C'era una volta in Valle Imagna“ Racconti della Valle Imagna” : Il viaggio di Atreo (3a parte)
Prosegue il racconto elaborato come narrazione storica in ambito scolastico, con la suggestione di riprendere nella grande storia e nella letteratura universale i riferimenti alla piccola storia di nostro ambito locale, con la sorpresa di ritrovare, della grande storia e della letteratura universale una rilettura ed un senso inaspettato, quando ci accorgiamo che esse ci appartengono ,che i miti di Omero parlano a noi , che il viaggio di Ulisse può essere il nostro viaggio, che Itaca ha a che fare con il paese o con la valle dove sei nato; come ci racconta, nell’elaborazione scolastica di due studenti del liceo Mascheroni , la narrazione di Atreo alla corte di Teseo.
Si parla di uomini che venivano dal mare …Venivano dall'Egeo per rifornirsi di ambra di stagno e piombo…Oltre 3000 anni fa i “micenei” visitavano la Valle Imagna, primo affluente del Brembo, alle falde del Resegone, lasciando segni di quella civiltà antichissima avevano risalito il Po dalla laguna, dalla foce e dagli affluenti, dall'Adige al Mincio, dall'Adda al Brembo, precedendo gli etruschi fondatori di molte città padane da Bologna a Mantova a Cremona fino a Como la città sul lago, fino a Bergamo la città sul monte.
“Lasciammo ,o nobile Teseo,le isole Elektrides, partimmo con la concava nave inoltrandoci tra le placide acque dell’Eridano( fiume Po) ,dalla sua calma foce ornata di alti pioppi e mesti salici piangenti, sorti sulle sue rive dalla metamorfosi delle Nereidi che fedeli si spensero la vita nei gorghi delle onde prese da passione del giovane divino Fetonte precipitato nel fiume da inesperto auriga del carro del Sole.
Mio padre rincuorava i suoi compagni e, contro ogni presagio, mi appariva deciso e convinto nel suo intento di continuare la sua impresa scegliendo questa nuova via verso il nord. Su indicazione dei mercanti di Spina( Comacchio) sapeva di siti micenei già sorti sul primo affluente con posti di scambio oltre Adria, ma dopo i primi insediamenti micenei la grande plaga del fiume “Athesis”(l’ Adige ) portava oltre i monti tra le feroci popolazioni già incontrate nella precedente sua impresa quando aveva superato i monti a nord dell’estremo porto di “Aqulis”( Aquileia )
Perciò senza esitare seguimmo la navigazione sul successivo affluente che nasce dal lago Benaco (il Garda); su quel fiume l’arconte, re e sacerdote di “Spina”, ci aveva raccomandato di far visita alla profetessa e maga Manto, figlia dell’indovino tebano Tiresia,che fuggita da Tebe dopo lungo errare ,giunta sulle paludi del fiume Menzo (Mincio), si era fermata sul lago creato dalle sue lacrime versate nel pianto, e lì avrebbe dato origine alla città dal suo nome chiamata Mantua(Mantova);bevendo le acque di quel lago si ha la predizione e l’indicazione del proprio futuro .
Dopo difficile navigazione arrivammo ad un lago palustre, qui stava Manto,dai bei capelli raccolti, terribile dea dalla parola umana … con la nave ci avvicinammo in silenzio … un dio ci aveva guidato … ,poi sbarcati due giorni e due notti giacemmo, mangiandoci il cuore di stanchezza e di pena… ci fermammo ..ma quando l’Aurora portò il terzo giorno … .trovammo tra i folti querceti e la macchia sulla sponda la casa di Manto, fatta di pietre lisce ..ci fermammo nell’atrio della dea, dalle belle trecce ..e lei, uscita fuori , aperte le porte splendenti , ci accolse con gioia riconoscendoci amici dal segno della “ lybris”, il segno dell’’ascia bipenne, disegnata sulla vela ed incisa sul bronzo delle nostre armi…Fummo suoi ospiti sacri …. Bevemmo le acque miracolose del lago che ci aprirono alla mente sul nostro futuro e che ci diedero indicazioni e pensieri preziosi: “Tornate a navigare sul grande fiume che nasce da monti altissimi, cercate a nord la via delle grandi montagne ,..remando la sua risalita, come su un albero di ramo in ramo, navigate i suoi affluenti ed i suoi laghi; tra questi c’è un lago che si divide in due rami ,al suo sommo si apre la grande via per arrivare sui passi delle imponenti vette.
