Il nostro viaggio tra coltivatori, allevatori e artigiani questo mese fa tappa a San Giovanni Bianco, proprio nei giorni in cui il paese si anima per celebrare la Sacra Spina. E mentre tutti guardano con devozione e curiosità alla venerata reliquia, il nostro sguardo si spinge oltre, verso il greto del fiume Brembo. Strano destino quello delle pietre del Brembo, testimoni silenziose delle vicende della valle, levigate e scosse dallo scorrere incessante dell’acqua, che pare voler abbandonare malvolentieri le aspre rive dell’alta valle, prima di raggiungere le quiete e monotone sponde della pianura. Ed è proprio tra queste pietre che Elio Rota, scultore classe 1938, cerca “le corne de Brèmp” da tramutare in opere d’arte.
“Vivo a San Giovanni Bianco da tutta la vita, sono imprenditore edile dal 1964, parzialmente in pensione in quanto ancora in attività.”. La presentazione ci pare fin da subito un atto d’amore verso questi luoghi dove, con pazienza, seleziona i sassi da cui ricavare le sue opere. Pur non essendo uno scultore di professione “la scultura è una passione che coltivo nel tempo libero e soprattutto da quando ho raggiunto la pensione”, il suo rapporto con la nuda pietra è una costante che ha caratterizzato tutta la sua vita, fina dalla giovinezza.
“Fin da piccolo amavo usare punta e martello per incidere o scolpire sui muri, ma solo più tardi ho cominciato a dare vita alle mie creature.” Chi ha la fortuna di vederlo lavorare con gli attrezzi del mestiere, assiste ad una vera e propria creazione: le figure, plasmate dai sapienti colpi di scalpello, emergono a mano a mano, prendendo progressivamente forma e divenendo, in fine, entità con una propria vita; pare che fossero sempre state lì, coperte da quel ruvido involucro, in attesa di essere liberate.
Leggendo queste parole, qualcuno potrebbe storcere il naso, ritenendole una licenza poetica gratuita: non è così. Le mani che modellano, plasmano, generano, hanno il privilegio di dare vita a ciò che non ne ha, senza seguire un manuale, ma lasciandosi ispirare dall’oggetto stesso. “Generalmente lavoro il sasso in base a ciò che mi trasmette: è una specie di comunicazione che ho con loro. Vado, cerco, li trovo. Spesso sono loro a trovarmi.”. Elio, infatti, non ha mai svolto lavori su commissione.
Lo scultore, inoltre, non lavora mai per sé, ma è, fin dai tempi della Grecia Classica, a servizio della comunità: “La cosa che spinge una persona a fare ciò è la passione per quello che crei e la voglia di scaturire negli altri un’emozione. Negli ultimi trent’anni ho creato opere che tutti possono vedere.”. A volte, poi, quest’emozione va oltre, diviene qualcosa di difficilmente riconducibile nell’alveo delle semplici “esperienze”: “In occasione di una mostra, una persona non vedente si soffermò a toccare le mie opere. Si avvicinò e mi fece i complimenti, aveva “visto” le mio opere, le aveva viste con le mani!Avevo trasmesso un’emozione anche a chi non poteva vedere!”.
La produzione di Elio spazia dai personaggi fantastici a quelli mitologici, passando per quelli animaleschi. C’è però un denominatore comune: l’acqua. Ed è proprio dall’elemento da cui arriva la materia grezza che Elio trae la sua ispirazione: “Ci cono personaggi che prendono forma di fontana, in quanto il sasso del fiume è legato all’acqua che scorre e che dà vita.”.
E quali sono le soddisfazioni? “Questa mia passione mi dà molte soddisfazioni, sia dal punto di vista personale che pubblico. Trovo soddisfazione quando un sasso mi “sa parlare” e molta soddisfazione quando “scolpisco” emozioni anche negli altri: a volte stupore, bellezza, un sorriso. In qualcuno trovo anche timore.”.
Rispetto al solito, non chiediamo consigli per i giovani, poiché tale arte è indubbiamente qualcosa che si può solo affinare se la si ha già dentro, ma non ci si può certo improvvisare: “Diciamo che creare sculture non è proprio un mestiere che si tramanda, credo che la creatività ce l’hai dentro e ognuno la sviluppa secondo la propria inclinazione. Spero comunque che per qualcuno sia di spunto per creare qualcosa che emozioni così come lo è per me.”.
Salutiamo Elio, mentre termina una sua opera incidendo la sua firma: un sole (Elios per i greci), proprio come la luce che vedono i suoi soggetti quando nascono, così, dal fiume, in una soleggiata mattina di marzo.
(Fonte Immagine in evidenza: valbrembanaweb.com)