Racconti della Valle Imagna 6a parte

Si conclude il racconto elaborato come narrazione storica in ambito scolastico, con la suggestione di riprendere nella storia universale e nella letteratura i riferimenti alla Nostra Storia di ambito locale.
12 Gennaio 2019

C'era una volta in Valle Imagna“ Racconti della Valle Imagna” : Il viaggio di Atreo (6a e ultima parte) 

LE VECCHIE PUNTATE: primasecondaterzaquarta, quinta

O principe Teseo, e voi stimati ascoltatori di stirpe achea, – continuò il suo racconto Atreo-giunto alla fine della narrazione del mio viaggio , parlo a voi di genti che noi chiamiamo barbare, perché non parlano parole dell’ Ellade, parlo di genti ai confini del mondo e parlo a voi che abitate Atene,città di larghe contrade e di spiriti grandi , fondata da Atena dea delle arti geniali e da Poseidone dio delle acque e dei mari,e voi avete fatto eccelsa la vostra città, , non chiudendo il suo perimetro in mura di pietra ,ma allargando i suoi confini con navi di legno sui flutti del vasto mare,che non conosce confini ma terre d’incontro delle genti e dei popoli .

Quando giungemmo al fine su percorsi di fiume in quella terra estrema che Lemen da “limite” prendeva il nome , tra quei monti potemmo trovare il grande transito al Settentrione,il passaggio attraverso le Alpi alle terre del Nord ,transito ricercato a coronamento e frutto della nostra impresa che , noi, viaggiatori partiti dalla minoica Théra portammo a conoscenza e dono all’Ellade intera e molto più frutto a noi certo donarono gli dei, come premio al nostro valore e coraggio ,quando salimmo le cime di quei monti e ci restò nel cuore e nelle mente, di quella terra e di quell’impresa la conoscenza dell’infinito confine del Mondo, dell’infinito durare del Tempo, dell’infinito Spirito Universale che vive nel cuore e nel destino di noi uomini mortali.

Era d’estate e il sole declinava il suo corso nel Leone, figurato nel segno della costellazione e nel disegno delle ombre su quel monte; ci guidava Anagon, capace di forza e potere tra gli abitanti dei monti, ed arrivati sui passi, mio padre divise il gruppo, lasciandomi con pochi di vedetta e di osservazione sul monte, mentre lui con i più forti proseguì il cammino alla scoperta con Anagon dell’intero transito del Nord, che gli dei o i giganti hanno tracciato, dividendo il grande arco delle Alpi in occidentali ed orientali, per passare dalla pianura dell’Eridano alle valli ed ai monti , oltre le cime , sulle terre germaniche della Rezia e del Norico.

Due volte sorse il volto pieno della luna nel cielo mentre dimoravamo in attesa sul monte, e giunse da noi anche Edriny,”che aveva bellezza per dono dei numi e capacità di vedere le cose oltre le cose” , consueta a quei luoghi di alpeggio estivo dello zio coi fratelli e i cugini paterni, che portavano al monte mandrie ed armenti .In tutti quei giorni tra le albe e i tramonti ,nelle notti serene di stelle cadenti e di lune crescenti e calanti sui monti, mi parlò Edriny dei segreti del cielo, nelle splendide aurore sorgenti sulle cime dal piano , nei tramonti infiniti di soli cadenti su mondi lontani, preclusi al nostro sguardo, ma veri e viventi nei nostri pensieri e nelle nostre visioni di terre e di popoli, di stagioni e di genti,di vite vissute, di vite viventi nell’immensità dello spazio e del tempo … .e discorrevamo tra noi con grande dolcezza..e . ascendevamo interiormente …. e prendevano posto le nostre vite negli orizzonti infiniti di quel mondo senza confini , e naufragavano le nostre anime nell’Orizzonte Infinito del Mondo !

