Si racconta che, tempo fa, la Valle Imagna fosse abitata da frotte di folletti: creature impertinenti il cui unico divertimento era quello di scorrazzare da un paese all’altro e dando noia agli abitanti, in particolar modo i viandanti notturni, vittime inermi delle loro burle. In particolare a Berbenno pare che vi abitasse un bel gruppo di folletti, che per anni i parroci avevano tentato di cacciare senza però ottenere gran successo. Processioni straordinarie, rogazioni, celebrazioni sulle vette delle montagne e benedizioni: tutto inutile.
Qualcuno tentò di proporre alternative, come catturare gli spiritelli cintando le siepi attorno ai cimiteri – luogo di ritrovo preferito dei folletti – con le stesse reti che si utilizzavano per catturare gli uccelli, senza però ottenere granché. Pareva anzi che tutte queste strategie avessero ancor più indispettito le creature, che divennero man mano sempre più aggressive fino a quando iniziarono a devastare stalle, pollai, a rubare le uova, agitando le mandrie e le greggi e infastidendo i cani da guardia, seminando puro panico fra i contadini.
Insomma, per quanto minuscoli erano ormai diventati i padroni della Valle Imagna. Una cosa, però, sembra li spaventasse a morte: il suono delle campane. Bastava un rintocco per agitare un fuggifuggi generale e spingere i folletti a rifugiarsi fra i valloni impervi del Resegone. E fu proprio questa paura, unita all’audacia di un uomo, a levarli di torno per sempre. Un anno, infatti, arrivò il tempo dei riti della settimana santa. Come sempre la sera del giovedì le campane iniziarono il loro silenzio, che sarebbe durato fino alla notte della vigilia di Pasqua, ovvero all’annuncio della Resurrezione.
Gli spiritelli, furbi, conoscevano questa tradizione e la sfruttavano per divertirsi senza paura attorno al campanile di Berbenno, divenuto da qualche tempo il loro luogo di ritrovo abituale. Giunse la sera del venerdì santo: in chiesa, il parroco presiedeva la funzione di fronte ai suoi fedeli, ricordando la Passione di Cristo. In quel momento era intento nella lettura, quando il sagrista ebbe un’idea: “Senza dubbio – pensò – in questo momento quei dannati folletti stanno facendo bisboccia attorno al campanule. Se io all’improvviso facessi suonare le campane, li coglierei di sorpresa e forse li spaventerei a tal punto da farli scappar via per sempre”.
Quel pensiero si fece man mano sempre più strada nella mente dell’uomo finché ad un certo punto, mentre il prete si apprestava a rievocare la morte di Cristo, il sagrista si aggrappò alle corde delle campane, che diedero vita ad un impetuoso scampanio, indignando parroco e fedeli. Inutile dirlo, i folletti ne furono terrorizzati: colti di sorpresa da quell’inatteso fragore, si spaventarono così tanto da fuggire via di corsa in preda ad urla infernali e lamenti atroci. L’uomo aveva sì violato il sacro silenzio, ma da quel giorno nessun folletto ebbe mai più il coraggio di metter piede in Valle Imagna.
(Tratto da: “Storie e Leggende della Bergamasca” di Wanda Taufer e Tarcisio Bottani – Ferrari Editrice)