L’ emigrazione dei boscaioli brembani verso la Francia ebbe inizio alla fine del XIX secolo, dopo che la terribile alluvione di San Pietro, del 29 giugno 1890, aveva travolto e distrutto le fucine del ferro che sorgevano lungo le sponde dei torrenti Inferno e Salmurano, privando anche gli abitanti di Ornica della possibilità di sopravvivenza.
Ai capifamiglia non rimaneva che cercarsi un lavoro nei boschi perché già da ragazzi, seguendo l’esempio dei loro padri, avevano imparato a tagliare la legna per riscaldare case e baite, per costruire i tetti, i mobili e i più svariati utensili casalinghi. Le attività boschive locali, con i loro scarsi guadagni non bastavano certo per la sussistenza delle famiglie e quindi non rimaneva che prendere la via dell’emigrazione verso l’estero, lasciando a casa donne e bambini. Nel registro di rilascio passaporto del 1928 e 1929 risulta che le domande sono in numero elevato.
Come si può immaginare il lavoro durissimo era tutto affidato alla forza di muscoli, oltre che alla continua attenzione per evitare pericoli, sempre incombenti. Le ore di lavoro erano tante e quelle del riposo poche. Da aggiungere che la stagione lavorativa iniziava a primavera e terminava quando neve e ghiaccio impedivano ogni attività boschiva. Solitamente si è tentatati di rappresentare il boscaiolo come un uomo rude, esecutore di un lavoro poco valorizzato e che esercita la propria professione con i muscoli più che con la testa. Al contrario, questa attività di grande fatica, richiede abilità e competenza nell’uso delle tecniche, precisione nel taglio, attenzione e prontezza di riflessi nel trasporto del legname e destrezza non comune.
Nel novembre 1999 a Grenoble (Francia), città dell’Isère, molto conosciuta dai nostri emigranti, è stato pubblicato un interessante libro dal titolo Et l’homme créa le Mont Blanc. Si tratta di una approfondita ricerca professionale, divisa in sei sezioni; in una di queste viene riportata l’intervista fatta ad un concittadino ornichese, Guerino Quarteroni. Egli così racconta la sua esperienza lavorativa: “Provengo dalla provincia di Bergamo, Alta valle Brembana, Comune di Ornica dove sono nato nel 1936. Sono partito per la Francia a tredici anni e tre mesi. Ho iniziato a Ugine (Savoia) il lavoro nei boschi come ‘bocia’, addetto a cucinare per tutta la compagnia e, contemporaneamente, come apprendista ‘borelèr’; il mio apprendistato è proseguito per tutto il 1950 e 1951. Successivamente ho cambiato padrone e mi sono trasferito a Quige e qui ho lavorato dal 1952 al 1985, presso Viardet Vial in una squadra di diciotto boscaioli, tutti bergamaschi.”
Nell’intervista Guerino mette in evidenza le norme e le tecniche specifiche per imparare ad usare con attenzione e perizia gli attrezzi del mestiere. Aggiunge che all’età di ventidue anni era diventato capo-squadra. A quell’epoca la meccanizzazione delle tecniche forestali era agli inizi: si tagliava ancora con attrezzi manuali; i vari tipi di asce venivano affilate con la lima; erano in voga la scure, la sega, il segone, ecc. Dopo il 1960 si fece uso del “tir-fort”, una vera conquista che evitava un grande dispendio di energie e di fatiche. Nel 1961 arrivò la “motosega”, trasportabile nei boschi: grande rivoluzione del progresso. E qui, il signor Guerino ci rivela con orgoglio, di essere stato il primo ad acquistare la “tronçönneuse”. Spiega anche il funzionamento di questa tecnica, diventata in breve tempo, di uso comune.
I boscaioli transalpini, come Guerino, sono famosi ed autentici specialisti nel taglio forestale; lo sono altrettanto per il trasporto del legname dal bosco alla strada carrozzabile. La loro professionalità è rimasta, per molto tempo, monopolio dei bergamaschi. In seguito, le loro tecniche furono adottate anche dalla gente del posto e da boscaioli di altra provenienza. Agli inizi degli anni 70 l’emigrazione bergamasca è andata diminuendo. Con lo sviluppo industriale molti boscaioli hanno scelto nuove attività nel proprio paese. In Francia sono rimasti soltanto quelli che vi hanno formato una famiglia. In Alta Valle Brembana gli ultimi boscaioli hanno proseguito la loro attività fino alla data del pensionamento, alle dipendenze di artigiani imprenditori che fornivano il legname alle segherie locali, sorte proprio negli ultimi anni del XX secolo.
Articolo estratto da “Quaderni Brembani n.13” e scritto da Romana Quarteroni
(Immagine in evidenza: boscaioli vertovesi in Francia – foto by Archivio fotografico Sestini)