Se è vero che fare politica vuol dire amare il proprio paese, non significa nemmeno restare confinati solo lì: la cosa pubblica è un impegno che chiama ovunque e Carlo Plaino, toscano DOC e consigliere comunale a Locatello, lo sa bene. La sua è una storia dalle molte facce, in cui alla professione si intrecciano l’amore e l’impegno per gli altri.
“Io sono nato a Livorno 45 primavere fa, sono cresciuto in quella città fino al diploma del liceo scientifico. Da lì, per studio mi sono spostato prima a Firenze, dove ho fatto i primi due anni di università per poi intraprendere la specializzazione in psicologia clinica a Roma e mi sono laureato lì”. La Città Eterna non porta solo il titolo di studio. “Lì a Roma mi sono innamorato di mia moglie, Marianna Berizzi, con cui ora ho una figlia. Ci siamo conosciuti e l’ho invitata a Livorno, l’idea era di tornare in Toscana ma a lei non piaceva molto”.
Se il mare non è un’opzione, perché non provare con la montagna. “Allora, le ho chiesto da dove venisse lei, mi ha detto Locatello, ho chiesto ‘ma esiste davvero un posto che si chiama così?’. Mi ha detto che si trova in provincia di Bergamo, io mi sono chiesto che posto fosse: così, sono salito nel 2001, erano le prime esplorazioni del posto”.
La Valle Imagna diventa quindi la meta della coppia, che abbandona gli indugi. “Quando Marianna si è laureata, anche lei in psicologia, a fine 2002, ci siamo decisi a trasferirci: ci sono due tipi di persone che si spostano, per lavoro o per amore, io senza dubbio rientro nel secondo caso” scherza Carlo, che del paesino ha da subito un’ottima impressione. “A dicembre saranno 20 anni che vivo a Locatello. Mi è piaciuto molto da subito, è estremamente verde. Ero poco abituato ai boschi, ed essendo curioso ho iniziato a fare camminate. Ho collaborato anche con il CAI, portando sia i gruppi senior sia facendo iniziative con l’Alpinismo Giovanile. Abbiamo fatto l’anello del Bernina, grazie a fondi europei per la corretta fruizione della montagna. Si faceva ricerca e si pubblicava, magari quale cima fosse meglio proporre durante le gite. Ho iniziato con tappe da 20 km, impegnativo, ma è stata una bellissima esperienza. Avevamo addirittura il cameraman, insomma era una cosa fatta bene – ricorda –. Facendo queste cose sono entrato nel cuore della Valle e ho anche iniziato a pescare nell’Imagna. In famiglia sono arrivati a chiedermi di non portare più trote a casa!”.
L’impegno nella politica locale
Il salto da Livorno alle Orobie è stato una mossa decisamente azzeccata e l’adattamento è stato facile. “Io sono innamorato della Valle, anche i miei parenti di Livorno quando vengono restano incantati. I valdimagnini son gente tosta, dal cuore buono, ma devi saper superare il momento iniziale. Siamo comunque in montagna e si sente. Ci sono anche ricerche su questo: chi vive in valli chiuse tende a tratti di personalità più “duri”, chi magari vive in valli aperte tende ad adattarsi e sviluppare tratti più estroversi. Il luogo in cui si sta condiziona come ci si forma”. Vale anche per lo stesso Carlo, che dalle sue radici ha preso l’impegno per la politica.
