La prof del Turoldo ai suoi studenti: ”Tutti promossi? Studiate per il vostro futuro, non per i voti”

In redazione ci è giunta una bellissima lettera agli studenti scritta dalla professoressa del Turoldo di Zogno, Marianna Molica Franco. Vi invitiamo a leggerla, che siate suoi studenti o no.
11 Aprile 2020

Con l'Istituto Turoldo di Zogno abbiamo avviato da anni una proficua collaborazione (per il progetto La Voce Giovane! della Valli) che ha portato sul nostro giornale decide e decine di articoli firmati dagli studenti. Questo anche – e soprattutto – grazie all'importante lavoro svolto dalla professoressa Marianna Molica Franco nel sollecitare i suoi ragazzi a mettersi in gioco. Questa volta, però, a scrivere (e a mettersi in gioco) è la prof: in redazione ci è giunta una sua bellissima lettera agli studenti che vi invitiamo a leggere (che siate suoi studenti o no).

“Cari ragazzi,

andate a dormire e alzatevi presto. Fate ginnastica davanti a YouTube, ascoltate la musica che vi piace e leggetevi un bel libro.” Sono queste le parole che ripeto più spesso ai miei studenti nelle ultime settimane. “Mettetevi al sole almeno venti minuti, preparate una torta, vestitevi come se doveste uscire di casa, fatevi belli per guardare voi stessi sorridenti davanti alla videocamera.”

Come andare avanti nonostante la solitudine, lo smarrimento, la perdita dei contatti sociali? Senz’altro lo studio e i suoi ritmi sono una forma di resistenza attiva. Lo studio e le sue pause, come le tanto desiderate vacanze pasquali. Siamo arrivati tutti stanchi alla fine di questa quaresima senza carnevale. I giorni ci sono sembrati tutti uguali; per alcuni troppo lunghi, per altri (per chi lavora di più), decisamente troppo corti. Per noi professori è stato necessario cambiare strategie, riprogrammare, reinventarci. Per tutti, sicuramente, è stata un’occasione di crescita professionale.

E per voi ragazzi? Molti di voi all’inizio si sono sentiti fortunati, quasi in vacanza; poi si sono dovuti confrontare con la difficoltà di seguire le lezioni, di fare i compiti, di rispettare i tempi di consegna nonostante le difficoltà di connessione. Soprattutto, nonostante la possibilità di “entrare in classe” in pigiama, o struccate, o con la tazza di latte e biscotti accanto al cellulare. Nel frattempo arrivavano i primi lutti familiari e le notizie di tanti conoscenti, nei paesi delle Valli, venuti a mancare. Qualcuno invece, mi si dice, si sente ancora in vacanza, e non dà ai professori alcuna notizia di sé. Ma la scuola, anche a distanza, dà equilibrio e normalità: una normalità rassicurante, molto utile in questo momento, in cui siamo insicuri su tutto.

Ora alcuni di voi mi chiedono: “Profe, secondo lei quando torneremo a scuola? Come faremo a recuperare i debiti?”

So che dietro alle vostre domande ci sono le innominabili speranze suscitate dai meme che girano sui social. Si vedono studenti che gongolano perché saranno promossi senza studiare, mentre i professori sarebbero dei minions imbronciati. Perché? Perché avrebbero perso la loro arma di ricatto? Ma io non penso affatto che voi ragazzi possiate essere convinti a studiare con la minaccia dei brutti voti, o dei debiti, o delle bocciature. E neanche con le promesse del motorino, della patente o del cellulare nuovo.

Tutte queste sarebbero motivazioni estrinseche. Lo avete imparato nella nostra scuola fin dalle prime settimane, al corso sul metodo di studio della prof.ssa Rigoldi. Le motivazioni estrinseche sono quelle esterne ai protagonisti dell’apprendimento. Che siete voi. Soltanto voi ragazzi potete trovare in voi stessi la motivazione per studiare. E non potete dirci che siamo noi docenti a dovervi motivare: i vostri cari nonni, che si ricordano di quando erano piccoli, potranno assicurarvi che l’ingrediente migliore di ogni ricetta è la fame.

Studiare, diciamocelo chiaramente, è un’attività faticosa: richiede attenzione, continuità, sacrificio. Ma vi restituisce in cambio la conoscenza di voi stessi, dei vostri limiti e delle vostre potenzialità, e vi garantisce in futuro la libertà di scelta, la libertà di costruirvi una vita felice.

Non sto parlando di ideali: i dati parlano chiaro. Ogni anno le statistiche più attendibili ci dicono che chi possiede un titolo di studio più alto, in Italia, vive più a lungo e gode di una salute migliore; ha maggiori possibilità di inserirsi nel mondo del lavoro e di reinventarsi nei momenti di crisi. Che ci sono ora e ci saranno sempre. Impegnarsi al massimo e ottenere un buon profitto scolastico, quindi, anche se è faticoso, conduce a una vita felice.

Chi ha detto che la fatica sia una cosa negativa? Un atleta, per quanto dotato di talento, non vince una gara senza essersi allenato. E se durante l’allenamento non ha sudato, non ha provato il dolore o la tentazione di mollare, allora il suo non è stato un allenamento efficace. Ma se, invece, l’atleta si è allenato con fatica, darà il meglio di sé e sarà soddisfatto.

