In occasione della Giornata Internazionale della donna, l’8 marzo, l’Associazione Genesis di San Pellegrino ritiene opportuno dar voce alle tante donne che ricoprono il ruolo di caregiver nella cura ed assistenza dei familiari non autosufficienti. Un ruolo, ancora oggi, che risente di un gender cap importante: sulle donne, a causa di aspettative culturali e sociali, ricade in modo sproporzionato questo impegno rispetto agli uomini.
Secondo l’ultima indagine condotta in Italia, EHIS 2019 dell’ISTAT e secondo i dati dello studio “INCARICO” dell’Istituto Besta, a cui ha partecipato anche Associazione Genesis, più di 7 milioni di persone, soprattutto donne, oltre che lavorare ed occuparsi dei figli minori, hanno fornito cure e assistenza almeno una volta alla settimana a membri della propria famiglia. Di questi, circa 4,1 milioni (circa il 60%) sono donne, e oltre la metà di loro ha dovuto abbandonare la propria attività lavorativa per dedicarsi a tempo pieno alla cura dei familiari, con conseguente perdita di reddito e di opportunità professionali.
“Si tratta di mamme, sorelle, figlie su cui ricade spesso la responsabilità nell’assistenza ai familiari non più autosufficienti – sottolinea il dottor Giampietro Salvi, presidente dell’Associazione Genesis e Neurologo presso l’istituto Clinico Quarenghi – Donne che devono fare i conti con una società e un mondo del lavoro non sempre pronti ad accettare questa esigenza e che, quindi, si trovano costrette a ridurre, o addirittura abbandonare, la propria attività lavorativa”.
Ma anche il tempo per se stesse e per la vita sociale viene sensibilmente ridimensionato, evidenzia il dottor Salvi: “Un recente studio di Ipsos ha rilevato che l’82% delle donne intervistate vive una situazione di isolamento, ansia e frustrazione, non riesce a ritagliarsi nemmeno un’ora al giorno per sé, e la metà delle caregiver non ha tempo per sottoporsi a controlli medici preventivi.
Questa situazione può portare a problemi di salute fisica e mentale e nel tempo potrebbero necessitare anche i caregiver di assistenza. Non meno importante la questione economica, visto che le donne-caregiver (dovendo tra l’altro abbandonare il proprio lavoro, o ridurlo) ricevono aiuti economici ancora insufficienti a coprire le spese quotidiane”.
“Queste donne, e i loro grandi sacrifici, non devono restare invisibili. Il compito delle associazioni come Genesis e La Rete (Associazioni Riunite per il Trauma Cranico e le Gravi Cerebrolesioni Acquisite), che presiedo, è infatti anche quello di sollecitare e spronare le istituzioni affinché riconoscano queste figure con leggi chiare e aiuti economici e sociali significativi. È giunto il momento di una legge nazionale che dia pieno riconoscimento alla figura del caregiver familiare e che la sua attività sia integrata nell’insieme dei servizi di cura e assistenza, erogati dal Sistema Socio-Sanitario. Di fondamentale importanza è anche la sensibilizzazione dell’opinione pubblica per arrivare, un giorno, ad un netto cambio culturale. Per il quale c’è bisogno della collaborazione di tutti noi” conclude Salvi.