Gli emigranti italiani, e quindi anche bergamaschi (per lo più universitari), con l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea rischiano di dover rientrare sul territorio italiano. Molte al giorno d’oggi sono le domande che investono quindi i nostri emigranti, soprattutto sul futuro post-Brexit, in quanto è presente ancora molta confusione attorno al problema.
Al momento il voto contrario della Camera dei Comuni britannica sull’accordo tra l’Ue e il governo May ha bloccato la procedura di rientro (e pure l'uscita del Regno Unito dell'Unione europea), ma, secondo i dati dell’Aire (Anagrafe degli italiani residenti all’estero), sarebbero tra i 6.000 e i 6.500 i bergamaschi residenti in UK, soprattutto a Londra e nella “Greater London”.
Il presidente dell’Ente bergamaschi nel mondo Carlo Personeni spiega a L’Eco di Bergamo che l’assenza di un accordo tra Regno Unito ed Europa, o un eventuale nuovo accordo, porterebbe ad una temporanea sospensione di trasferimenti, siano essi per motivi lavorativi o di studio.
“Ma peggio ancora la minaccia più grave sarebbe il rientro di numerosi nostri emigranti studenti e stagisti. Problema che si rifletterebbe anche sull’economia del Regno Unito, perché i nostri studenti contribuiscono in modo non indifferente al Pil britannico”, afferma il presidente Personeni. Attualmente le iscrizioni alle università inglesi già da un anno sono in diminuzione e queste non ricevono più gli stessi aiuti da parte dell’Unione Europea. Gli studenti si orientano ora verso altri paesi. “Si sta creando, quindi, un danno non solo per le università, ma anche per tutto l’indotto collegato, con conseguenti perdite di posti di lavoro”, continua Personeni.
Per quanto riguarda i 60 mila cittadini inglesi presenti sul territorio italiano, essi continueranno a beneficiare degli accordi tra Italia e, indipendentemente dalla Brexit, mentre per i 700 mila italiani questo è un aspetto ancora da chiarire.
C’è preoccupazione anche da parte del presidente del Circolo dei bergamaschi nel mondo di Londra, Radames Bonaccorsi Ravelli, che dichiara “La Brexit sta giocando sulla vita di studenti e lavoratori immigrati. […] Vorrebbero imporre visti per studenti e per chi vuole trovare lavoro. Inoltre, si vuole mettere un reddito minimo di 30 mila euro l’anno come stipendio, quando si sa benissimo che questo è impossibile”.