Mangimi sempre più cari: forte impatto sulla zootecnia bergamasca

Il trend riscontrato a livello lombardo caratterizza allo stesso modo la situazione degli allevamenti bergamaschi, che producono circa 3,4 milioni di quintali di latte all'anno e detengono attualmente un patrimonio suinicolo di 327.000 capi.
19 Novembre 2021

“Il complessivo incremento dei prezzi delle principali commodity di cui si approvvigiona l’industria mangimistica pare destinato ad aggravare ulteriormente alcune delle criticità proprie della zootecnia italiana, con una probabile incidenza di breve termine sui conti della maggior parte degli allevamenti di piccole e medie dimensioni”: è quanto sostiene Leonardo Bolis, presidente di Confai Bergamo e Confai Lombardia, a fronte dell’ultimo rapporto di Ismea sull’andamento dei listini internazionali di mais, soia e orzo.

A determinare i rincari a livello globale, secondo l’Istituto, è un insieme di fattori, tra i quali rientrano in primo luogo l’aumento della domanda cinese di mangimi e la forte crescita del costo dei trasporti nel quadro della generale ripresa post-Covid.

“Nonostante alcune recenti iniziative di supporto a livello regionale e nazionale – osserva il direttore di Confai Bergamo, Enzo Cattaneoil settore delle produzioni animali in Lombardia continua a vivere una situazione contraddittoria. Da un lato, è un settore d’eccellenza a livello nazionale, come dimostra una produzione lattiera di 55 milioni di quintali annui e un patrimonio suinicolo di quasi 4,5 milioni di capi, pari a oltre il 52% del totale nazionale. D’altro canto, molti allevamenti stanno di fatto producendo in perdita o vedono i propri profitti quasi azzerati a fronte di una dinamica dei costi di produzione per molti insostenibile”.

Il trend riscontrato a livello lombardo caratterizza allo stesso modo la situazione degli allevamenti bergamaschi, che producono circa 3,4 milioni di quintali di latte all’anno e detengono attualmente un patrimonio suinicolo di 327.000 capi.

“I dati attuali – conclude Cattaneo – sono da leggere come un segnale d’allarme circa la necessità di potenziare senza indugio lo strumento degli accordi ministeriali tra gli attori della filiera, che rappresentano senz’altro una novità positiva delle ultime settimane. Nondimeno, i tempi sono stretti ed occorrerà implementare una strategia di ampia portata al fine di contenere il divario attuale tra prezzi dei prodotti alla stalla e costi di produzione”.

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