Itinerari e passeggiate in montagna racchiudono in sé non soltanto paesaggi mozzafiato ricchi di storia e cultura, ma anche luoghi particolari e quasi “magici” di cui pochi sono a conoscenza. È il caso della “Porta delle Cornacchie”, posta sulla cima di un crinale roccioso a circa 1200 metri di altezza nel comune di Roncobello. Il luogo fa parte di un itinerario ad anello spesso battuto dagli appassionati, ma ben pochi sanno il mistero che cela in sé.
La “stonehenge” brembana è composta da undici massi di porfido rossiccio, alti dai 2,5 ai 3 metri e allineati in maniera anomala sull'orlo del precipizio. Al suo interno, con lo scorrere del tempo, due di questi megaliti sono caduti creando una apertura nella cinta di pietre: da questa “porta” trae origine il nome. Gli enormi massi sono squadrati alla base e ai lati, prendendo così una conformazione cubica che riesce difficile credere possa essere stata forgiata da eventi naturali, pur non escludendo che la levigatura delle rocce sia dovuta effettivamente da intemperie nel corso degli anni. Ma la caratteristica più sbalorditiva resta il taglio netto che divide i vari massi, come se fossero stati apposti uno accanto all'altro da mano umana.
E se tutto questo pare già abbastanza intrigante da suscitare curiosità, ancora più enigmatico è il fondo su cui poggia il monumentale complesso: la base è infatti arenaria, ovvero roccia sedimentaria, che niente ha a che vedere con il porfido di cui sono composte le pietre. Per questo motivo, negli anni è stata avanzata l'ipotesi di un intervento umano piuttosto che naturale; su L'Eco di Bergamo del 1963, lo storico trevigliese Ildebrando Santagiuliana individua fra le possibili funzioni della struttura lo scopo difensivo oppure religioso di una antichissima civiltà abitante nelle zone.
Noi, ormai posteri, non conosciamo né l'origine di questa grande struttura, né il suo utilizzo dei tempi, ma la fantasia vola e rimanda ai numerosi complessi megalitici sparsi per il mondo che ci invitano ad immaginare tempi così lontanissimi dalla nostra coscienza, ma che possiamo sentire più vicini. Una “porta”, letteralmente, quella delle Cornacchie che si apre sul passato, grazie alla quale rivive ancora ai giorni nostri portando con sé fantasmi di civiltà che hanno popolato questi boschi brembani prima di noi.
(Fonte immagine in evidenza: Orobie – Piorota)
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