Dal Resegone alle Dolomiti, la vita ‘con gli scarponi’ dopo il trapianto

La montagna come terapia, per ricominciare e tornare a vivere dopo il trapianto. Poche parole, che riassumono perfettamente il significato di ''A Spasso con Luisa'', progetto coordinato da Silvio Calvi, 75 anni di Abino, trapiantato di fegato.
29 Marzo 2021

La montagna come terapia, per ricominciare e tornare a vivere dopo il trapianto. Poche parole, che riassumono perfettamente il significato di “A Spasso con Luisa”, un progetto che fa parte del protocollo di ricerca “Trapianto e adesso sport” promosso dal Ministero della Salute e dal Centro Nazionale Trapianti, in collaborazione con l’Istituto Superiore di sanità e con le associazioni dei pazienti trapiantati. Coordinatore dell’iniziativa è Silvio Calvi, 75 anni originario di Albino, ex presidente del CAI di Bergamo e trapiantato di fegato, che in questa iniziativa ci ha messo anima e cuore.

L’idea è nata sette anni fa – spiega Calvi – Il nome, invece, è stato scelto in memoria di Luisa Savoldelli, una cara amica trapiantata e grande appassionata di montagna, che purtroppo nel 2014 non ce l’ha fatta”. Luisa diventa così una guida spirituale, che annualmente accompagna i numerosi partecipanti attraverso il lungo calendario di gite (dal 2020 fermo causa emergenza sanitaria) stilato da Calvi stesso: si parte ad aprile fino a giugno, una gita ogni 15 giorni – rigorosamente la domenica – verso i più bei rifugi delle prealpi orobiche (e non solo), giusto il tempo di un pranzo veloce prima di ricominciare la discesa.

L’ultima giornata è sempre dedicata alla gita più impegnativa, ma più appagante dal punto di vista delle bellezze naturali. Perché di bei posti gli amici di “A Spasso con Luisa” ne hanno visti tanti, dalla cima del Resegone alla tranquillità dei Laghi Gemelli, fino alle Dolomiti Bellunesi. “Io faccio da coordinatore – spiega Silvio – Ricordo la data delle gite, raccolgo le adesioni, metto in piedi il calendario delle visite mediche. Mi occupa qualche ora a settimana e lo faccio con immenso piacere”.

Si parla di visite mediche, perché lo scopo dello studio è proprio quello di capire se la pratica costante di certi esercizi e programmi di allenamento possano essere considerati delle vere e proprie terapie, in grado di favorire la ripresa psico-fisica del paziente trapiantato, con effetti positivi su tutta la linea. In gergo tecnico si parla di “sopravvivenza dell’organo”, in parole semplici si legge “riprendere confidenza con le proprie possibilità e capacità”. Nella “ciurma” di “A Spasso con Luisa”, infatti, ci sono trapiantati di ogni tipo, chi di cuore, chi di fegato o reni, addirittura di midollo osseo. “Devi abituarti e dire a te stesso che puoi farcela, che puoi ricominciare – afferma Silvio – E quindi vai. Ci può essere qualche ostacolo lungo il cammino, ma l’importante è decidere di superarlo. L’importante è non lasciarsi andare, perché chi si ferma è perduto”.

Nell’agosto 2020 questa filosofia che vede al centro la montagna come terapia ha ricevuto un particolare riconoscimento, nell’ambito della sessantottesima edizione del Trento Film Festival: si tratta del “Premio SAT 2020 – Società Alpinisti Tridentini”, assegnato al progetto “A Spasso con Luisa” per il suo grande impegno nel sociale. “Ci ha fatto piacere ricevere questo riconoscimento – confessa Silvio – ‘A Spasso con Luisa’ è uno degli esempi più evidenti e lampanti di – così si chiama in termini tecnici – ‘montagnaterapia’. Poi è un’iniziativa che nasce dal basso, dai trapiantati che vogliono ricominciare a vivere”.

- La Voce delle Valli

Ma chi è Silvio Calvi, instancabile coordinatore del progetto? “Ho 75 anni e nella vita risolvo problemi” così si presenta, ridendo. In realtà Silvio è un ingegnere ed architetto, con una lunghissima e proficua carriera professionale alle spalle. Ed è anche un trapiantato di fegato. È il 2004 quando, un giorno, si accorge di avere problemi di vista: si tratta di alcune cataratte, anomale per una persona della sua età. Fra un esame e l’altro Silvio scopre, quasi per caso, di avere bisogno di un fegato nuovo, per il quale verrà operato 18 mesi dopo. Nonostante la malattia, però, ha sempre conservato lo spirito viaggiatore che lo contraddistingue fin dalla giovane età.

A 18 anni sono partito e ho frequentato il quarto anno di scuola superiore negli Stati Uniti – racconta – Mi piace stare con la gente del posto, conoscerne la cultura. Ho tanti amici in Georgia, nel Caucaso: qui viveva un alpinista, purtroppo caduto sul Monte Civetta nelle Dolomiti. Sua sorella vive in una valle di montagna, che ricorda quasi le nostre bergamasche: dice sempre di aver perso un fratello in Italia, ma di averne trovato un altro in me”. Il trapianto di fegato non ha frenato lo spirito libero di Silvio. “Sono stato presidente dei CAI di Bergamo e poi nel Board dell’UIAA, l’Associazione Mondiali di Alpinismo, la passione non mi manca – afferma – A pochi mesi dalla diagnosi del mio problema epatico, sono partito tre volte per il Pakistan in occasione dei 50 anni dalla prima ascensione del K2. Ho messo in moto anche un progetto, una mostra fotografica storica esposta poi nel museo italiano di Skardu, una città del Pakistan. Poche settimane dopo l’operazione, poi, sono partito in direzione Londra. E qualche mese dopo in Kosovo, a fare trekking”.

Ne ha tante da raccontare Silvio Calvi, ma soprattutto ha tanto da insegnare: a come prendere la vita con positività, in primis, ma anche a non lasciarsi abbattere dagli ostacoli lungo il cammino. Un messaggio di vita che riesce a trasmettere con forza grazie al suo piccolo, grande progetto “A Spasso con Luisa”. “Abituarsi a dire a sé stessi che si può ricominciare: è questa la chiave – conclude Silvio – Bisogna vivere e guardare avanti. Senza paura alcuna”.

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