Le scoperte migliori avvengono per caso, a volte basta un pizzico di fortuna e la capacità di riconoscere l’occasione buona per trovare qualcosa a lungo cercato. Sicuramente, è così per Lorenzo Filippini, 32 anni, ingegnere di Petosino, uno dei due proprietari del porto di Clanezzo (che si stanno occupando del suo recupero dal 2020), al centro di un episodio che sembra preso di peso da un racconto investigativo. “Sono uno dei due proprietari del porto, insieme a Davide Baggi: stiamo sistemando il luogo e vorremmo finire entro quest’estate”. Non solo, Filippini ha anche il pallino per la storia locale.
“Sono un grande appassionato di storia, ho fatto diversi studi insieme a Umberto Gamba, storico di Ubiale, su Clanezzo e i dintorni”. Ed è proprio la conoscenza del luogo che ha portato il nostro verso un’importante scoperta. “Diciamo che ho l’occhio un po’attento per queste cose: una mattina ero sveglio e navigavo su Facebook, ho trovato un quadro pubblicato dal Centro Studi Francesco Cleri: mi sono imbattuto così in un quadro di Marco Gozzi, artista di San Giovanni Bianco della prima metà dell’Ottocento”.
Il dipinto fa subito scattare qualcosa nella mente di Filippini. “L’opera si chiama Veduta di Imbersago con il traghetto sul fiume Adda, del 1818, ma appena l’ho visto ho riconosciuto il monte Ubione e il porto di Clanezzo, si vede anche l’edificio che oggi ospita il mobilificio: c’era qualcosa che non andava”.
(Veduta di Imbersago con il traghetto sul fiume Adda – Credit: Pinacoteca Nazionale di Brera, Milano)
Un’intuizione tutta da verificare, così Lorenzo si mette al lavoro. “Ho controllato allora qual è il paesaggio di Imbersago che dovrebbe essere presente nel quadro, ma evidentemente è molto diverso e non c’entra nulla. Ho scritto al Centro Studi Cleri e mi sono informato, l’opera è stata restaurata dalla Pinacoteca di Brera e ora sembrerebbe sia privata, ma dovevo controllare ancora. Dopo le verifiche, ho mandato una mail alla Pinacoteca e alla fondazione Zeri di Bologna, riportando le prove della mia tesi”.
Prove che sembrano abbastanza schiaccianti: “Basta fare un confronto tra il quadro e la realtà, la Chiesa e il Castello rappresentati sono quelle di Clanezzo”. Una certezza che consolida altre ipotesi. “La cosa interessante è che sono riuscito ad avvallare un’altra tesi: l’edificio del porto di Clanezzo ha la torre alta verso la montagna e la casa verso il fiume, abbiamo sempre pensato che la torre fosse un falso storico dell’Ottocento: ebbene, nel dipinto manca la torre, c’è solo la casa del doganiere che faceva pagare la gabella a chi voleva transitare”.
La costruzione originaria, secondo Lorenzo, “Risale già ‘600, che la torre fosse un’aggiunta lo certificavano anche le mappe napoleoniche, ma ora con questo quadro ho una conferma, era da molto che cercavo una prova visiva in questo senso. Non ci sono dubbi che la veduta del quadro sia quella di Clanezzo con il porto, i dettagli degli edifici corrispondono tutti”. Il post giusto al momento giusto, insomma. “Ci vogliono occhio e passione per vedere queste cose, è stato ovviamente anche un colpo di fortuna, perché se il centro non avesse pubblicato non avrei mai visto il quadro”.
La conclusione della vicenda è ancora da scrivere. “Ora sto aspettando che l’Accademia di Brera mi risponda, almeno per cambiare il nominativo dell’opera” aggiunge Filippini “Il mio sogno sarebbe andare a vedere da vicino il quadro, magari facendolo ritornare al porto, sarebbe stupendo, è comunque la rappresentazione più antica che ho trovato”. Una vicenda che, spiega Lorenzo “spero porti altre persone ad appassionarsi all’argomento, perché vorremmo tenere viva la storia dei nostri luoghi”.
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Se l’autore ha dato il titolo all’opera voleva evidentemente dargli un particolare significato. L’arte non è copia della realtà ma libera interpretazione. Forse quel paesaggio evocava immagini e sentimenti vissuti in un altro luogo che il paesaggio presente ora richiamava alla sua mente.