Certo quel monte che si alza in altura di roccia dolomia imminente sul verde dei colli e del piano ,nel contorno azzurro del cielo dei laghi e dei fiumi come palco di scena sulla grande pianura dell’Eridano , nell’anfiteatro maestoso delle cime delle Alpi, ha qualcosa di sacro che si trasfonde nel suo aspetto disteso di leone collocato dagli dei o dai giganti sui passi di chiusura di quella Valle , vigile e quieto e volto all’ occidente del calar del sole. Là ritornò glorioso il padre mio compiuta l’impresa mitica di attraversar le Alpi ,là i nostri ospiti, adusi a strumenti di pietra e di selce ma conoscitori degli anfratti e dei recessi , ci portarono in dono la scoperta preziosa dello stagno e del piombo trovato nelle rocce alle falde di quel monte, metallo costoso che i nostri antichi dall’estrema Tule portavano, per comporre con il rame il bronzo delle nostre armi invincibili ;ma di quel monte sopra tutte le cose , mi restano preziosi nel cuore il ricordo di un volto e di un racconto di grande dolcezza , e nel pensiero il momento grande dell’ascesa interiore che mi dischiuse la suprema visione di esser noi parte, pur sempre mortali, di un Mondo senza confini e di infiniti mondi e di infiniti soli , e di un Tempo senza fine e di infinite vite e di infiniti giorni !

Quando scesi dal monte tornammo dal vegliardo Hakon sacerdote del culto delle acque …..ci fu una grande celebrazione alla Grotta-santuario della Grande Stalattite ,come ringraziamento a Poseidone dio del mare e delle acque, che aveva protetto il nostro viaggio ;furono offerti sacrifici perché è bene per i mortali onorare gli immortali .Il montone più grasso e la pecora più bella con teneri agnelli ed una capretta furono sacrificati ed imbanditi in onore degli dei sul grande prato attorno alla dolina, ed in quella occasione con grande onore mio padre consegnò, in segno di devozione al sacerdote Hakon il sacro disco ben fatto di bronzo tagliato a mezzaluna e tornito con svaso rotondo per il dito sull’ impugnatura , rasoio sacrificale inciso col segno della “labrys”, l’ascia bipenne,dono prezioso simbolo e distintivo della cultura e della civiltà achea, che Hakon ebbe di gradimento nel rito di sacrificio agli dei e custodì gelosamente da allora come arredo sacro nella sua grotta –tempio …

C’era con noi Edriny, la figlia di Anogan che aveva bellezza per dono dei numi e pensiero acuto per vedere oltre le cose e fummo introdotti nella grotta- santuario della Grande Grotta, tempio del culto delle acque, sacra meraviglia della natura nel ventre della madre terra, da ninfe , naiadi , fauni e sileni abitata, in forma di acque canore cadenti da stalagmiti pioventi , o in umidi rivi stillanti su stalattiti sorgenti. L’entrata scoscesa sul fondo della dolina introduceva nell’ombra oscura del mistero sospeso di un’ entrata sacra subito allargata dopo l’angusto passaggio in un grande antro vasto e profondo di ombre e silenzi risuonanti nel gorgogliar delle acque di due rivi uno in entrata che subito spariva in cunicoli e l’altro che drenava dal fondo portando acque e gorgogli: meraviglia inattesa della Natura tra pareti e soffitti variopinti di pietra e stalagmiti pendenti, cunicoli e rientri di selci e di stalattiti sorgenti. luogo sacro dono della natura ma nobilitato dai segni della presenza dell’Uomo nella vasta estensione dell’atrio cosparso di coppelle intrise di ocra e colori scolpite in segni dell’età della pietra ,nel camminamento segnato sul bordo di pietre allineate ed erette a menhir più avanti nel percorso la muraglia costruita a contenimento del passaggio all’antro ed alla visione della grande Stallattite che si alza su sopralzo calcareo enorme come statua di gigante strutturata in rientri sovrapposti di depositi millenari del gocciolar delle acque .

