“Sempre meno giovani in oratorio, dobbiamo riportarli”: la sfida di don Roberto Mocchi

"Ai miei tempi, d'estate era normale trovarsi in oratorio. Ora questa 'tradizione' è andata persa e c’è difficoltà ad avvicinare i ragazzi, come anche i loro genitori".
25 Ottobre 2024

Le sfide del nostro tempo riguardano anche i preti. Parola di don Roberto Mocchi, 57 anni, parroco di Botta di Sedrina da otto anni, originario di Monasterolo del Castello e parroco dal 1994. Una vita al servizio del Signore: “Da quando mi ricordo, già dall’asilo, giocavo a fare il prete e lo faccio ancora. Nella mia vita non ho mai pensato di fare altro, sono riuscito a realizzare questa che potremmo chiamare vocazione precoce” alla quale don Roberto non può però rispondere subito.

“La vita non sempre accompagna le cose come vorremmo, ho dovuto aiutare mia mamma con il lavoro: lei era sola con due figli. Poi, quando mio fratello ha iniziato anche lui a lavorare, sono entrato a teologia. Ho fatto i quattro anni di magistrale, poi i sei di teologia, quindi sono stato ordinato da Monsignor Amedei. Le varie uscite durante il seminario sono più una cosa moderna, dal 2000 in avanti. Io faccio parte di quelle annate che hanno visto il Seminario pieno, eravamo in 17 ed eravamo la classe più piccola, ora non credo siano 17 in tutta la teologia. Il primo incarico a Pradalunga, fino al 2001, poi sono andato a Chiuduno per due anni e a Stezzano per cinque, sempre come curato. Sono stato parroco a Parzanica e, da lì, mi sono spostato a Botta di Sedrina dal 2017: questo è il mio ottavo anno.

In tutti i cambiamenti, “mi sono sempre trovato bene ovunque sia stato, credo non esistano parrocchie ideali e perfette e altre meno ideali e perfette” racconta don Roberto. “Dipende anche da noi, come ti rapporti con la gente e con le persone. Ovunque c’è il bello e il brutto, la situazione migliore e peggiore: mi accorgo che, con il passare degli anni, è sempre più difficile arrivare ai ragazzi, perché li vedi solo a catechismo, poi i estate non li vedi più”. È una problematica molto sentita da don Roberto. “Io non sono vecchissimo, ma mi ricordo che d’estate era normale trovarsi in oratorio. Ora questa ‘tradizione’ è andata persa e c’è difficoltà ad avvicinare i ragazzi, come anche i loro genitori: se uno di loro è abituato a venire in oratorio, manda i figli. Noi incontriamo i ragazzi con il CRE, ma non è esattamente un momento di fede: si può lanciare qualche messaggio, ma più di quello è difficile. Poi al Cre vengono quegli adolescenti che non vedi più dopo la cresima”.

Una situazione non esclusiva di Botta di Sedrina e alla quale portare rimedio: “Non è una “malattia” del mio paese: parlando con altri preti, mi sono reso conto che è così per tutti. Dovremmo reimpostare la nostra Pastorale, che per anni ha funzionato con tutto ciò che, oltre la messa, comprendeva l’oratorio. Ora forse ci siamo concentrati troppo su questo e, intanto, le nostre chiese si sono svuotate. Non c’è una soluzione segreta, sarà difficile e per i prossimi anni la problematica sarà questa: ci siamo forse concentrati troppo sulle missioni e la povertà, abbiamo raggiunto i nostri obiettivi, ma abbiamo un po’ perso la nostra gente”.

Non tutte le parrocchie sono uguali, don Roberto lo sa bene. “Io vengo da realtà diverse, come Vigolo e Parzanica. Già tra questi paesi c’era differenza nel coinvolgimento delle persone, lì quando facevo messa al cimitero venivano i ragazzi, la faccio anche qui da otto anni e non ne ho mai visti: è una modalità diversa di vivere il paese, Botta è abbastanza particolare. Quando in paese non ci sono negozi e scuole, come succede qua, la comunità tende a sgretolarsi”. I tempi cambiano e “l’idea è di mettersi con Sedrina e Ubiale, formando un’unità pastorale con due preti: non so quando succederà, ma non manca molto. Si possono avere progetti a lungo termine, ma il fatto che non ci siano i preti è un problema serio”.

Passano gli anni, ma resta lo spirito degli inizi.  “Io ho sempre vissuto la mia vita come condivisione, anche con le persone che non frequentano molto: se vado al bar a bere il cappuccino dopo messa, incontro la gente, si parla delle notizie che si leggono, le guerre nei nostri tempi… hai anche occasione di scambiare qualche parola fuori dalla chiesa, è l’opportunità di far passare qualche concetto che alla fine viene dal Vangelo. Non è sempre facile, magari non ascoltano ma non bisogna farsi sfuggire queste occasioni”.

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