Provare la soddisfazione di risolvere un problema difficile in matematica o in fisica, di tradurre brillantemente un autore latino, di conoscere la storia della vostra città, di montare un video simulando un colloquio di lavoro in tedesco… non sono cose che vi rendono felici, soddisfatti, più sicuri di voi stessi?

Certo, non brilliamo tutti allo stesso modo. Ci sono ragazzi per i quali la scuola è un ostacolo più alto che per tanti altri. Ne conosco diversi: tra gli studenti delle mie classi di liceo, tra quelli che hanno frequentato i corsi estivi, tra quelli delle classi in cui mi affaccio soltanto per il tempo di una supplenza. Ci sono quelli che mi hanno detto che continuavano a frequentare soltanto perché l’alternanza scuola-lavoro era un’occasione per entrare in un’azienda e farsi notare.

E ci sono quelli che, quando suggeriamo alla famiglia di considerare un percorso di studi più semplice, non vogliono rinunciare ai loro progetti: vogliono farcela, vogliono dimostrare che possono fare di meglio. Anche se fosse necessario impiegare più tempo, un anno in più, per arrivare allo stesso risultato degli altri compagni. Che cosa sarà un anno, in confronto a una vita intera vissuta, poi, con maggiore consapevolezza di sé e dei propri meriti, con la sicurezza di aver capito che cosa volete fare da grandi?

Alcuni di voi, quando ci siamo sentiti nelle prime videoconferenze, mi hanno detto che andava tutto abbastanza bene; non vi pesava studiare da soli, ma vi pesava non poter venire a scuola: avreste preferito poter vedere i compagni e, ma sì, persino le facce dei professori.

Allora voi ragazzi, anche quando a scuola prendete brutti voti, anche quando la scuola vi fa venire il mal di testa e la voglia di piangere, non vi trovate poi così male, nelle aule scolastiche. E forse non considerate i professori come i vostri eterni rivali; anzi, avete incontrato sul vostro cammino anche degli alleati, delle sorelle maggiori e degli zii, o dei nonni, che avete preso come modello, o ai quali avete potuto chiedere consigli; e anche aiuto, se serviva. Certo, noi insegnanti non siamo psicologi, né assistenti sociali, né tuttologi. Ma la nostra professione e i nostri limiti come esseri umani non ci impediscono di volervi bene: tutt’altro. Pensiamo a ciascuno di voi, uno per uno, molto più spesso di quanto immaginiate.

Tra noi colleghi ci confrontiamo sulla normativa, sulle nuove regole da seguire per questa famosa Didattica a Distanza. Anche noi ci facciamo tante domande. Possiamo fare le verifiche orali o scritte? Registrate o in presenza? Mettiamo i voti in rosso? In verde? In blu? Sul registro elettronico o sull’agenda? E se non studieranno perché penseranno di essere tutti promossi?

Io, ragazzi, spero che voi abbiate capito che i voti (di tutti i colori), o le annotazioni sul registro elettronico, o gli emoji, che qualche vostro professore mette a fianco alle correzioni delle verifiche, sono come la voce del navigatore satellitare. “Alla rotonda, prendi la terza uscita”, oppure: “Torna indietro appena puoi!”.

E allora, se nella mia similitudine i vostri voti sono un navigatore satellitare, il vostro percorso che cosa rappresenta? Dove state andando? Qual è il vostro obiettivo? Si tratta forse del terribile tabellone dei voti di giugno, o di agosto?

Se fosse così, allora noi tutti, professori, studenti e genitori, avremmo davvero un orizzonte di senso molto limitato.

Io invece vorrei che guardaste davanti a voi e vedeste quello che vedo io quando vi guardo. Credo che una delle più grandi conquiste della mia esperienza professionale sia l’aver imparato a guardare voi ragazzi come se potessi vedere, ora, davanti ai miei occhi, il vostro futuro brillante. Quando non sarete più timidi o impacciati, né furbi o maleducati, né svogliati, né troppo ansiosi. Ma sarete adulti in gamba, migliori di noi genitori e di noi professori.

Capaci di esprimere chiaramente le vostre idee, grazie al fatto che vi siete impegnati in noiosissimi esercizi di scrittura o di analisi logica; capaci di interpretare i dati di un’epidemia, grazie al fatto che avete imparato a studiare una funzione e avete memorizzato quali sono le differenze tra un virus e un batterio; capaci di educare i vostri figli e di prendere decisioni in base a ciò che riterrete giusto, perché avrete ascoltato una videolezione di filosofia. Capaci di far funzionare un impianto elettrico o una rete di computer, di progettare una casa, di tenere la contabilità di un’azienda, di preparare un ricevimento per un matrimonio.

Guardo voi ragazzi di oggi e vi vedo già come quando sarete capaci di leggere un contratto e di non essere imbrogliati. Leggerete il giornale e non vi farete prendere in giro dai politici parolai, o da quelli che “parlano alla pancia delle persone”. Sarete padroni delle vostre vite.

Otterrete tutto questo grazie al vostro impegno, sin da ora. So che lo avete già capito. Perciò, adesso, impegniamoci.

Marianna Molica

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