A volte le incontriamo per strada e non riconosciamo in loro la benché minima particolarità, ma a nostra insaputa (colpevole insaputa) a volte ci troviamo a vivere accanto a persone che nella loro vita hanno fatto, pensato, e intrapreso avventure straordinarie. La nostra Valle fortunatamente è abbastanza ricca di queste vicende. Oggi raccontiamo una parte della vita straordinaria di Alessandro Pesenti Rossi, il primo pilota bergamasco di Formula 1.
Per fare ciò decidiamo di incontrarlo in una mattinata di tarda estate. Corre l’anno 1967, siamo all’Autodromo Nazionale di Monza, dove si disputa la gara del Gran Premio d’Italia di Formula Uno. Tra i numerosi spettatori c’è pure un giovanotto di 25 anni di Gerosa, sognante nel vedere quei piloti, ma ancora inconsapevole che un giorno sarà lui a bordo di quelle auto. Il suo nome è Alessandro Pesenti Rossi. Nato a Gerosa nel 1942, trascorre la sua infanzia nel piccolo paese montano, aiutando il padre macellaio, ma già da bambino inizia ad appassionarsi alle corse di automobilismo. A 26 anni decide di provare a realizzare il suo sogno, così nel 1968 si iscrive a una gara di cronoscalata (una delle tante discipline del rally, comunemente chiamate “gare in salita”) in Val Seriana, dove ottiene un ottimo quarto posto, a bordo della sua Alfa Romeo GT, acquistata da un noto preparatore della zona. Quella gara segnerà l’inizio della carriera del nostro pilota.
Da lì in poi parteciperà a una lunga serie di gare in salita, alcune molto famose come la “Trento-Bondone”, la “Aosta-Pila” o la storica “Bolzano-Mendola”. Anche in questi eventi sportivi ottiene ottimi risultati, posizionandosi quasi sempre in alto nelle classifiche. Queste gare gli permettono anche di provare diverse auto, tra le quali la Alfa Romeo Giulia GTA (Gran Turismo Alleggerita, una versione con telaio in alluminio). Nonostante i numerosi successi, Alessandro si stanca presto di questi eventi che reputa troppo brevi. Sintetizza così: “I tracciati erano lunghi soltanto una quindicina di chilometri, massimo venti. Non facevo a tempo a scaldarmi che avevo già tagliatoil traguardo!”.
Di lì a breve organizzò le sue prime prove su circuito per prepararsi a competizioni più lunghe. Nel 1970 iniziò la carriera in Formula Ford (un campionato monomarca), con buoni risultati, qualificandosi quarto assoluto nel campionato. Il 18 aprile 1971 avanza in Formula 3, a bordo della sua “Brabham BT 28” dove nel campionato italiano si classifica secondo assoluto. Dopo svariate gare disputate in Formula 3 (ben 67) nel 1974 debutta in Formula 2 nel GP di Germania, nel circuito di Hockenheim, uno dei suoi circuiti preferiti a causa dei lunghi rettilinei che permettono di raggiungere alte velocità. Si classifica in sesta posizione, a bordo della sua nuova “March 742”.
In quel periodo ebbe anche la prova della pericolosità e dei grossi rischi che comportavano le gare. Un esempio: durante il GP di Monaco, venne tamponato e, per colpa delle pastiglie nuove, i freni non furono efficaci, mandandolo a sbattere fuori pista. Un piccolo infortunio ma dopo un breve ricovero poté ritornare a correre. Durante gli stessi anni, raccoglie anche esperienze partecipando ad altre gare, ad esempio nel 1974 quando prende parte alla 58esima edizione della “Targa Florio”, una delle più antiche e prestigiose corse automobilistiche italiane. Questa gara consiste in un tracciato circolare su strada appositamente chiuso al traffico, lungo 72 km, da percorrere per ben 4 volte. A bordo della sua “De Tomaso Pantera” arancione con il numero 31, a suo dire una macchina molto impegnativa il cui volante gli causa persino fiacche alle mani, ottiene il 13° posto nella classifica assoluta, insieme al compagno di scuderia Alval Valtellina.
Disputa anche diverse gare di Gran Turismo, dove partecipa alla “4 Ore di Monza” a bordo di una sportiva Ford Escort, ottenendo il 4° posto. Disputerà poi anche qualche gara a bordo di una Fiat X1/9. Nel 1975, in Formula 2, nel circuito del Mugello si aggiudica il record della pista, con un giro di 1’48’’ e una media oraria di 174.188 km/h, qualificandosi 2°. È da lì che inizia la grande svolta…
Formula 1
Il talento e le potenzialità di Pesenti Rossi sono ormai accertate, quindi nel 1975 viene fondata una scuderia indipendente appositamente per lui. Nasce la “GULF RONDINI racing”. Finalmente nel 1976 si realizza il sogno di quel giovanotto: Pesenti Rossi diventa il primo pilota bergamasco di Formula 1, debuttando in uno dei Gran Premi più famosi della storia della categoria, quando la rivalità tra i due campioni James Hunt e Niki Lauda era ai massimi livelli: il GP di Germania sul “Nurburgring”.
