La violenza di genere è un fenomeno in larga espansione, anche nelle nostre valli. A pochi giorni dalla Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, che cade il 25 novembre, abbiamo contattato Francesca Capelli, coordinatrice del Centro Antiviolenza Penelope, nato l’8 marzo 2018, che comprende gli Ambiti territoriali di Valle Brembana e Valle Imagna-Villa D’Almè. Dati alla mano – nonostante i progetti di sensibilizzazione e le varie iniziative portate avanti anche dallo stesso Centro Penelope – i numeri delle prese in carico rispetto allo scorso anno sono in crescita. In totale dal 2018 ad oggi sono 238 le donne che si sono rivolte al Centro, 140 le prese in carico.
Il Centro Antiviolenza che coordina Francesca Capelli coopera con partner istituzionali che, a vario titolo, intercettano le donne che subiscono violenza: “Siamo in rete con le forze dell’ordine, con il pronto soccorso di San Giovanni, con i servizi penitenziari e con associazioni che si occupano degli uomini maltrattanti. Tutti questi partner lavorano in sinergia per contrastare il fenomeno della violenza. La sede principale è a San Pellegrino Terme, ci sono poi i due sportelli ad Almenno San Bartolomeo e a Sant’Omobono Terme, scelta volta a dotare di questo servizio anche zone un po’ più decentrate rispetto alla sede” dichiara Capelli, che prosegue focalizzandosi su alcuni dati emblematici: “Dal 2018 ad oggi il Centro Antiviolenza Penelope ha preso in carico 140 richieste, tra le 238 ricevute. Attualmente abbiamo già 34 prese in carico, ovvero percorsi all’attivo, dato in aumento rispetto alle 28 del 2021 considerando che l’anno in corso non è ancora concluso. Precisamente, nel periodo compreso tra gennaio 2022 e novembre 2022 sono 21 le prese in carico per la Valle Brembana, 10 quelle per la Valle Imagna e 3 per donne provenienti da fuori territorio. Per quanto riguarda il 2021, 12 sono state le prese in carico sull’Ambito Valle Brembana, 15 sul territorio Valle Imagna e soltanto 1 da fuori zona”
Risulta essenziale sottolineare il fatto che il gap tra le richieste ricevute e quelle prese in carico dipenda esclusivamente dalla scelta delle donne di intraprendere il difficile percorso di fuoriuscita dalla violenza, non essendovi requisiti all’effettiva presa in carico. Alcune donne che contattano il Centro vivono in situazioni d’emergenza, motivo per il quale vengono su richiesta collocate in protezione, ovvero in case rifugio ad indirizzo segreto, stanziate sul territorio bergamasco o in zone limitrofe: “Nel 2021 sono state 6 le donne che hanno necessitato di questa protezione, 4 provenienti dalla Valle Brembana e 2 dalla Valle Imagna. Nell’anno in corso contiamo 2 donne in situazioni d’estrema emergenza, pertanto in pericolo di vita e prive di qualcuno che le possa ospitare” spiega la coordinatrice del Centro Antiviolenza Penelope.
La forma più lampante di violenza è quella fisica, ma esistono forme più subdole e non ascrivibili a segnali evidenti, pertanto difficilmente riconoscibili: “Tutte le donne che subiscono varie forme di violenza hanno in primis subito quella psicologica, non facile da individuare sia da parte della vittima che da parte di chi le sta attorno. In tali situazioni la donna che subisce violenza viene privata della rete amicale e familiare, costretta all’auto isolamento dal maltrattante che fa terra bruciata attorno a lei togliendole la capacità di realizzarsi o di chiedere aiuto” evidenzia Capelli, che pone l’attenzione sulle frasi tipiche usate dagli uomini con fini specifici, raggiungibili attuando una violenza di tipo psicologico: “Frasi come ‘Tu non vali niente’, ‘Tu non sei nessuno’, ‘Senza di me non vai da nessuna parte’ sono indice di una situazione allarmante. Ripetute costantemente per anni producono un effetto auto isolante per la donna. Partendo da questo ci sono poi situazioni che degenerano in stalking, violenza fisica, sessuale e/o economica, quest’ultima si ha quando l’uomo ha il controllo sulle entrate economiche della donna e non le lascia la possibilità di decidere come convogliarle. Il centro prende in carico ogni tipo di violenza”.
Non sempre la violenza psicologica sfocia poi in un’altra forma di violenza e il tempo che decorre tra il passaggio di una all’altra è molto variabile, ma resta estremamente importante rivolgersi alle apposite reti sin dai primi segnali di violenza. Il Centro Antiviolenza Penelope fornisce sostegno anche a tutti coloro che vorrebbero in qualche modo essere d’aiuto a chi subisce violenza, per quanto poi la decisione finale spetti alla vittima e si riveli sostanziale all’effettiva uscita dalla situazione di violenza. La scelta di rivolgersi alle reti opportune è difficile e Francesca Capelli spiega in che modo il Centro Antiviolenza Penelope aiuta le donne a compiere questo primo passo: “Il ruolo del centro antiviolenza è quello di mettere il focus sui bisogni della donna, rispettandone le tempistiche. Noi sappiamo perfettamente che la denuncia è un’azione che le vittime fanno fatica a fare e non c’è nessuna fretta da parte delle operatrici di spingerle ad attuarla”.
