Forse l’Italia l’ha sempre avuta dentro, ma ha dovuto conquistarla partendo dalla Colombia. Elisabeth Balreiro – oggi a fianco del compagno Claudio Dominoni nella gestione della viticoltura “I Canti” in Val Brembilla (sua la visione che ha spinto il compagno a portare il vino a Gerosa) – è arrivata dal Sud America due decenni fa, ma ha sempre amato il nostro Paese.
“Ho 42 anni e vengo dalla Colombia, da Cartagena de Indias, la città più bella che c’è in Colombia” ma il mondo l’ha sempre chiamata. “Posso dire che è stato un sogno diventato realtà. Da piccola, non so come mai, avevo sempre in mente di poter viaggiare, conoscere altri posti e altri Paesi. Poi, da ragazza, mi è capitato un periodo in cui dovevo attraversare un parco e passavo davanti ad un ristorante italiano, sentivo parlare italiano e la lingua mi è piaciuta subito. Nel tempo libero andavo ad ascoltare le persone mentre parlavano, avevo fatto già diversi corsi prima di venire in Italia”.
E il destino si allinea in suo favore. “Mi sono ritrovata a lavorare in quel ristorante, diciamo che sono state le stelle che si sono allineate. Ho conosciuto un ragazzo e mi sono sposata. Dopo un anno o due, sono venuta in Italia ed eccomi qua: sono quasi vent’anni che sono qui, mi ci ha portata qualcosa, forse il destino” perché Elisabeth aveva tante opportunità diverse. “C’erano altre persone di altri Paesi, ho avuto ragazzi da varie parti del mondo, ho dovuto decidere dove volessi andare, ma tra tutte le opportunità ho scelto l’Italia”. Ma la scelta non comporta in automatico che tutto sia facile, anzi. “All’epoca, il biglietto per venire qua costava moltissimo per il nostro stipendio, addirittura mi è stato negato il visto e allora ho deciso di sposarmi senza nemmeno che i genitori lo sapessero. L’hanno saputo quando gli ho detto che, di lì a una settimana, mi sarei trasferita in Italia. Diciamo che mio padre non l’ha presa molto bene, ma mi ha sempre sostenuto”.
L’impatto con il nostro Paese è comprensibilmente forte, soprattutto per quanto riguarda il clima, tanto diverso da quello colombiano. “Io sono arrivata in Italia a inizio novembre, nel momento in cui sono atterrata ho sentito un freddo mai provato prima, al momento è stato emozionante perché vedevo la neve per la prima volta, poi mi sono dovuta confrontare con la realtà”.
Elisabeth, però, ha sempre tenuto duro, passando anche attraverso una separazione. “Non è stato facile, sono stati due anni difficili, ho resistito perché sentivo che mi era stata data questa opportunità: se avevo fatto mille cose nel mio Paese potevo farle in Italia. Dovevo andare in un Internet cafè ogni due settimane per parlare con mio padre e lui mi dava la forza. Ho imparato tante cose, diventando ciò che sono adesso, altrimenti non sarei qui. Amo l’Italia, sono in un Paese che non è il mio e sentivo di doverlo rispettare e farmi rispettare. Anche se sono straniera credo che sia sempre reciproco. Ho sempre cercato di fare le cose al meglio, anche lavorando 24 ore al giorno, è per questo che sono tanto legata a Claudio e al suo lavoro. Ho letto tantissimo sull’Italia l’ho portato in posti che nemmeno lui conosceva. A me invece se salta il pensiero prendo un treno e parto, è parte del mio carattere”.
Oggi Elisabeth vive a Sorisole, lavora in una ditta ma ha anche fatto corsi da sommelier e da estetista. Un aspetto del suo carattere che l’ha aiutata ad integrarsi. “Non so stare ferma, mi piace fare tante cose, per vivere devi rimboccarti le maniche. Mi sono inserita totalmente qui, io amo comunque la mia cultura, ma non ho quell’affinità: io praticamente solo clienti e amici italiani, mi sono immersa del tutto nel contesto, in Italia c’è anche mia sorella ma nonostante viviamo vicini ognuno ha la propria vita”. Lo stesso vale nel rapporto con il suo ragazzo, che Elisabeth ha aiutato nell’avviamento della viticoltura a Gerosa. “L’ho sempre spronato nella sua attività e, anzi, gli ho dato alcune idee per l’azienda agricola. Siamo andati insieme nei vivai e nei vigneti, abbiamo esplorato il mondo del vino insieme. Quando ho visto il terreno a Gerosa, gli ho detto scherzosamente che era un ‘pirla’: aveva tantissimo terreno non coltivato ed era uno spreco. Per questo, anche se magari una domenica deve lavorare alla vigna, non me la prendo, perché capisco questa motivazione e l’ho sempre sostenuto, sono davvero fiera di lui”.
