Il Monumento Naturale Valle Brunone è uno dei tesori inestimabili della Valle Imagna: situata nel territorio del Comune di Berbenno, offre non solo luoghi meravigliosi, ma è ricca anche di storia che affonda le radici milioni di anni fa. Nei suoi luoghi, una volta bagnati dalle acque sulfuree, sono stati infatti rinvenuti diversi fossili ora conservati al Museo Civico di Scienze Naturali di Bergamo “E. Caffi”.
La Valle Brunone deve il suo nome all’omonimo torrente, che insieme ai suoi affluenti la bagna lungo tutto il suo percorso. La zona più bassa si trova a 365 metri, mentre la più alta a ben 526 metri sopra il livello del mare. La geologia della Valle Brunone è molto complessa e, soprattutto, decisamente antica: il suo territorio è formato da differenti “litologie”, ovvero unità rocciose, che insieme formano le cosiddette “Argilliti di Riva di Solto”. Queste ultime sono dei depositi di – in termini tecnici – argilliti, marne, calcari marnosi e calcari micritici; sono tutte rocce sedimentarie, depositatesi in questi luoghi ben 215 milioni di anni fa, quando la Terra si trovava nel suo periodo geologico detto Triassico superiore.
I nostri territori, un tempo, erano sommersi da acque marine che ha permesso la fossilizzazione di diversi organismi. Testimone di ciò sono proprio le pareti di questa Valle, che sono formate di strati rocciosi erosi dall’acqua. Un’altra importante testimonianza giunge però dai ritrovamenti: qui sono stati, infatti, rinvenuti numerosi fossili di animali preistorici, tanto da rendere la Valle del Brunone un rilevante sito archeologico.
Come si sono formati questi fossili? Le condizioni ambientali hanno giocato un ruolo di fondamentale importanza nei processi di sedimentazione e fossilizzazione, in particolare la scarsa presenza di ossigeno sul fondo del bacino. La fauna rinvenuta comprende organismi marini crostacei, meduse, pesci – insetti e rettili; di questi ultimi, in particolare, è rilevante l’Eudimorphodon ranzii, una specie di rettile volante, e l’Italophlebia gervasutii, una libellula fossile divenuta simbolo del Monumento. L’intera area è protetta, seppur accessibile e non è consentito cercare ed estrarre fossili o minerali.
Un’altra interessante caratteristica della Valle Brunone risiede, infine, in quella che fu la presenza di acque sulfuree. Ad oggi, le fonti sono inattive, ma nel tempo hanno lasciato il segno con testimonianze della loro presenza (ed apprezzamento) in diversi documenti. Fra questi anche il celebre geologo e paleontologo Antonio Stoppani, che nel suo “Il Bel Paese” del 1876 parlò delle proprietà di queste acque. Proprietà, ovviamente, curative.
In queste acque, che scaturiscono dalle rocce delle Argilliti di Riva di Solto, abbondano i sulfuri, dalla cui ossidazione derivano i solfati. Questi si sciolgono poi nell’acqua delle sorgenti, dove a loro volta i batteri li riducono e producono acido sulfurico, che viene ossidato da altri batteri. Un processo chimico e biologico esemplare, che dà origine a queste acque dal particolare e caratteristico forte odore di Zolfo.
Luigi Pellegrini, medico di Capizzone, scoprì per primo la fonte della frazione di Ponte Giurino, nel 1850. Tre anni dopo, nel 1853, aprì al pubblico: ai tempi erano riconosciute le proprietà curative di queste acque nella cura di malattie croniche della pelle e nei pazienti che soffrivano di coliche epatiche, reumatismi cronici e gotta.
(Fonte immagine in evidenza: vallimagna.com)