Streghe della Valle Brembana, fra leggenda e mito

Anche in Valle Brembana si narrava, tempo addietro, di streghe e stregoni che ne popolavano i paesi e le contrade. Si trattava spesso di semplici donne, accusate di stregonerie per i motivi più disparati e contorti.
7 Maggio 2021

Anche in Valle Brembana si narrava, tempo addietro, di streghe e stregoni che ne popolavano i paesi e le contrade. Si trattava spesso di semplici donne, accusate di stregonerie per i motivi più disparati e contorti come ad esempio la possibilità di tramutarsi in animali. Una volta nella frazione di Ca’ Del Foglia a Brembilla, un cacciatore ferì una volpe che fuggì a nascondersi fra le case del borgo. Poco più tardi, narra la leggenda, una anziana del posto che da sempre era stata sospettata di essere una strega, fu trovata moribonda – si dice a causa di quel colpo di fucile.

Anche a Stabello, frazione di Zogno, si racconta di streghe trasformate in animali: un giovane, messosi in viaggio per recarsi a Bergamo, si accorse di un gatto che lo inseguiva intralciandogli spesso il cammino. Spazientito, il giovane lo allontanò con un calcio ma se ne pentì immediatamente perché si trattava in realtà di una strega. Infatti poco dopo un potente schiaffo lo colpì in pieno viso, talmente forte da costringerlo a tornare a casa con la febbre. Un racconto simile vede protagonista un gruppo di ragazze di Zogno, che si stava recando a San Pellegrino.

Una di loro, che era rimasta più indietro rispetto alle compagne, si trovò di fronte tre cani ringhiosi e minacciosi. Nonostante lo spavento, la ragazza prese alcuni sassi da terra e li scaglio contro le tre bestie che scapparono via fra ululati e latrati. Una storia normale, se non fosse che una volta raggiunte le tre amiche, queste giurarono di non aver visto nessun animale provenire da alcuna direzione, né di aver sentito alcun suono.

Allora non era raro credere a vecchie leggende, che venivano spacciate per certezze e verità. In un clima in cui streghe e stregoni facevano parte dell’immaginario collettivo, va da sé che esistessero anche dei sistemi utili ad allontanarli per sempre. Uno di questi consisteva nel far bollire in un grande calderone degli oggetti domestici oppure indumenti di chi si pensava potessero aver ricevuto una fattura. Se qualcuno di questi oggetti era effettivamente stregato, allora si sarebbero potuti udire i lamenti della responsabile di tale malefatta – normalmente una persona apparentemente innocua e per bene –, la quale avrebbe dovuto svelarsi per evitare di finire bollita e quindi morire. Ovviamente non mancano racconti al riguardo.

Un tale di Dossena, un giovane mulattiere stimato da tutti, fu protagonista di una vicenda simile. L’uomo aveva una sorella, che era sposata con un fannullone, cattiva e soprattutto invidiosa del fratello. Il giovane possedeva un gran numero di muri e cavalli, frutto di un infaticabile lavoro che lo teneva lontano da casa dal mattino alla sera, preziosi compagni e fonte di guadagno e perciò il mulattiere se ne prendeva una gran cura. Tuttavia ogni anno capitava che uno dei suoi animali si ammalasse improvvisamente e morisse per cause praticamente inspiegabili. Un evento talmente ricorrente che il ragazzo si convinse di essere vittima di una qualche sorta di malocchio.

Così si rivolse al saggio del paese, che gli suggerì un sistema ritenuto infallibile: riempì con dell’acqua un grosso pentolone e vi immerse i finimenti di uno dei suoi muli che recentemente si era ammalato improvvisamente e mise il tutto a bollire. Dopo qualche tempo iniziò ad udire lamenti e grida di aiuto da una voce femminile, che sembravano provenire proprio dall’interno del calderone. Il ragazzo non se ne curò, ma ben presto le urla si fecero sempre più forti finché la porta non fu scossa da un furioso bussare, accompagnato da suppliche e strazianti grida.

Ecco così svelata l’identità della strega: si trattava proprio dell’invidiosa sorella che ora chiedeva il perdono per le proprie malefatte, implorando il fratello di togliere l’acqua dal fuoco. Il mulattiere aveva un buon cuore e così spense immediatamente il fuoco, aggiungendo acqua fredda a quella bollente. Ma ormai era troppo tardi e la strega giaceva a terra, bollita nelle sue stesse cattiverie. La disperazione iniziale si trasformò in rassegnazione quando, entrato nella stalla, vide il mulo morente in piedi e sano. Da allora non ebbe più alcun problema.

(Tratto da Racconti Popolari Brembani, di Tarcisio Bottani e Wanda Taufer)

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