Gli eventi climatici degli ultimi giorni hanno messo chiaramente in evidenza la fragilità dei territori montani. Frane e smottamenti arrivano puntuali dopo il verificarsi di piogge intense, eventi ormai sempre più frequenti. La vulnerabilità del terreno montano è un dato di fatto che non può più essere ignorato. I cambiamenti climatici stanno facendo sentire i loro effetti, mettendo a rischio non solo l’equilibrio idrogeologico di queste aree, ma anche la sicurezza delle comunità che vi abitano. Fenomeni come l’aumento delle temperature, l’irregolarità delle precipitazioni, lo scioglimento dei ghiacciai e la maggiore incidenza di eventi estremi come frane e alluvioni, stanno alterando profondamente la stabilità di questi territori.
Queste problematiche rendono più urgente che mai un approccio integrato alla gestione delle aree montane in cui l’agricoltura gioca un ruolo insostituibile. “La presenza degli agricoltori e delle loro attività – sottolinea il presidente di Coldiretti Bergamo Gabriele Borella – è una delle prime forme di difesa contro il degrado del suolo. Le pratiche agricole aiutano a prevenire fenomeni di dissesto idrogeologico, mantenendo vivi i terreni e rallentando il fenomeno dell’abbandono, la cui conseguenza sono processi di erosione e a volte purtroppo anche la perdita di vite”.
Mantenere viva l’agricoltura nelle aree montane non solo significa sostenere l’economia locale, ma anche preservare il paesaggio e la biodiversità. L’agricoltore, attraverso una gestione sostenibile del territorio, funge da custode naturale, proteggendo il fragile equilibrio degli ecosistemi montani. In questo contesto, è fondamentale promuovere politiche mirate che incentivino le attività agricole, l’insediamento dei giovani e le buone pratiche ambientali.
“Se vogliamo bene al nostro territorio – sottolinea il presidente di Coldiretti Bergamo – dobbiamo mettere gli agricoltori nella condizione di poter restare in montagna e un reddito adeguato perché con il loro lavoro svolgono una funzione di presidio fondamentale. Penso, ad esempio, all’allevamento del bestiame che non solo consente di avere prodotti di grande pregio ma contribuisce a mantenere i pascoli vivi e rigogliosi, alla manutenzione delle foreste e degli alpeggi in modo da prevenire il rischio di incendi e di dilavamenti. Va rivisto anche il nostro rapporto con la natura, che non può essere considerata un museo intoccabile. Se in futuro vogliamo evitare disastri dobbiamo prendere coscienza che i fiumi vanno dragati e i boschi vanno gestiti con il taglio selettivo degli alberi e la pulizia del sottobosco. Anche la presenza della fauna selvatica dannosa deve essere riequilibrata”.
Secondo Coldiretti Bergamo una riflessione va fatta anche sulla cementificazione non pianificata e invasiva che compromette gravemente la stabilità del territorio, aumentando i rischi di dissesto idrogeologico e distruggendo l’equilibrio ecologico. È fondamentale adottare approcci di pianificazione territoriale sostenibile, che proteggano il suolo e l’ambiente, promuovendo soluzioni infrastrutturali che rispettino la natura e preservino il territorio per le generazioni future, non solo in montagna bensì su tutto il territorio della nostra provincia.
Oggi la vita in montagna è sempre più difficile, troppo spesso mancano i servizi essenziali alla persona e lo spopolamento è una pericolosa minaccia per l’assetto socio economico. È necessario, quindi, un impegno collettivo: da parte delle istituzioni per supportare e incentivare l’agricoltura montana e da parte delle aziende agricole per continuare a investire in una gestione sostenibile dei terreni. Solo attraverso questa sinergia sarà possibile garantire un futuro a questi territori unici, dove la natura e l’uomo da sempre convivono in un delicato equilibrio.