Il freddo che in questi giorni ha raggiunto le nostre valli spinge un po’ tutti a togliere le giacche dagli armadi e a cercare il caldo conforto del fuoco. Anche “A schiena bassa” questo mese si è lasciata attrarre dal suo dolce tepore; per questo incontriamo l’artigiano del ferro Michele Carminati, quarantaduenne di Zogno, titolare dell’officina “Artigianfer” a Rosolo di Algua.
Michele ha festeggiato nel 2018 i venti anni di lavoro autonomo, anche se il suo percorso lavorativo vero e proprio è cominciato nel lontano 1993 quando, a soli tredici anni, ha iniziato a dedicarsi alla lavorazione del ferro come dipendente di suo zio Gianbattista, che gli ha trasmesso fin dal primo momento la passione per questo particolare lavoro.
In questo quarto di secolo Michele si è cimentato nel realizzare qualsiasi cosa si potesse fare in ferro; dai classici cancelli, inferriate e ringhiere ai complementi d’arredo: tavoli, cornici per specchi, portabottiglie, portafoto… Ma anche animali, aquile, rane, tartarughe e farfalle.
Una vera e propria passione che è partita fin da subito come un lavoro; ma come è iniziata? “E’ stato mio zio ad avvicinarmi al mestiere quando ancora ero un bambino. Trattandosi dell’attività di famiglia, ha iniziato a portarmi in officina durante le vacanze estive scolastiche. Nel gennaio del 1998 mio zio Gianbattista venne a mancare improvvisamente, mentre rincasavamo dal lavoro. Mi trovai all’improvviso ad un bivio: rischiare tutto e continuare con l’attività, oppure lasciare perdere tutto e andare a fare il dipendente. Ho scelto la prima e devo ammettere che al momento non è stato affatto facile; avevo appena più di vent’anni e tante cose ancora da imparare.”
Una scelta “forte” quindi, e pare di capire una scelta che rifarebbe ancora un milione di volte: per Michele fare il fabbro, ormai, non è più solo un lavoro, ma un vero e proprio stile di vita, al punto che a volte, dopo una dura giornata in officina, torna a casa e si mette a guardare video su YouTube per apprendere nuove tecniche di lavoro.
Dai film alle statuine del presepe, tutti noi immaginiamo il fabbro sempre impegnato, martello all’aria, a sferrare colpi all’incudine tutto il giorno. In verità, questo lavoro è molto più vario di quello che si immagina, e impegna la testa, ancor prima che il fisico. “Ci sono giorni che passo in ufficio per la progettazione, altri in cui sto in officina per la realizzazione dei pezzi e giorni in cui mi occupo della posa in opera dal cliente. Non ho un orario fisso e, come la maggior parte degli artigiani, le ore lavorative sono sempre tante: so quando inizio ma non quando finisco!”.
Un lavoro che ti permette di essere un giorno artigiano, un giorno artista. “Ci sono volte in cui devo attenermi scrupolosamente al progetto e questo riguarda soprattutto i lavori sui cantieri. Altre volte, invece, i clienti mi danno la possibilità di sfogare la mia creatività. Li ringrazio perché per me è molto importante questo aspetto.”. Tra i vari lavori “originali” e personalizzati realizzati negli ultimi anni, è bello citare la Croce degli Alpini, posizionata in vetta sul Pizzo Rabbioso a Bracca, commissionata dal Gruppo Alpini del paese a Michele nel 2017. “Sono orgoglioso di questa Croce perché si tratta di un manufatto che rimarrà nel tempo e del quale possono godere tutte le persone che vanno su quella montagna.”.
La Croce degli Alpini sul Pizzo Rabbioso
Vedendo il metallo informe e incandescente prendere forma facendo scintille, viene spontaneo parlare di sicurezza sul lavoro, anche alla luce dei tanti casi di infortuni che ultimamente tornano, ahinoi, agli onori delle cronache. “L’attenzione serve sempre, a maggior ragione lavorando col ferro caldo. Gli attrezzi base del mestiere del fabbro sono incudine, martello e pinza: semplici ma sufficienti per farsi male sul serio. Bisogna essere sempre “sul pezzo”: la martellata sbagliata può fare male oppure può compromettere la buona riuscita del manufatto. Quindi attenzione a quel che si fa e a come lo si fa.”.
Come sempre, il nostro interesse va a indagare il rapporto tra i nostri artigiani e le valli che li hanno visti crescere, per questo chiediamo anche a Michele il suo rapporto con la Valle e il suo essere un artigiano della Valle.
“Il fabbro è certamente un mestiere duro e di fatica e essere “uomo di montagna” mi aiuta molto a portare avanti l’attività. A mio avviso chi viene dalle Valli, ha una marcia in più, un carattere più “forgiato”, giusto per rimanere in tema.”. Una dichiarazione di orgoglio e di amore, la sua. Più realistico e amaro, invece, il giudizio sul lavorare in Valle, alla luce delle palesi carenze infrastrutturali. “Inutile nascondersi e far finta di niente: lavorare qui è sempre stato più difficile rispetto alla città, a mio avviso questo vale per la grande maggioranza delle attività presenti nelle zone montane. Il lavoro in Valle è poco e inoltre non si trovano le materie prime, quindi mi sposto principalmente tra Bergamo e Milano e ciò significa tantissimi viaggi su strade note per la pessima viabilità. Personalmente sono stato messo a dura prova nel 2012 quando la frana della SP 27 ha causato la chiusura della strada a pochi metri dalla mia officina. Se le istituzioni volessero mettersi davvero d’impegno per tutelare ed agevolare noi artigiani, allora forse potrebbe esserci ancora un futuro dal punto di vista imprenditoriale. E’ un discorso che non vale solo per la Valle Brembana ma per tutte quelle zone che hanno meno opportunità rispetto alle città.”.
Nonostante le difficoltà, le soddisfazioni sono tante, al punto che a Michele piacerebbe vedere qualche giovane avvicinarsi al mestiere. “Se qualche giovane avesse il desiderio di diventare fabbro, senza dubbio lo incoraggerei e direi di provare. Se dovessero servire dei consigli, gli direi di venire a trovarmi nella mia officina dove la porta è sempre aperta. Sono convito che trasmettere ai giovani volenterosi quello che sono capace di fare è l’unico modo per andare avanti tramandando questo mestiere antico, ma ancora vivo e ricercato.”.
Lasciamo il nostro moderno “Efesto” al suo lavoro e alla sua passione, tanto ardente e tenace quanto il metallo che, sotto la sua incudine, colpo dopo colpo prende forma di opera d’arte.
Contatti
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