Daniel, a New York per uscire dalla comfort zone (e dalla Valle)

''Era da un paio d’anni che sentivo il bisogno di uscire dalla mia comfort zone e quindi dalla mia Valle, volevo vivere nuove esperienze, nuove tradizioni, nuove culture''.
24 Settembre 2020

“Un’esperienza formativa”, così Daniel Bonzi, ragazzo di 28 anni di San Giovanni Bianco, definisce la sua esperienza nella Grande Mela. Daniel ha frequentato l’Istituto Tecnico Industriale Pietro Paleocapa di Bergamo e successivamente ha conseguito la Laurea Magistrale in Ingegneria Gestionale presso l’Università degli studi di Bergamo, per poi iniziare la sua carriera lavorativa dapprima a Mozzo, e poi a New York: “Dopo aver lavorato per 14 mesi come responsabile di produzione nella fabbrica di bottoni a Mozzo (Bergamo), ora sto completando la mia formazione nel settore moda e design focalizzandomi sul lato marketing&finance presso un ufficio commerciale di New York, dove svolgo il ruolo di Sales/Account Manager”, ci racconta.

Nonostante abbia lasciato casa da circa 10 mesi, già da anni Daniel prova questo desiderio irrefrenabile di viaggiare che in tedesco si descrive perfettamente con la parola Wanderlust, ed è lui stesso a parlarcene: “Era da un paio d’anni che sentivo il bisogno di uscire dalla mia comfort zone e quindi dalla mia Valle, nella quale ho passato ben 27 anni della mia vita,  con l’obiettivo di vivere nuove esperienze, nuove tradizioni, nuove culture.

Ho sempre adorato viaggiare e sin da quando ho compiuto i 18 anni non ho mai smesso di conoscere e visitare posti nuovi. Ogni anno nuovi obiettivi e nuove mete da esplorare, ed è proprio per questo che quando la scorsa estate la mia azienda mi ha proposto di trasferirmi a New York, non ci ho pensato due volte, ho colto l’occasione e sono partito”.

Per quanto la meta possa valerne la pena, e l’esperienza essere estremamente positiva, Daniel non ci nasconde che è difficile prendere decisioni come questa: “È una scelta difficile e che comporta sacrifici importanti. L’America non è proprio dietro l’angolo e ci sono 6 ore di fuso orario con l’Italia, condizioni che naturalmente limitano parecchio la comunicazione con familiari ed amici. Quando ho deciso di lasciare l’Italia, ero consapevole che non sarebbe stato semplice iniziare una nuova vita ripartendo da zero, in un nuovo Paese e Continente dove si parla una lingua diversa, ma allo stesso tempo era l’occasione perfetta per mettermi alla prova nella vita reale”.

 

Sfida che ha accettato e superato con grande abilità e capacità di adattamento. Quando è arrivato a New York, Daniel rivela di essersi sentito ispirato: A New York si respira aria di ambizione ovunque. È sufficiente scambiare due parole con uno sconosciuto per capire quanto sia importante per la propria crescita professionale l’esperienza che ciascuno sta svolgendo in questa città. Nei primi 5 minuti di conversazione ti verranno sempre fatte due semplici domande: dove hai studiato e che lavoro fai. Sono abbastanza per inquadrare una persona –, spiega, per poi proseguire – Questo perché tutti i non Americani che vivono qui, hanno alle spalle un’importante storia di sacrifici ed impegno, che li ha portati ad essere oggi parte della Grande Mela. Tutti hanno piacere a condividere la propria storia e, allo stesso tempo, ad ascoltare la tua. Per poi alla fine congratularsi a vicenda per il raggiungimento di quel sogno che era comune ad entrambi”.

Le conversazioni e il rapporto con le persone, è andato diminuendo quando anche in USA ha avuto inizio l’emergenza Covid-19, ma ora la situazione è sotto controllo: “ Superati i mesi più bui di aprile/maggio, da giugno la situazione ha ripreso a migliorare, abbiamo pian piano raggiunto le varie Fasi di riapertura ed ora ci troviamo in Fase 4, dove le uniche restrizioni riguardano bar/ristoranti indoor. Io ho ripreso a condurre una vita “quasi normale” dai primi di giugno, ovviamente con le dovute precauzioni”.

Ci parla poi di un aspetto che lascia senz’altro senza parole, un aspetto “positivo” della pandemia: “Ad essere onesti qualcosa di positivo il Covid l’ha portato. Se non fosse per la situazione inusuale in cui ci siamo trovati durante i mesi di marzo/aprile/maggio in cui dovevamo rispettare la quarantena, probabilmente non avrei mai conosciuto persone stupende che ora posso chiamare amici. La fortuna di avere un giardino molto spazioso comune a due condomini ha fatto si che incontrassi queste persone. Questo giardino è stato il nostro punto di ritrovo per mesi, il nostro “pub sotto casa”. E lo è tuttora“, ci dice con gioia.

Probabilmente anche grazie a questa situazione difficile, Daniel è convinto della scelta che ha fatto, e non ha intenzione di smettere di viaggiare: “L’azienda per cui lavoro ha filiali a Bergamo, quindi da questo punto di vista mi sarebbe possibile rientrare in Valle, qualora lo volessi. Dall’altro lato, avendo l’azienda diverse filiali anche in Asia ed in India (oltre che negli Stati Uniti), ho l’opportunità di viaggiare e di conoscere diverse culture e tradizioni, totalmente differenti da quelle Europee. Considerando che amo viaggiare, finché lavorerò per la mia attuale azienda, credo sarà difficile prevedere un mio rientro a breve in Italia”.

“Purtroppo – prosegue Daniel – l’evento Covid ha influenzato negativamente la mia possibilità di rinnovare il visto, difatti sarà esclusivamente in mano alla sorte il mio futuro qui negli Stati Uniti (letteralmente, in quanto sarà una lotteria a decretare se potrò rimanere oppure no ndr). Il Governo Americano ha sensibilmente ridotto il numero di visti lavorativi che verranno rilasciati nell’anno 2021, riducendo la mia probabilità di poter restare intorno al 20%. In ogni caso, anche se questa opzione non andasse a buon fine, mi sono già state proposte ottime soluzioni alternative che valuterò attentamente nei prossimi mesi”.

Conclude poi con un messaggio pieno di speranza è davvero sentito, che tiene particolarmente che venga letto: “Vivere all’estero può sembrare una scelta difficile e spaventosa ma ha dei risvolti molto interessanti e sarà un’esperienza che non potrai mai più dimenticare: ti renderà più flessibile e più adattabile verso ogni genere di situazione semplicemente perché dovrai adeguarti a qualcosa di diverso da ciò a cui sei abituato, uscirai dalla comfort zone e quindi, inevitabilmente, crescerai. Dalla lingua alla cucina, dalla mancanza di bidet al modo di vestire..Tutto all’inizio ti sembrerà diverso, ma ti adatterai. Vivere all’estero vuol dire fare i conti con una lingua che non è la tua, ogni giorno. Per quanto tu possa averla studiata bene non capirai mai tutti i doppi sensi, le espressioni e le battute che ti faranno le altre persone. Si, in un primo momento sarà frustante, ma ti servirà a migliorare, ad imparare nuove parole, nuove espressioni. In altre parole, fare un’esperienza di vita all’estero ti cambierà, in un modo o in un altro. E sarà sicuramente formativo”.

 

 

 

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