Tanta pazienza, ma anche tanta tecnica per far abboccare le trote. Nicola Prando è il pluripremiato pescatore di Zogno, lo si potrebbe quasi definire l’uomo che sussurrava ai pesci. Tutto parte proprio dal fiume della Valle Brembana, come racconta Nicola: “La passione è nata da piccolo, quando mio padre mi portava al Brembo, già a sette otto anni: ora ne ho trenta e da Zogno mi sono spostato ad Almè. Crescendo, sono entrato nel mondo dell’agonismo: a diciotto anni, sempre dalla società di pesca zognese. Sono poi passato alla Scuola Pesca Valle Imagna nel 2019, da lì è andata sempre meglio fino ad arrivare al livello di oggi”.
Un crescendo notevole: Prando è ormai abituato alle competizioni di pesca del livello più alto. “Già dal 2015, qui c’è una squadra che compete a livello mondiale. Insieme, abbiamo vinto tre campionati del mondo: uno nel 2017, uno nel 2022 e uno quest’anno. Si parla sempre di competizione a squadre. Io ho vinto il mondiale individuale nel 2022 – aggiunge – da una decina di anni ci siamo sempre piazzati sul podio nazionale, questo ci ha consentito l’accesso ai mondiali, dove comunque abbiamo avuto anche lì ottimi risultati”.
Risultati frutto di grande impegno, ma come cresce e migliora un pescatore? “Alla fine, è come negli altri sport: conta sia la tecnica, che ti insegna qualcuno di più bravo di te e ha esperienza, ma conta anche l’allenamento. Al momento, mi alleno sul campo gara, ma è utile anche gareggiare quando si riesce, bisogna tenersi allenati. Con il lavoro e gli impegni si ha sempre poco tempo durante la settimana, ma rimanere nelle gare nazionali ti consente di tenerti in forma”. Anche il fattore extra-umano è fondamentale: “C’è pure tutta la preparazione tecnica con le attrezzature, a certi livelli fa la differenza la meticolosità, man mano si sale di livello sono tutti sempre più bravi”.
A proposito di bravura, Nicola dice di sentirsi più sicuro nei fiumi come quelli in cui pesca fin da bambino. “Essendo nato sul Brembo, i fiumi e i torrenti che mi piacciono di più sono quelli di grande portata: ovviamente, si lega tanto al momento in cui si pesca, quando trovo tanta acqua trovo il mio campo di gara ideale. Uno bravo deve adattarsi in ogni situazione, anche perché il Brembo è particolare rispetto agli altri campi gara: con il Piave è forse il più grande dove si pesca. Quando andiamo in torrenti alpini, ad esempio, si parla di corsi d’acqua di una decina di metri di larghezza, non veri e propri fiumi. La difficoltà è diversa, è molto più difficile pescare nel Brembo”. Un fattore che porta un risultato inaspettato: “Questo fa in modo di avere agonisti fortissimi sul territorio della bergamasca, che si contraddistingue: non ti dico che monopolizza il settore, ma magari metà dei pescatori di trote a livello nazionale sono della nostra zona”.
Quando si mette la canna fuori dal confine nazionale, il discorso è simile e Nicola lo sa bene. “Ho vissuto diverse esperienze all’estero, sicuramente mi ricordo le due in Francia: la prima nel 2017, dove abbiamo vinto il titolo nonostante non fossimo tra i favoriti, e arrivammo primi e secondi nell’individuale. Noi partecipavamo come club e c’era anche la nazionale italiana: è stato l’unico anno in cui nazioni e club correvano per la stessa classifica, poi negli anni a seguire le classifiche sono state divise tra società e nazioni. Altra esperienza è la vittoria al campionato mondiale individuale, sempre oltralpe: vincere un titolo così è una cosa emozionante, davvero difficile anche da ripetere. La Francia ci ha sempre portato bene” scherza.
Dall’alto della sua posizione, Prando può lanciare uno sguardo sul panorama del proprio sport. “Ci sono giovani che si approcciano a questa disciplina, purtroppo sempre meno perché anche la pesca ha sofferto, come gli altri sport, della mancanza di associazioni che promuovessero le loro attività, soprattutto durante il Covid siamo stati lontani dai campi gara e da tutti gli amici”. Non solo, “anche i costi delle attrezzature sono aumentati, l’impegno ci deve essere anche solo per cominciare: può nascere in modo rudimentale, ma per farlo in modo agonistico servono sacrifici in termini di spesa e tempo”. Ecco perché diventa importante tutelare i giovani che si avvicinano alla pesca. “Appassionati ce ne sono parecchi, li vedi nei fiumi e nei laghi: è uno sport vivo, che potrebbe fare un salto di livello nell’agonismo, ma ci sono difficoltà per entrare in questo mondo. Lo stiamo rendendo qualcosa di troppo esclusivo, invece dovrebbe tornare ad essere semplice, come quando si faceva il Trotone ad Almenno e partecipavano in migliaia. Oggi come oggi, a tutte le gare in giro per l’Italia vedi sempre le solite facce”.