riferimento, potrebbe essere più semplice scattare una fotografia precisa delle singole situazioni. “Io non dico se 21 indicatori sono giusti – ha replicato il premier Conte – ma parlare di 5 o 3 è un dibattito scientifico, non può dirlo un'autorità politica. Dovremmo fidarci degli scienziati”.