“Era da incoscienti correre la prima gara di F1 su quel circuito”, racconta oggi Pesenti Rossi. Non a caso il tracciato lungo 22 km e 835 m viene soprannominato ancora oggi l’“inferno verde”, nome coniato dal pilota inglese Jackie Stewart, per descrivere la pericolosità di quella pista, immersa in una grande foresta. Una settimana prima del Gran Premio, il nostro pilota bergamasco, per prepararsi, viaggia in Germania, si reca al Nurburgring dove si allena correndo sulla pista con una Bmw noleggiata poco prima in aeroporto. Nel frattempo i membri della sua scuderia, la Gulf Rondini, si trovavano a Londra per allestire l’auto con la quale avrebbe corso di lì a pochi giorni: una Tyrrell 007, con motore Ford Cosworth a 8 cilindri. Il tempo per riverniciarla prima che inizi il Gran Premio di Germania non è sufficiente, pertanto l’auto porta ancora i colori della scuderia precedente, un blu scuro.
Domenica, 1 Agosto 1976, ore 14 circa. Un piccolo ritardo dovuto a un problema tecnico durante il giro di riscaldamento aveva lasciato il tempo al cielo di trasformarsi da grigio chiaro in una cupa e pesante lastra di piombo. Le auto iniziano a disporsi lungo il rettilineo, pronte per la partenza. Oltre il guardrail, nei box, i meccanici iniziano a preparare l’occorrente per un eventuale veloce sostituzione delle gomme da asciutto con quelle da bagnato. Alessandro ricorda che la pista era bagnata a tratti, ma che non ci fu mai pioggia durante la gara. Anzi, il cielo lasciava intravedere al pubblico e ai piloti uno squarcio azzurro in lontananza, la situazione meteo quindi era in probabile miglioramento. Tuttavia i commissari di percorso esposero i cartelli con la scritta “WET RACE” e la corsa fu dichiarata ufficialmente bagnata.
Qualche pilota decide di cambiare le gomme, poi la partenza. Al secondo giro dei 14 in programma, solo 14 auto sulle 26 totali passarono il traguardo. Affacciati al muretto dei box, i responsabili dei Team cominciarono un nervoso conto alla rovescia che verificò “la scomparsa” di ben 12 macchine in un solo giro. La lista dei “dispersi” comprendeva i piloti Lauda, Pace, Stuck, Jarier, Lunger, Merzario, Amon, Ertl, Edwards, Watson, Fittipaldi e Pesenti Rossi. Quale terribile evento era accaduto? Dalla testimonianza dei presenti sulle varie curve, l’incidente di quel giorno poteva essere riassunto così: Niki Lauda perse il controllo della sua Ferrari 312, probabilmente a causa della rottura di una sospensione e delle gomme troppo fredde, andando a sbattere violentemente contro il guardrail. L’auto prese immediatamente fuoco e soltanto il tempestivo soccorso di Arturo Merzario e altri piloti permisero a Lauda di uscire dalla sua monoposto in fiamme, riportando gravissime ustioni, intossicazioni e fratture. Nonostante questo grave incidente, si decise di riavviare la gara, ma non tutti i piloti presero parte a questo secondo tentativo. Pesenti Rossi non rinunciò concludendo la faticosa gara e ottenendo il 14° posto.
Seguirono altre 3 corse in Formula 1: al Gran Premio d’Austria tagliò il traguardo con l’11° posto, e al GP d’Olanda per motivi tecnici e privo di un nuovo motore non si qualificò. Infine partecipò al 47° GP d’Italia, sul circuito di Monza, arrivando 18°. Quando non si correva ci si prendeva un momento per festeggiare. Pesenti Rossi ricorda quando festeggiò il suo 34esimo compleanno assieme a quello del campione James
Hunt (compiva gli anni due giorni prima). Quest’ultimo, il vincitore del campionato del ’76, si era guadagnato il soprannome Hunt “The Shunt” (Hunt “Lo Schianto”) a causa dei suoi numerosi incidenti durante le prove. Per lo stesso motivo era nato pure un soprannome coniato dalla scuderia bergamasca di Pesenti Rossi: a causa delle sue frequenti uscite di pista lo chiamavamo amichevolmente Ol piantapatate.
Dopo l’esperienza in Formula 1, Alessandro si dedica ancora a qualche gara in Formula 2 per poi abbandonare definitivamente il mondo delle corse automobilistiche qualche anno dopo, principalmente a causa dell’età come da lui stesso confermato. Ancora oggi, 40 anni dopo le sue corse adrenaliniche riceve ancora lettere e buste da tutto il mondo, principalmente dalla Repubblica Ceca, Germania e Austria contenenti fotografie da far autografare.
Ringraziamo Alessandro per il tempo che ci ha dedicato per la nostra intervista. Ringraziamenti: ringraziamo per aver contribuito alla redazione dell’articolo Serena Gregis, la nipote di Alessandro Pesenti Rossi e Diego Valceschini di VBTV.
Fonti: Documenti personali di Alessandro Pesenti Rossi; Rolling Stones; “Formula 2, fucina di campioni”, Altieri Paolo, Colombo Ercole.
Articolo estratto da “Quaderni Brembani n.16” e scritto da Giandomenico Offredi e Alessio Rota del Centro Storico Culturale Valle Brembana