Il raccapricciante uomo dai sette cappelli, che viveva a Piazzatorre

Si dice che in quel di Piazzatorre, precisamente in una grotta sul Monte Secco vivesse un tipo piuttosto strano. Una persona rozza e mal vestita, con una caratteristica: in testa portava sette cappellacci, da cui non si separava mai.
2 Novembre 2021

Non è semplice risalire all’origine di una leggenda. Narrate di generazione in generazione dai nostri avi, la maggior parte nasce dalle dicerie popolari del tempo, un modo per attribuire un senso all’inspiegabile che ora definiamo banale. Altre, invece, si presentano come un monito alla comunità: attenzione a fare qualcosa di sbagliato, perché ci sarà sempre un potere superiore che ti punirà, in un modo o nell’altro.

La leggenda che andiamo a raccontarvi oggi è un mix delle due categorie e si svolge in quel di Piazzatorre, precisamente in una grotta sul Monte Secco. Si dice che qui vivesse un tipo piuttosto strano che non si faceva quasi mai vedere in paese ma – piuttosto – passava le giornate a lavorare nel bosco, in compagnia di un piccolo gregge di capre. Si trattava di una persona piuttosto rozza e mal vestita, sebbene una caratteristica del suo abbigliamento lo rendesse particolare agli occhi esterni: in testa, infatti, portava sette cappellacci, uno sopra l’altro, da cui non si separava mai.

Un giorno un cacciatore di Piazzatorre si avventurò nel bosco alla ricerca del suo cane da caccia, perso sulla montagna durante l’ultima battuta. Calata la sera, della bestiola non vi era alcuna traccia, perciò l’uomo decide di ripararsi in una vecchia baita sgangherata, già provvidenziale rifugio qualche anno prima durante un forte temporale. Nonostante la stanchezza delle ricerche, il sonno non arrivava. La preoccupazione per il suo cane gli turbinava in testa: mai il fedele segugio si era allontanato tanto, sebbene fosse sempre in cerca di avventure.

Senza nemmeno accorgersene il cacciatore si addormentò, ma fu svegliato di soprassalto quando gli parve improvvisamente di udire in lontananza uno straziante guaito. Uscì in fretta e furia dalla baita e tese l’orecchio per ascoltare, ma il silenzio della notte restituì null’altro che lo scroscio di un ruscello ed il richiamo di una civetta. Convintosi di averlo soltanto sognato, rientrò nella baita ma non ci fu verso di riaddormentarsi. Si incamminò nuovamente alle prime luci dell’alba e, dopo un paio d’ore a girovagare, si ricordò dello strano tipo dai sette cappelli che gli era capitato qualche volta di intravedere ai margini del bosco.

La sua dimora doveva trovarsi in quella zona e forse il cane, stanco e affamato, aveva trovato ospitalità presso di lui. E non si sbagliava: l’uomo dai sette cappelli viveva davvero da quelle parti. Ma alla vista della terrificante scena che gli si presentò di fronte, il cacciatore desiderò che abitasse il più lontano possibile. Lo strambo uomo era completamente ricoperto di sangue, a cavalcioni su un grosso tronco, e con un coltellaccio fra le mani stava mutilando un animale, divorandone la carne cruda. Al cacciatore bastò un attimo per accorgersi che non si trattava di una bestia selvatica, bensì del suo cane.

Fuori di sé dalla rabbia si lanciò contro l’individuo, che gli si rivoltò contro e lo minacciò con il coltello. A quel punto il cacciatore dovette levarsela a gambe e riuscì non senza difficoltà a scappare oltre il limitare del bosco. Angosciato si avviò verso casa, ma a Piazzatorre nessuno credette alla sua storia. I suoi compaesani, infatti, credevano che fosse soltanto una sua fantasia, tanto da trattarlo alla stregua del visionario. Così, con il passare dei giorni, anche il cacciatore iniziò a convincersi di essersi immaginato tutto, e che il suo cane fosse semplicemente scappato. Ma passarono soltanto pochi mesi prima che qualcosa di altrettanto terrificante accadde.

Uno dei suoi amici, che tanto lo aveva sbeffeggiato inizialmente, si trovava (senza saperlo) a raccoglier funghi dalle parti della grotta dove abitava lo strano tizio. Qui assistette ad una scena altrettanto raccapricciante: l’uomo dai sette cappelli era lì, in piedi, mentre tentava di tenere a bada tre lupi che stavano dilaniando il cadavere di un uomo. La scena segnò profondamente l’amico che, fortunatamente, riuscì a svignarsela senza farsi notare. Giunse in paese traumatizzato e condivise con gli amici la terribile esperienza, convincendoli ad organizzare una battuta di caccia al “mostro” del Monte Secco. Il gruppetto, spaventato, si avviò il giorno seguente.

Una volta giunsi alla grotta videro, seduto sul suo tronco, l’uomo dai sette cappelli che stava consumando i resti umani lasciati dalle belve, che ora sonnecchiavano ai suoi piedi. Il gruppetto rilasciò una scarica di fucilate, che risuonò per tutta la montagna. Raggiunto dai colpi, l’uomo ebbe comunque la forza di rialzarsi, ma stramazzò al suolo di lì a poco e con lui le feroci bestie ai suoi piedi. Con grande sorpresa dei cacciatori, però, uomo e lupi scomparvero improvvisamente, inghiottiti dal terreno, senza lasciare traccia. Dopo aver cercato a lungo degli indizi che rivelassero l’identità del tizio, tornarono in paese a mani vuote e qui raccontarono l’accaduto. Da allora questa storia viene narrata di nonno in nipote e ancora adesso, quando qualcuno si trova a passeggiare da quelle parti, ricorda con una certa paura la leggenda dell’uomo dai sette cappelli.

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Tratto da Storie e leggende della Bergamasca di Wanda Taufer e Tarcisio Bottani – Ferrari, Clusone, 2001

Photo Credit: Ago76 via Wikipedia

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