Aveva soltanto 43 anni Natalina Sibella quando ha ricevuto quella telefonata che le ha cambiato la vita per sempre: l’indomani avrebbe avuto un rene nuovo. Ora Natalina di anni ne ha 65, fa la nonna a tempo pieno di tre bellissime nipotine insieme al marito Luciano, che non l’ha lasciata sola neanche un minuto.
Sono passati ormai poco più di 22 anni da quel giorno, eppure la signora Sibella lo ricorda come fosse ieri: “È iniziato con un’insufficienza renale, un po’ come tutti quelli che si trovano nella mia stessa situazione – racconta – Facevo dialisi quattro volte alla settimana, però in casa. Avevo i bambini piccoli e non potevo permettermi di passare le giornate in ospedale. Mio marito mi accompagnava ogni volta, ma ovviamente doveva sempre saltare il lavoro”.
Passano tre anni, fra alti e bassi. Poi, un pomeriggio del 1999, arriva la telefonata più attesa, e la più inaspettata. “Non pensavo che il trapianto sarebbe mai arrivato – confessa la signora Sibella – Erano circa le 17, me lo ricordo bene. È arrivata una telefonata e dall’altro capo c’era il medico, mi chiede come stava andando con la macchina notturna che utilizzavo da qualche tempo. E poi la notizia: domani presentati in ospedale alle 7, sei idonea e la prima in lista. Se è tutto ok riceverai il tuo nuovo rene. Ovviamente la prima reazione è stata di incredulità”.
Il giorno successivo Natalina si presenta all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo e nel pomeriggio è già in sala operatoria. L’intervento riesce alla perfezione e soltanto dopo cinque giorni di degenza viene dimessa. Molto più lungo, ovviamente, il post-operazione. “Devi andare avanti e indietro dall’ospedale tutti i giorni, per tre mesi – spiega Natalina, che abita a Ceresola di Berbenno ma è originaria di Valsecca –. La mattina andavo, a volte facevo solo un prelievo e poi tornavo a casa, altre volte mi trattenevano fino a mezzogiorno”.
Tante le difficoltà, innumerevoli i sacrifici, che la signora Sibella è riuscita a superare grazie alla sua forza di volontà e all’affetto incondizionato della sua famiglia, che l’ha sostenuta nei momenti più difficili. “Sono stata veramente fortunata – racconta – Non è facile accettare qualcuno sempre ammalato in casa. Mio marito mi è sempre stato accanto, mi ha sempre seguito in ospedale, mi ha accompagnata ai controlli e lo fa tutt’ora. Adesso sto bene, ho tre splendide nipotine che mi occupano il tempo e vivo la mia vita al massimo”.
Un pensiero, però, è sempre rivolto a chi non c’è più: per un caso puramente fortuito Natalina ha avuto l’occasione di incontrare – dopo vent’anni – i genitori della sua donatrice, stringendo con loro un primo legame di conoscenza. “Al mattino appena sveglio, il primo pensiero di ogni trapiantato va sempre al donatore. Questo è fuori dubbio. Ma credo che sia assolutamente normale, e va bene così – conclude Natalina – Se sei un ricevente, non puoi e non vuoi dimenticarlo, mai”.