Nuova puntata della rubrica “Vi racconto una fotografia” curata da Filippo Manini, musicista valdimagnino, direttore del Coro CAI Valle Imagna, compositore, educatore, amante della sua terra e da qualche anno appassionato di fotografia (qua il suo profilo Instagram se volete vedere i suoi scatti). Buona visione e lettura!
Era febbraio del ‘19. Stavo vagando con azione scrollante (nel senso dello scroll sul cellulare. Interessante come l’evoluzione tecnologica inviti ad un reinvestimento semantico dei termini. Tempo fa avrei detto “scrollare” per tutt’altro…) tra i post di Facebook. Ad un tratto mi imbatto in uno scatto di Antonella Zuccala che ritrae un familiarissimo Resegone da un ignotissimo (per me) punto di osservazione. Mi colpisce subito per via del primo piano, una fitta distesa di lame di roccia parallele che puntano dritte verso la chiesa di Fuipiano sullo sfondo, sulla quale incombe la mole del Serrada.
È un magnifico esempio di carsismo di cui la valle è tanto ricca, un’opera d’arte impressa nella roccia dalle piogge dei secoli. Tecnicamente si tratta di un “campo solcato”; se ne trovano parecchi in zona, ma questo è davvero superbo. A contribuire al suo fascino sta la posizione elevata ed isolata, una terrazza scolpita naturale da cui si può ammirare tutto il bacino alto d’Imagna. Ci vedo subito uno spot fotografico di grande suggestione. Non posso non conoscere quel posto, devo assolutamente colmare la lacuna. Nei commenti del post chiedo allora lumi sul come arrivarci; l’autrice dello scatto e Roberta Cicolari mi suggeriscono gentilmente come raggiungere il posto. Una volta tanto Facebook mostra la sua utilità pratica. Nei commenti compare pure il nome: le Pietre Spaccate. Non so se sia il toponimo esatto, ma mi affascina, e così me lo tengo.
Dal giorno della scoperta ci sono andato numerose volte in cerca di scatti degni. La via più facile per raggiungerlo è dal paese di Fuipiano, risalendo via Piodera fino a “Suercorna”; più interessante però, anche se più lunga, arrivarci partendo da Ca’ Gavaggio, con tappa al valico di Piazzacava: da lì si vede tutto il bellissimo affioramento madreporico su cui poggia Fuipiano. In fondo, le Pietre Spaccate non sono che uno dei culmini emblematici di detto affioramento geologico.
Ci sono tornato recentemente, attorno a metà febbraio, un raro giovedì pomeriggio che prometteva acqua e nevischio. La situazione a dire il vero s’è rivelata un po’ comica. Avendo mezza giornata libera, dovevo calcolare bene i tempi per trovare condizioni di luce favorevoli. Ma il meteo non mi dava molta speranza; il cielo era bigio bigio e poco nervoso, luce piattissima; Resegone non reperibile, immusonito dietro le nebbie. Ho atteso in macchina una ventina di minuti; ha cominciato a spargere farina ghiacciata e mi son detto: niente Pietre oggi, infiliamoci giù per la Tinella o la Coegia a far qualche scatto sul greto dei torrenti. Quindi me ne ridiscendo mesto i tornanti di Fuipiano, con una vaga sensazione di non concluso, come quando hai percepito un qualcosa che avresti dovuto assecondare ma non gli hai dato troppa importanza. Sbagliando.
E infatti, all’altezza del Medile, un guizzo del sole. Il Serrada si smonta il muso e mi ghigna da dietro le nebbie. Gran pezzo di… Frega niente, ho ancora tempo. Gira la macchina, si rimonta a Fuipiano! La Focus dà il meglio di sé e dal carburatore mi sussurra: va’ che è l’ultima volta che mi fai fare ‘ste galoppate. Sì sì, stai buona le dico io, sempre a lamentarti, ma alla fine mi vieni sempre dietro. Insomma, rieccomi su per la Piodera, di corsa verso le Pietre che la nebbia va e viene e il sole tramonta ancora presto.
Quando arrivo a Suercorna è tornata di nuovo la nebbia. Sono sopra le Pietre, e per l’ennesima volta le contemplo con un misto di senso di mistero e ostinazione: non si vede nulla, ma non mollo. Ormai per esperienza so che quando sta arrivando il tramonto l’aria cambia, e se proprio non c’è, come diciamo noi, “maciato giù”, qualcosa si smuove. E infatti accade. Un nuovo guizzo del sole, da dietro la Cima Quarenghi. Una finestra di pochi minuti, mentre il Serrada mi saluta tra le nebbie. Poi si richiude tutto, nell’oblio della sera. Ma io ho già scattato.
Ecco la foto