Ai piedi della Grande Stalattite si recammo con seguito solenne onorando la Divinità delle acque secondo l’uso nostro antico minoico ed egeo-cretese di porre ai piedi delle stalattiti,segno straordinario della divinità della Natura, un’anfora con offerte degne dell’onore agli dei. Hakon il grande vegliardo ,sacerdote del “culto delle acque” adottò il nostro rito a lui insolito e resse l’anfora votiva dove erano stati deposti offerte di grande significato :Hakon vate e sacerdote vi pose un osso del piede della più bella pecora del gregge resto del sacrificio appena celebrato col popolo sul prato al di fuori dalla grotta ;mio padre glorioso della nostra e delle sue imprese consegnò il suo prezioso spillone di bronzo , fermaglio sulle vesti e segno di nobile stirpe; Anogan reggitore capace di forza e di potere fra lei genti sui monti, vi depose del suo scudo una borchia di ferro, forte e nuovo metallo fuso nell’alta valle dell’Imbro ! Fu sigillata l’anfora ,di buona fattura micenea, nel sopralzo calcareo ai piedi della Grande Stalattite !!!

C’era con noi Edriny, la figlia di Anogan che aveva bellezza per dono dei numi e pensiero acuto per vedere oltre le cose,e raccontò la sua visione di come ogni balza calcarea di cerchi sovrapposti nell’alzarsi della Stalattite racchiudeva vivo e presente il conteggio dei giorni , degli anni e dei secoli , che nei millenni lo scorrere del tempo in quella pietra aveva sigillato, e dunque ai nostri occhi quella meraviglia di pietra diventava pietra vivente ,immagine misteriosa della natura vivente del Tempo che, in quelle testimonianze calcaree, contiene vive le ere ed i tempi del nostro passato, fissa al suo sommo in rigida pietra questo nostro attimo presente , e nel continuo cadere di goccia silente conferma l’eternità nell’attimo fuggente. Ascoltarono tutti colpiti e sorpresi di tanta saggezza ,di tanta visione : gioioso Hakon ,orgoglioso Anagon, meravigliati noi e senza parole e stupiti.

Il giorno e la notte si pareggiavano nell’equinozio di settembre quando i pastori e le mandrie scendono al piano e venne anche per noi l’autunno del nostro ritorno riprendendo il percorso delle acque verso il mare compensando nostalgie e ricordi con il desiderio dei lidi della patria amata ….”>.ma Edriny ,che aveva bellezza per dono dei numi ,s’arrestò accanto al pilastro del solido tetto ,e mi stupì al vedermi con gli occhi, e mi si rivolse e disse parole fugaci :>sii felice ,o straniero, tornato alla terra dei padri ,non scordarti di me ,perché a me tu devi per prima pensieri e parole di vita> e rispondendo le dissi :”Edriny figlia del magnanimo Anagon,così vogliano i numi ch’io arrivi a casa e veda il ritorno e laggiù come a un dio,a te farò voti ogni giorno, fanciulla :tu m’hai donato per sempre parole e pensieri di vita!!! “

Così lasciai Edriny ,occhio azzurro che vedeva le cose oltre le cose ,sopra il mare mai stanco feci ritorno a Théra amabile e amata con il padre ritornato ed i suoi compagni gloriosi. Al Pireo ora venni carico di anni , e in Atene larghe contrade , d’Eretteo nella solida casa, ospite tuo, o Teseo, consegno il mio racconto perché dedicato a Pallade Atena non vada perduto”

-“Il tuo racconto,o Atreo -si alzò a dire Teseo – ci riporta a storie antiche che furono care ad Atene ed ora , che molti le hanno scordate, come quelle di allora anche le tue ci riguardano, perché ci ridanno il grande valore della parola ,e noi ateniesi siamo indicati come appassionati della parola.”:Niente è più forte della parola- afferma Ulisse alla corte di Alcinoo- sembra che non esista, che sia solo un soffio d’aria ..ma la parola è capace di realizzare le imprese più grandi ..è la parola il dono più bello che gli dei abbiano fatto ai mortali” e noi ti siamo grati di averci donato parole e pensieri di vita” . Tutti ascoltarono e si sentirono felici . ( Little Eagle )

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