Molti sono gli studi che hanno cercato di analizzare le cause scatenati della violenza di genere e altrettante sono le correnti di pensiero. Per quanto una risposta univoca non esista, Francesca Capelli ha provato ad analizzare la questione: “La letteratura e l’evidenza ci portano ad una matrice culturale in cui la violenza si origina. La nostra è una cultura di origine patriarcale che ha sempre sottolineato la prevalenza del più forte, il predominio assoluto dell’uomo. In generale la violenza si perpetua da sempre a danno dell’individuo più debole, in questo caso la donna per fattori naturali. Il ruolo del maschio continua ad essere quello del dominatore, tanto che spesso davanti ad una violenza narrata l’opinione pubblica non dà tutta la colpa al maltrattante, ma rende la vittima compartecipe di quanto ha subito”. La coordinatrice del Centro Antiviolenza Penelope evidenzia come la società in cui viviamo tenda a deresponsabilizzare il maltrattante legittimandone le azioni violente e sostiene che qualsiasi azione sia una scelta compiuta, l’uomo sceglie quindi consciamente di agire violentemente.
Essendo la violenza di genere un fenomeno di matrice culturale e non naturale, ritiene Capelli, con una corretta educazione che sia radicalmente diversa da quella attualmente in atto, si potrebbe contrastare il problema, o quantomeno fronteggiarlo. Infatti sul tema della prevenzione alla violenza di genere si sono spesi in molti e anche Capelli prova a dare una personale lettura: “Eliminare la violenza nei confronti delle donne richiede un’azione culturale di modifica dei pensieri, occorre cambiare la prospettiva con cui noi leggiamo la violenza contro le donne e ciò è possibile attraverso, appunto, una nuova educazione sulla parità di genere a partire dal linguaggio, veicolo principale di messaggi che vanno a radicalizzarsi nelle prassi culturali. Ognuno ha la possibilità di compiere un determinato comportamento anziché un altro, sta a noi scegliere cosa fare. La violenza è una scelta e non esistono attenuanti”.
Il Centro Antiviolenza Penelope opera con l’Associazione La Svolta, che si occupa di offrire percorsi di aiuto ai maltrattanti che, su base volontaria e dopo il riconoscimento del gesto compiuto, vorrebbero superare l’accaduto e, magari, intraprendere nuovamente una relazione sana. È possibile reinserire in una società un uomo macchiato del reato di violenza di genere o è sufficiente un solo atto violento per marginalizzarlo e ritenerlo incapace di riadattarsi alle consuete norme comportamentali? “Non basta una volta all’uomo come non basta una volta alla donna per prendere coscienza del proprio vissuto. Sono percorsi che richiedono tempo, perché modificare un comportamento e un pensiero culturale necessita volontà e costanza. La Svolta si pone proprio l’obiettivo di aiutare la parte violenta, ma purtroppo per il momento nessun uomo nei nostri due Ambiti si è mai rivolto all’associazione. Ci sono troppi stereotipi errati sul tema della violenza. È difficile far comprendere alla società che a subire violenza non sono soltanto donne straniere, di basso ceto sociale o culturale. Ancora più complicato è far capire agli uomini che i loro pensieri e comportamenti possono essere radicalmente modificati, a patto che ci sia volontà di farlo” spiega Capelli, che conclude raccontando il progetto messo in atto dal Centro Antiviolenza Penelope per cercare di coinvolgere quante più persone possibili nel contrasto alla violenza di genere e a sensibilizzare sul tema: “In previsione della giornata del 25 novembre stiamo distribuendo gratuitamente alle pizzerie stanziate nei due territori di Valle Brembana e Valle Imagna i cartoni delle pizze d’asporto su cui sono presenti i riferimenti e i recapiti telefonici del Centro Antiviolenza. È un’iniziativa simbolica che mira a far arrivare il peso del problema nelle case di tutti e a rendere noto il fatto che esista una rete pronta ad accogliere le difficoltà delle vittime”.
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Se volete aiutare donne maltrattate con o senza figli, togliete di torno l’uomo che ci fa del male e lasciateci a noi nelle nostre case.
Se volete aiutare donne maltrattate con o senza figli dovete smetterla di torturarle con visite colloqui e addirittura al sert.
Una donna maltrattata che abbia o no i figli ha bisogno che l’uomo venga allontanato dalla casa non il contrario.
Mi meraviglio perché la legge è stata fatta da un uomo e una donna deve farla rispettare. Fate schifo e siete ridicoli. Non accetterò mai tutto questo.