“Fai quello che ami e non lavorerai nemmeno un giorno”: è la celebre frase attribuita a Confucio. Se la Cina è troppo lontana, il detto si adatta bene anche a Andrea Berera: la sua attività di rifugista è ormai diventata uno stile di vita.
“Vengo da Branzi e ormai vado per i 31 anni”. Di questi, una parte significativa ha visto Andrea impegnato nel lavoro in quota. “Già mentre frequentavo le superiori ho lavorato nei rifugi qui in zona, praticamente da quando ho 14 anni: sono in questo mondo da tanto tempo”. Il salto è arrivato tre anni fa. “Prima di mettermi in proprio lavoravo solo durante le stagioni, ma volevo qualcosa di mio e mi sono presentato al bando per la gestione del rifugio Longo. Ho gestito due estati lì, fino allo scorso ottobre: da quest’anno mi sposterò al rifugio Calvi”.
Una decisione che nelle intenzioni di Berera dovrebbe portare a una rivoluzione, tanto professionale quanto personale: si, perché insieme ad Andrea ci sarà anche Elisa Calegari, la sua ragazza “Devo prima fare un passo indietro. La mia fidanzata, Elisa, viene da Olmo al Brembo ed è assistente educatrice a scuola, ma durante le vacanze veniva a darmi una mano al rifugio. Insieme abbiamo deciso di creare un’attività incentrata sui giovani e giovanissimi: io vedo che i miei coetanei non vivono più la montagna, per portare avanti determinate iniziative ci serviva un rifugio con gli spazi diversi e la possibilità di lavorare in inverno, per quello ci aiuterà il CAI”.
“Il rifugio Calvi potrebbe essere aperto per un lungo periodo, comunque non tutto l’anno. Noi puntiamo a farlo diventare un fulcro, un punto di partenza. Stiamo collaborando con le guide di ‘Oltre la verticale’ per fare corsi di arrampicata, sci alpinismo, tutto concentrato sui giovani”. Il focus della nuova gestione del rifugio è chiarissimo. “Noi abbiamo questa passione per la formazione del futuro, ci accorgiamo che molta gente si è avvicinata alla montagna allo sbaraglio: perciò, vorremmo dare le giuste basi alle nuove generazioni, gli si insegna uno sport e il modo corretto per farlo, con dei principi di sicurezza, puntiamo a migliorare anche questo aspetto”. Un aspetto che integra il modo tradizionale di vivere la montagna. “L’idea di andare al rifugio e mangiare ovviamente resta, ma vorremmo improntare il luogo per far diventare un punto di riferimento per le attività che da noi magari non sono mai state valorizzate più di tanto con i ragazzi, appunto come lo sci alpinismo e l’arrampicata”.
Un proposito encomiabile, che porta con sé una dose di impegno piuttosto elevata. Per spaventare Andrea ci vuole ben altro. “A me piace ogni aspetto di quello che faccio, il mio lavoro mi piace, non perché sia facile, ma perché non lo vedo come una professione: non lo vivo come se fossi in un rifugio, ma come se fosse casa mia con tanti ospiti. Io cerco di dare il meglio a chi arriva, come se arrivasse qualcuno a casa. Con questo punto di vista, ogni cosa migliora: ovviamente ci sono i momenti in cui sei stanco, ma io mi metto dalla parte del cliente, che ha a disposizione un giorno solo in montagna, per quello devo offrire sempre un servizio impeccabile, altrimenti cambierei lavoro”. L’atteggiamento è dunque fondamentale. “Certo che ci si può approcciare come il tipico montanaro, ma secondo me si può fare di meglio, non bisogna trattare le persone con sufficienza, se riesco a passare un centesimo di quello che provo per la montagna a chi viene al rifugio, sono contento così”.
Una passione così forte che è diventata uno stile di vita, al punto che Andrea e Elisa faranno delle prealpi Orobiche la cornice del proprio giorno più importante. “L’idea è di sposarsi al rifugio, stiamo cercando di capire se arriverà e quando arriverà la neve, per questo non abbiamo ancora una data. C’è una cappelletta prima del rifugio, dove poi faremo festa”. Lavorare con la propria partner si è rivelata una scelta vincente. “Elisa non aveva mai fatto questo lavoro prima di venire con me al Longo, avevamo qualche incertezza ma devo dire che sono molto contento, aldilà di ogni aspettativa le piace quello che fa e andiamo di pari passo, è molto più brava di me in alcune cose e viceversa, ci dividiamo i compiti e funziona molto bene”.
Un’iniziativa che diventa il manifesto di ciò che Andrea vorrebbe per i prossimi anni. “Il futuro lo vediamo con una famiglia in montagna, lavorando e trasmettendo a tutti, amici, clienti e collaboratori, quei valori che si sono persi ma che abbiamo imparato. Io vedo come un sogno realizzabile sviluppare diverse iniziative, quest’anno abbiamo creato il primo gruppo di sci alpinismo per ragazzi, spiegando tecniche, soccorso etc. Riuscire a fare queste attività con il rifugio al centro di un via vai di giovani, qualcuno che scia, qualcuno che arrampica, sarebbe un sogno; ovviamente, i miei figli crescerebbero in un ambiente con questi valori”.
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