Prendono il via lunedì 11 settembre, su piattaforma ZOOM, gli incontri di familiarizzazione con il dialetto bergamasco, promossi dall’Ente Bergamaschi nel Mondo, con il sostegno tecnico del Ducato di Piazza Pontida, il più importante sodalizio di tradizioni, cultura, arte e folclore bergamasco, che vanta alte esperienze specifiche in merito.
Gli incontri sono 12 in tutto, sempre il lunedì, dalle 18.30 alle 19.30, sotto la guida della prof.ssa Giusi Bonacina, del Ducato di Piazza Pontida, e la supervisione dell’esperto Silverio Signorelli. Previsti esercizi di lettura, scrittura e conversazione, senza l’aiuto della traduzione, analizzando la stesura in bergamasco del Pinocchio di Collodi, realizzata dalla prof.ssa Giusi Bonacina.
Calendario degli incontri: 11 – 18 – 25 settembre; 2 – 9 – 16 – 23 – 30 ottobre; 6 – 13 – 20 – 27 novembre. Saluto finale: 4 dicembre. Gli incontri sono gratuiti. Al termine del corso verrà rilasciato agli iscritti un attestato di frequenza.
“Già lo scorso anno, il corso di dialetto bergamasco è stato un successo – spiega Carlo Personeni, presidente dell’EBM – Ben 63 iscritti, di cui 24 “seriali”, cioè presenti a tutti gli incontri, ma quest’anno è qualcosa di più. Infatti, abbiamo ricevuto 147 iscrizioni: il 70% sono residenti a Bergamo e provincia, ma non tutti di origine bergamasca, bensì di altre regioni italiane trasferitisi per lavoro o perché hanno sposato partner bergamaschi; fra questi anche cittadini stranieri. Poi, abbiamo 10 iscritti da Paesi extra-Ue (Regno Unito, Brasile, Argentina, Canada e Singapore) e 25 da diversi Stati europei, tutti emigranti bergamaschi desiderosi di “risentire” parlare bergamasco, coltivarlo per non dimenticarlo”.
“E’ proprio questo l’obiettivo del corso – continua Personeni – Tutelare, coltivare e valorizzare il dialetto, la lingua madre, per rafforzare la propria identità linguistica e culturale e, quindi, mantenere saldo il legame tra le comunità bergamasche in emigrazione e la propria terra di origine. Il parlato familiare, ascoltato in famiglia quando erano piccoli, e poi perso per l’uso della nuova lingua di emigrazione, va recuperato e coltivato, perché è matrice culturale”.
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