“La mia è stata un’esperienza per provare qualcosa di nuovo, ma soprattutto pensavo potesse servirmi per confrontarmi con il mondo reale, da sola, a fare quelle cose che tanti pensano siano banali e semplici ma che, spesso, possono rivelarsi un ostacolo per la vita di tutti i giorni”. Esordisce così Anita Regazzoni, ventenne di San Giovanni Bianco, parlando della sua esperienza in Irlanda.
Anita è difatti partita a Settembre 2021 alla volta delle colline verdeggianti e dei castelli tipici del paese che l’hanno ospitata, ovvero l’Irlanda, in particolare modo in una piccola città nella contea di Laoise, a circa un’ora da Dublino. “Ho deciso di partire per l’Irlanda senza averlo premeditato: volevo fare la ragazza alla pari per ricollegarmi ai miei studi, in quanto ho frequentato il liceo delle Scienze Umane all’Istituto David Maria Turoldo, ma anche per migliorare il mio inglese e capire come si vive in altri paesi, avvicinandomi ad altre culture”, ci spiega, per poi proseguire, “Pensavo che questa esperienza mi avrebbe avvicinata a ciò che pensavo di voler fare dopo, ovvero approcciarmi sempre di più all’ambiente psicopedagogico, invece qualcosa è cambiato. Ho capito che questo settore non era quello che mi apparteneva, non è ciò che voglio fare”.
Pochi giorni prima di partire, Anita si è pentita della sua scelta, era agitata e pensava di non essere pronta, ma si è fatta forza ed è salita su quell’aereo che l’avrebbe condotta verso la sua nuova vita: “Ciò che mi ha dato forza è stato pensate che non avrei lasciato tutto alle spalle: l’esperienza sarebbe giunta a un termine che avevo previsto 6 mesi dopo, così come avevo previsto di tornare in Italia per qualche settimana a ottobre e a dicembre. Inoltre, sapevo che avrei potuto contare sempre e comunque sulla mia famiglia e sui miei amici, nonché su altre persone che prima di me hanno vissuto un’esperienza simile, che mi hanno fatto capire quanto non fosse un’impresa impossibile quella che stavo intraprendendo”, ci racconta.
La prima settimana è stata difficile, come ci si può immaginare, ma poi è diventata una questione di abitudine per lei: ci si crea una routine che ci permette di vivere le esperienze al meglio, senza contare che Anita doveva far conto con due gemelli di tre anni che l’hanno tenuta attiva: “Il mio ruolo era quello di babysitter, mi occupavo dei due bambini da mattina a sera per cinque giorni a settimana, aiutando i genitori che erano sempre occupati dal lavoro. Le giornate erano pressoché tutte uguali e io dovevo rispondere ad ogni necessità dei bambini”, ci spiega.
Ciò che più ha colpito Anita del paese ospitante, è stato il rispetto che tutti hanno verso il prossimo, la certezza di ottenere sempre aiuto da chiunque, senza contare i paesaggi e le città, che come ci spiega Anita, “non sono mai troppo grandi e ti fanno sentire al sicuro e a proprio agio”. Il suo rientro in Italia era già previsto, come ha già avuto modo di spiegarci, ed è stata contenta di rientrare: la lontananza da casa iniziava a farsi sentire e le giornate con i bambini iniziavano a diventarle pesanti.
“L’idea per il mio futuro è ancora vaga, ma mi piacerebbe iscrivermi all’università cambiando strada avvicinandomi di più all’ambito artistico, per il quale ho sempre avuto una passione ma che ingenuamente non ho mai approfondito. Non escludo poi la possibilità di rifare comunque un’esperienza come questa in futuro, magari in un altro Paese, perché mi ha indubbiamente lasciato un segno e mi ha formata: è qualcosa che consiglio a chi si sente di voler cambiare la propria routine e le proprie abitudini”, conclude Anita.
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