E’ quello un lago incantato, lo chiamano lago Lario che vuol dire “lago principe” ed i suoi monti, sorgenti dalle acque, impediscono il transito, ed il sortilegio e l’incantesimo del luogo offusca la memoria e il ricordo;sulle sue rive han preso dimora nostri navigatori che là spensero il loro ardimento e le nostre attese, dimenticando la patria e il ritorno;voi evitate quel lago e per aggirarlo sulla sua sponda orientale risalite sul suo emissario, il fiume chiamato Abdua,(l’Adda) che significa “acqua corrente”; ne troverete la foce suoi meandri lacustri dell’Eridano dove il compagno di Paride Cremone fondò il suo bel rifugio(Cremona); di qui a nord salite, fino all’apparir di un fiume minore chiamato “Imbro”(Brembo),dalla parola “imber” o “brombo” con cui in quei luoghi chiamano l’acqua, e tra le ghiaie apre le sue sponde scendendo tra rapide e forre che voi risalirete fino a trovare un guado abitato, che dal corso del fiume prende nome di ‘Imbrate ,(Brembate di sotto) bivio e crocevia di due strade l’una che ad est porta alla “Città sul Monte”(Bergamo), l’altra che ad ovest porta alla “Città sul Lago(Como); proseguite a nord e arriverete dove rocce e ghiaie pongono il limite al navigar sulle acque, Lemen da “ limite” chiamano quel luogo , che chiude la pianura nel contorno dei monti e da qui si diparte selvosa una valle di verde smeraldo , apertura e porta d’ingresso per transitare le Alpi.
Arriverete fra genti che non conoscono il mare ,non mangiano cibi conditi col sale ,non sanno delle navi dalle guance di minio,né i maneggevoli remi che sono ali alle navi “ E rivolta a mio padre disse la profetessa.: “ Oh intrepido acheo che da Thera sei partito navigando le acque, il segno ti sarà chiarissimo:non può sfuggirti quando, lasciata la nave tra le arene e le rocce ,in terra piantato il maneggevole remo , salendo il monte che come piramide si distingue , vedrai all’orizzonte la sagoma di una montagna a forma di leone disteso di schiena, rivolto il capo ed il volto al calar del sole;è quello il segno per chi lo sa leggere su una e l’altra faccia di quel monte,impronta lasciata al passaggio che fece, tra le sue12 “fatiche” quando per primo attraversò le Alpi, Ercole, stirpe di Zeus, l’eroe che uccise il leone di Nemea e ne vestì la pelle” ;là su quel monte lasciò l’impronta delle sue vestigia,là su quel monte,nella sua visione si compirà la vostra grande impresa, conoscendo,ai confini del mondo,che il mondo non ha confine!”
Così ci disse la profetessa e dea,e tutto ci avvenne come Manto aveva previsto, o eroe Teseo, o principi achei che onorate gli dei, tutto quello che ci disse tutto così ci avvenne , forse perché scritto nel destino o forse scritto nella nostra mente da quelle acque magiche bevute dal suo lago, poiché le cose avvengono prima nella mente e poi nel destino. E noi giungemmo navigando il greto delle acque al Limite(Lemen) sotto le alture e distinguemmo la forma di piramide del monte selvoso sul bordo del fiume Scesi a terra, quanto la profetessa disse si verificò nel segno predetto: “Quando, incontrandoti,un altro viandante ti dirà che il ventilabro tu reggi sulla forte tua spalla ,allora in terra piantato il maneggevole remo ,offri bei sacrifici a Poseidone delle acque sovrano, ed ai numi immortali che il cielo vasto possiedono,perché la vostra impresa abbia il suo compimento realizzando il sogno inseguito partendo dalla lontana Thera!” ..( Little Eagle )
Nota di lettura – Alcune note di lettura per questo racconto che ,delle 3 puntate precedenti e nella prossima 4° conclusiva , trova conferme nei ritrovati e nelle testimonianze archeologiche della valle Brembana e della Valle Imagna, (riferite in bella relazione dal titolo dallo scrittore romano Plinio ,” In Bergomatium agro extrema parte Italiae”(sul territorio dei bergamaschi nella parte estrema dell’Italia ). Le due valli convergono tra loro all’altezza del paese di Clanezzo e che, seppure separate e distinte, da sempre gravitano sull’area pianeggiante dell’antico Lemine. “L’abitato di Clanezzo poteva svolgere una funzione di mercato grazie alla sua posizione strategica trovandosi allo sbocco verso la pianura dei due percorsi interni delle valli e non distante da percorso pedemontano che univa l’area adriatica ai passi alpini, e che risulta frequentato forse ancor prima del XVI secolo a.C. A Clanezzo tra gli altri reperti i pendagli in ambra rinvenuti sono un ritrovamento eccezionale, poiché rappresentano il più lontano e il più settentrionale reperto in tale materiale rispetto alla via dell’Ambra e alle rotte commerciali note nell’età del Bronzo.
All’età del Bronzo sono databili due siti all’interno di grotte, di differenti funzioni, che hanno permesso di confermare l’esistenza di scambi di lungo raggio tra l’area prealpina e l’area veneta con influssi anche di ambito transalpino; si tratta della tomba ad inumazione rinvenuta nel 1985 all’interno di una cavità nella grotta Costa Cavallina di Clanezzo, non distante dal sito dell’abitato, col ritrovamento di pendagli di ambra lavorata a “tipo tesoro di Tirinto “, e della grotta nota come “Tomba dei Polacchi”nel comune di Rota nel cuore della Valle Imagna col ritrovamento di un rasoio quadrangolare con decorazione incisa dell’ascia bipenne .Questi reperti eccezionali ,come vedremo nella prossima puntata, giustificano e richiedono nella narrazione una distinzione significativa con riporti e citazioni dei bei versi dell’Odissea.