“Io vengo da un luogo molto politicizzato, anche in modo estremo. Qua ho trovato un altro tipo di ambiente e quando vedo due estremi la mia natura mi porta a moderare. Il primo ad ascoltarmi è stato Mario Locatelli, ex sindaco di Locatello che nel 2009 mi propose di entrare in consiglio, tra l’altro il giorno della mia nomina ero in ospedale perché è nata mia figlia. Un pochino di conoscenza e di visione servivano, mi aveva chiesto di essere presidente dell’Azienda Speciale Consortile Valle Imagna – Villa d’Almè che gestisce i fondi per le politiche sociali dei comuni della Valle. Io ero indeciso, mi sembrava un compito difficile, ero appena diventato assessore ai servizi sociali, ma mi sono buttato e ho conosciuto due grandi persone: Giacomo Invernizzi, attuale sindaco di Corna Imagna, e Stefano Galliani, all’epoca assessore al Comune di Paladina: con loro dal 2009 al 2014 l’Azienda Speciale Consortile ha mosso i primi passi in queste politiche, ci occupavamo di 55 mila persone che avevano bisogno di regolare i servizi sociali, dall’infanzia alla vecchiaia”.
Ecco allora come inizia un impegno che prosegue ancora oggi, quello al servizio del paesino che lo ha accolto due decenni fa: certo, le difficoltà non sono mancate. “All’epoca il nostro ambito era tutto di competenza della Comunità Montana, l’Azienda speciale era nuova realtà, partita con un bilancio sotto il milione, l’ultimo era sopra i 3 milioni, tutti investiti nel territorio: per una realtà come questa erano cifre grosse, prima c’era una dis-integrazione che siamo riusciti a mettere a posto”. Finita quell’esperienza, Carlo non si tira indietro. “Per due anni Locatello è stato commissariato, ma da lì è partita Simona Carminati, l’attuale sindaco. Con lei c’era una forte collaborazione, era molto sul pezzo, e quando Mario non raggiunse il quorum lei mi propose una lista. E cosa vuoi fare? – si chiede il nostro –. A quel punto mi sono messo in gioco e per due mandati (questo è il secondo) ho appoggiato pienamente l’amministrazione di Simona”.
Il lavoro da psicologo e la passione per il tennis
Bisogna ricordarsi infatti che è quello (la psicologia) l’ambito principale di Carlo. “Mi sveglio la mattina, faccio colazione, e poi per ogni giorno della settimana giro la Bergamasca e oltre, Milano, Varese… Ho diverse esperienze alle spalle, sono stato psicologo in Croce Rossa, nelle aziende, ho fatto interventi di comunità con l’ATS…”.
Confrontarsi con realtà diverse permette anche di vedere i punti in comune. “Noto che nei piccoli paesi ci sono comunque gli stessi problemi delle grandi città, ma ci sono fondi diversi per gestirli: la famiglia disastrata, con minori in difficoltà, il minore che ha bisogno o l’anziano, queste cose si trovano ugualmente a Bergamo, ma hai meno personale come a Locatello. L’assessore di Bergamo magari ha 18 facenti funzione, qua ti vengono a suonare il campanello perché è un paese piccolo e vogliono parlare direttamente con te”.
In mezzo a tutti questi impegni, un momento di svago serve, una passione che permetta a Carlo di staccare un po’. “Ho sviluppato la passione per il tennis, ho iniziato nel 2005 quando non mi trovavo più con la pesca e, contemporaneamente, a Sant’Omobono vennero costruiti due campi: ho preso la racchetta ed ho iniziato”.
Il percorso non è stato del tutto in discesa. “Al primo torneo sono stato eliminato subito, la seconda volta sono arrivato in finale ma ho perso, al terzo in finale ho vinto ed è iniziata una passione che mi ha portato due ernie e vari problemi fisici, ma ho continuato. Tutti i tennisti sono così, siamo tutti malridotti ma questo non ci fa demordere. Ritengo davvero utile avere una passione nella vita. Io parlo con tanti pazienti e molto spesso alcuni non ne hanno una quando invece servirebbe loro per ritrovare equilibrio nella vita, investire energie in attività piacevoli per ottenere benessere. Ci sono tanti ragazzini che non trovano una collocazione: aiutarli ad individuare una passione sarebbe un grande gesto a favore delle loro vite anziché lasciarli in balia di loro stessi o di una società che non fornisce modelli di riferimento”.