È passata ormai una settimana da quando la bergamasca ha chiesto, ufficialmente, una deroga dalla zona rossa regionale scattata lo scorso 17 gennaio. Ma la lettera inviata dal sindaco di Bergamo Giorgio Gori e dal Presidente della Provincia Gianfranco Gafforelli ancora non ha ricevuto risposta da Roma. Eppure a sostenere la tesi di una Bergamo gialla – se non addirittura bianca – ci sono anche Ats, che ha redatto un report dettagliato sul monitoraggio provinciale, e Franco Locatelli, Presidente del Comitato Tecnico Scientifico.
Se l'Italia fosse divisa in fasce di colore provinciali, piuttosto che regionali, la distribuzione muterebbe quasi completamente da quella attuale, che prevede Lombardia, Sicilia e Provincia Autonoma di Bolzano in zona rossa, Abruzzo, Calabria, Emilia-Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Marche, Piemonte, Provincia autonoma di Trento, Puglia, Umbria, Valle d’Aosta e Veneto in arancione e le rimanenti in giallo.
A creare un modello (ipotetico) di suddivisione del nostro Paese ci ha pensato il dottor Paolo Spada, medico dell'ospedale Humanitas di Milano e presidente di EVARplanning, un'innovativa startup. Nella “nuova” mappa italiana, la bergamasca risulterebbe essere una fra le province più “virtuose” d'Italia, con i contagi e l'incidenza dei positivi fra i più bassi a livello nazionale, superata soltanto da poche altre come Grosseto – che riscontra un'incidenza di 23 positivi ogni 100mila abitanti – e Matera, con 25 ogni 100mila.
Secondo il grafico aggiornato al 20 gennaio, i cui dati sono stati messi a disposizione dal Ministero della Salute per quanto riguarda l'incidenza e da Agenas per la disponibilità dei posti letto, Bergamo presenta un'incidenza pari a 44 casi positivi ogni 100 mila abitanti in sette giorni, a fronte della soglia lombarda di 151 casi. Un numero perfettamente in linea con la zona bianca, in cui tutto riaprirebbe seppur mantenendo alcune regole base come mascherina e distanziamento. Nel resto della Lombardia, l'incidenza più alta è registrata a Mantova, qui 220 i casi ogni 100mila, a cui segue Sondrio con 193, Como con 184 e Brescia, 167.
(Fonte: PrimaBergamo)