Dalla Valle Brembana e Val Seriana alle fredde terre del Nord del mondo, armati di corde, moschettoni e voglia di mettersi alla prova. È il viaggio di Daniele Bonzi di San Giovanni Bianco, Francesco Fumagalli e Thomas Triboli di Selvino (in foto, da sinistra: Thomas, Francesco, Daniele), membri del Soccorso Alpino che nell’estate del 2024 hanno trascorso due settimane in Groenlandia all’insegna dell’alpinismo più puro.
Un’esperienza che presenteranno al pubblico sabato primo febbraio ore 20.30 in un evento presso la sala polifunzionale di San Giovanni Bianco, in via Castelli n.19. Partiamo allora proprio dai protagonisti. “Noi siamo amici, ci siamo conosciuti durante i corsi del Soccorso Alpino. Nel tempo, abbiamo creato nel tempo un legame che ci ha portati a realizzare un sogno comune e a partire per questo viaggio in Groenlandia. Abbiamo scelto proprio questa destinazione perché alcuni amici che ci sono stati ci hanno raccontato della bellezza selvaggia del posto” spiega Daniele.
“Siamo arrivati il 31 luglio a Tasiilaq, il centro più grande della parte est della Groenlandia. Una volta sul posto, abbiamo incontrato Robert Peroni, un esploratore e alpinista italiano: ci ha accolti alla sua Red House e da lì ci siamo spostati in barca per 70 chilometri, per arrivare fino alle pareti del Fox Jaw Circus che volevamo affrontare”. La logistica non è semplice, in un luogo tanto sperduto. “Tra il campo base e il punto di sbarco ci sono dodici chilometri, abbiamo impiegato tre viaggi per trasportare 200kg di attrezzatura e viveri, attraverso torrenti, morene e zone paludose”. Una volta arrivati al campo, le cose non si fanno più facili: le condizioni sono ardue, non ci sono comodità, il cibo è razionato e si dorme all’addiaccio. “La vita quotidiana è stata dura” racconta Daniele “e già dal primo giorno abbiamo deciso di affrontare la traversata delle Fox Jaw per la quale avevamo previsto tre giorni di scalata. La prima parete, il Baby Molar, ha richiesto quasi una giornata per essere scalata: la cima è a 1132, abbiamo bivaccato circondati da un panorama mozzafiato”.
Il trio brembano conquista anche gli altri due speroni del gruppo del Fox Jaw: “Quando siamo tornati al campo, eravamo soddisfatti per esser stati i primi a completare il concatenamento delle tre vette. Ci ha impressionato la luce che c’era lì, d’estate praticamente faceva buio per due ore al giorno e durante la scalata abbiamo visto panorami meravigliosi, immensi”.
La sfida groenlandese non è finita, perché Daniele, Francesco e Thomas decidono di provare la scalata al quarto dente della Fox Jaw, il Cavity Ridge. “Lo avevamo visto da vicino calandoci il terzo giorno della traversata, ispezionandolo con il cannocchiale abbiamo deciso una linea di ascesa che ci sembrava logica”. Ecco allora i preparativi, la sera del 10 agosto tutto il materiale viene portato ai piedi della parete e la mattina del 12 inizia l’ascesa: le condizioni non sono ottimali. “C’erano pioggia e neve, hanno reso la roccia e le fessure particolarmente scivolose: inoltre, il saccone carico di materiale ci ha rallentato molto” ma Daniele e i suoi non mollano. “Il meteo è migliorato, siamo saliti per 12 tiri e 600 metri circa. Intorno alle 23.30 siamo arrivati quasi alla cima, ma eravamo troppo stanchi, dunque abbiamo cominciato la discesa in doppia. Siamo tornati alla base alle cinque e mezza del mattino, in pratica 24 ore dopo essere partiti”.
Tornati al campo base, c’è una torta per festeggiare e la tenda per il meritato riposo. “Abbiamo chiamato la via “No Me Moleste Mosquito”, come il ritornello di una canzone dei Doors e la presenza di tantissimi moscerini” racconta Daniele “per fortuna ci hanno lasciati quasi sempre in pace. La roccia è gneiss, per lo più di buona qualità ad eccezione di alcuni tratti più semplici. Presenta difficolta fino al VII grado con un obbligato di VI+ sempre ben proteggibile”. Nonostante il piccolo rammarico per non essere arrivati sulla cima, Daniele si dice contento dell’esperienza: “È stato un bellissimo viaggio, ringraziamo che sia andato comunque tutto bene, in una situazione così anche i soccorsi sarebbero stati difficili e non si sa mai cosa potrebbe succedere” ma fa parte dell’avventura. “La Groenlandia è molto selvaggia, ci sono ancora tantissime vette o pareti non ancora scalate, anche la parte di esplorazione ci ha molto intrigato”.