Matteo Volpi, da Zogno su e giù di corsa per le montagne: “Così combatto lo stress”

La fatica per ritrovare se stessi, per staccare da tutto e correre centinaia di chilometri in condizioni spesso proibitive. Sembra follia, invece è la vita di chi fa ultra trail in montagna.
14 Gennaio 2025

La fatica per ritrovare se stessi, per staccare da tutto e correre centinaia di chilometri in condizioni spesso proibitive. Sembra follia, invece è la vita di chi fa ultra trail in montagna. Come Matteo Volpi, atleta originario di Zogno “ma ora vivo a Melzo, perché mia moglie è nativa di lì: ho due figli, una bambina e un bambino. Nella vita, sono socio di un ingrosso di bevande a Zogno insieme alla mia famiglia. Al di là del lavoro, ho iniziato a giocare a calcio, fino ai 26 anni, oggi ne ho 43, poi mi sono trasferito e ho deciso di lasciare il pallone”.

Matteo decide di provare altri sport. “Mi sono spostato allora sulla palestra, era anche un modo per stare con gli amici, condividere l’allenamento e così via. Da quando è arrivata la mia prima figlia, la palestra toglieva tempo alla famiglia e un mio amico mi ha detto che, secondo lui, sarei stato adatto alla corsa in montagna”. Si tratta di un’esperienza nuova: “Ho provato un po’ per gioco, la mia prima corsa è stata una 60 km. Sono partito forte e all’arrivo ero distrutto, ma mi ha dato tanta soddisfazione, anche se ho capito che dovevo farmi seguire da un professionista. Se non lo fai, ti distruggi, c’è bisogno di qualcuno che ti consigli”.

A questo proposito, Matteo ha deciso di affidarsi ad un vero professionista: “Ad oggi, mi segue Alex Baldaccini, il suo supporto è importantissimo perché mi ha fatto crescere a livello fisico e mentale, conosce tutti gli impegni che ho, mi ha sempre fatto stare tranquillo, mi ha insegnato tante cose: sono con lui da un paio di anni, mi conosce a 360 gradi e per un imprenditore come me è importante: prima e dopo l’allenamento c’è tantissimo”. Ecco come, dal 2017, per Volpi è nata una nuova passione, l’ultratrail: “Con costanza, i risultati sono arrivati, anche dal punto di vista sportivo. Questo sport mi consente di non togliere tempo ai miei figli, decido io se allenarmi la sera o la mattina, dipende molto dal lavoro. Arrivo a sera molto stressato – spiega – fare fatica e correre in natura mi fa rilassare, mi fa stare bene a livello personale, ogni volta che finisco mi dico che non smetterò, perché è quello che mi dà la forza per affrontare meglio la vita e tutti gli imprevisti che mi capitano: la corsa e lo stare in natura mi dà ottime sensazioni”.

Il primo obiettivo, dunque, è battere se stessi, al di là della gara con gli altri atleti. “Deve esserci sempre un po’ di competizione, perché è giusto così. Io so cosa posso fare, contro chi posso competere, tendo a mettermi obiettivi personali in qualsiasi gara, poi alla fine scopro come mi sono posizionato, cerco di vivermi i momenti, di guardarmi in giro, di affrontare le difficoltà e di superarle. Una corsa in montagna da 100km è come la vita, ci sono momenti in cui stai bene o meno, come affronti i problemi è quello che fa la differenza, se riesci a superare quel limite e quando ci riesco vado più forte. Non importa la distanza, perché è soprattutto una questione mentale, ti conosci e sai come organizzarti, dunque è sempre un crescendo”.

È quello che è accaduto il settembre scorso, quando Matteo ha partecipato al Tor des Géants, gara che si snoda sulle montagne della Valle d’Aosta su un percorso di 330km, dove è arrivato 30°, su 1.100 atleti provenienti da tutto il mondo. “È durata quattro giorni per me, ma conta l’esperienza che, oltre al risultato, comunque ottimo, è impagabile. Se mi avessero detto di fare un giorno in più, l’avrei fatto: avevo capito come andava la giornata, ero in una bolla e sapevo come gestirmi, mi sono goduto le montagne a 3000 mila durante 24 salite”. I riconoscimenti non sono mancati e Matteo ne è rimasto genuinamente sorpreso. “Non pensavo che la corsa avesse questa eco, mi hanno chiamato in tanti dicendomi che mi avevano seguito (grazie a un tracciamento GPS live), i miei famigliari mi hanno fatto capire che, vista da fuori, è una vera impresa” e i numeri, in questo senso, parlano chiaro: “In 4 giorni avrò dormito tre ore, la stanchezza fa parte del gioco. Io me la sono goduta, devo dire la verità. Per fortuna ha piovuto solo il primo giorno, altrimenti sarebbe stato molto peggio”.

Ora arriva una nuova stagione di corsa: “Stavo pensando giusto in questo periodo al 2025: inizio ora a mettermi degli obiettivi, perché mi danno vita e voglia di fare anche quando magari non ce n’è tanta. Sto riflettendo su una corsa simile al Tor des Géants, se non magari più lunga, ma prima di tutto viene la famiglia: a seconda di quella organizzo la mia stagione e sarà sempre così. Non deve essere un obbligo, ma la corsa è innanzitutto uno sfogo e un piacere”.

metteo volpi zogno - La Voce delle Valli

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