Appena raggiunta la maggiore età, un palmarès già importante e le idee chiarissime: per definire Stefano Belotti un potenziale campione non serve certo un carpiato. Il giovane tuffatore, di origini zognese ma trasferitosi di recente a Villa d’Almè, ci racconta come è nata la passione per uno sport così particolare.
“Ho compiuto 18 anni pochi giorni fa” si presenta lui, anche se la sua storia comincia prima. “Ho iniziato facendo rugby a Bergamo, perché avevo il fisico adatto e mi piacevano i contatti fisici. Mia madre gestiva il bar delle piscine Italcementi, vedevo i tuffatori che si allenavano e così ho voluto provare. All’inizio non mi piaceva, durante il primo mese non volevo proprio andare, ma poi è sbocciata in me la passione, pensavo solo a quello e dopo dieci anni eccoci qua. È iniziato davvero per caso, prima facevo tutt’altro”.
Un caso davvero fortunato, per Stefano, che inizia subito a livelli alti. “Il mio allenatore mi ha preso subito come agonista perché credeva molto nel mio potenziale, dopo nemmeno due anni di attività mi hanno chiamato in Nazionale e da lì non ho mai smesso di crederci. Certo, nella squadra delle giovanili ero il più piccolo e mi sentivo fuori luogo” ricorda “adesso sono il capitano, sono quasi otto anni che sono all’interno del gruppo ed è una cosa stupenda. Vedo atleti che sono nella situazione in cui ero io dieci anni fa; a loro chiedo sempre di divertirsi, cerco di farli sentire accolti, perché importante avere belle esperienze, e di concentrarsi al massimo, poi quando siamo in stanza ci si può distrarre ma al momento della gara bisogna stare concentrati”.
La concentrazione non può mai mancare, perché la sfida si rinnova tuffo dopo tuffo. “Diciamo che il timore c’è sempre, man mano che cresci i tuffi diventano difficili, è lì che deve esserci disciplina e non più spensieratezza. Dopo 10 anni, la paura non è ancora passata, quando arrivi a saltare 5 metri e cadi male non ti fai proprio il solletico, di botte ne ho prese troppe (ride)”. In ogni caso, Stefano non si è mai arreso, anche quando gli ostacoli, sportivi e non, sono stati davvero duri. “Io gareggio per la ASD Bergamo Tuffi, 5 anni fa era Bergamo Nuoto, poi le società si sono divise e ho seguito il mio allenatore, Davide Pasinetti. C’è un rapporto molto stretto, oltre lo sport, a livello personale. Dopo che è scomparso mio padre lui mi è stato molto vicino, ha avuto un grande ruolo, io lo considero una persona fondamentale, conosceva molto bene mio padre e credo che per me sia importantissimo, anche per la mia crescita”. Una crescita che ha portato a tanti risultati, pure prestigiosi.
“Il ricordo più bello? Difficile da dire, quest’anno ci sono state belle emozioni, forse la vittoria al Campionato Europeo o la medaglia d’oro agli assoluti: l’ho ottenuta gareggiando contro grandi atleti, è stata una bella sfida”. Una sfida che ricade interamente sulle spalle di Stefano, perché sulla piattaforma c’è solo lui: “Di questo sport mi piace il modo in cui lo sto affrontando, ci sto mettendo un sacco di disciplina, che è la prima cosa: la passione e il lavoro superano il talento, mi sta facendo diventare un uomo. Oltre a quello ci sono le emozioni che ti dà, sono uniche, è uno sport individuale e sta tutto a te, perdi tu e vinci tu, dunque non ci sono scuse”.
Nemmeno l’impegno scolastico è una scusante. “Durante gli ultimi 3 anni sono riuscito a conciliare con la scuola, faccio 2 allenamenti al pomeriggio, ma trovo il tempo per studiare. L’anno prossimo aumenteranno gli allenamenti, speriamo bene. Il mio obiettivo ora sono i mondiali in Canada a Montreal in programma dal 27 novembre al 4 dicembre, giovedì inizia la preparazione e sono concentrato, siamo carichi e a me piace quando il livello si alza, si alza anche il mio. Se mi preparo al meglio, fisicamente e mentalmente, io punto all’oro, non mi nascondo, incrocio le dita e tengo i miei obiettivi chiari davanti a me”.