Una buona Atalanta cede il campo a un solidissimo Milan, i rossoneri si aggiudicano il big match di San Siro per due reti a zero e mettono una serissima ipotetica sul titolo, al termine di una gara che ha visto gli orobici certamente volitivi, ma poveri di fantasia in attacco e di compattezza in difesa. La Dea scende in campo con una formazione prudente, dietro a Muriel trovano spazio Pessina e Pasalic, De Roon viene arretrato sulla linea difensiva e a metacampo giocano Freuler e Koopmeiners. Il Milan opta per lo schieramento-tipo con Krunic dietro a Giroud, Saelemaekers e Leao ai fianchi del bosniaco, Calabria e Theo Hernandez gli esterni.
La partita è giocata su buoni ritmi, con le squadre attente e ben piazzate, ma non decolla mai veramente per oltre 45’. Pochi tiri in porta, il Diavolo cerca molti lanci lunghi per innescare Leao, nell’Atalanta Muriel dialoga bene con Zappacosta, lo stesso Muriel che al 22’’ sembra fermarsi per infortunio (ma prosegue la partita) e che prova una conclusione dai 25 metri su cui Maignan va sicuro. Al 43’, Giroud prova a raggiungere un rilancio correndo davanti a Djimsiti e finisce giù, il rossonero chiede il rigore ma Orsato lo ammonisce per le proteste eccessive: il contatto tra l’ex Chelsea e l’albanese è lieve e ha comunque luogo fuori area.
Al primo tempo avaro di emozioni si frappone una ripresa decisamente più spumeggiante. Si comincia con Zappacosta che prende palla, entra in area, punta Calabria e calcia col destro, il suo tiro è sporcato dal capitano rossonero e finisce alto di poco. Il Milan risponde con un calcio di punizione dai 25 metri su cui Theo Hernandez prova la conclusione ad aggirare la barriera, palla fuori di nulla. L’equilibrio si rompe al 56’: Pessina perde palla sulla trequarti avversaria, Messias lancia Leao, il portoghese brucia Koompeiners, entra in area e con un tiro a incrociare batte Musso. Vantaggio del Milan, l’azione nasce da un contatto tra Pessina e Kalulu in cui quest’ultimo prende solo le gambe dell’avversario, ma Orsato non fischia un fallo piuttosto evidente e il Var non può intervenire (strano!) sulla valutazione del contatto stesso. I subentrati Zapata e Malinovsky provano a costruire un’azione pericolosa, il secondo offre una gran palla al primo che mette a sedere Theo Hernandez ma spara alto.
È proprio il terzino spagnolo a chiudere la partita a 15 minuti dalla fine. Boga, entrato in campo (per modo di dire) al posto di Pessina sbaglia un passaggio banale, Hernandez prende palla, si invola verso la porta orobica, nessuno lo chiude ma anzi i difensori neroblu vanno tutti a coprire l’esterno del campo. Il terzino sinistro ringrazia, si porta la palla sul suo piede forte, entra in area e brucia Musso. 2 a 0 che mette la parola fine al match, prima del 90’ c’è tempo solo per una percussione di Rebic su cui il portiere atalantino esce e salva i suoi da una punizione troppo pesante.
La prestazione della Dea non può essere giudicata come insufficiente, ma si sono viste le lacune che ormai durano da 37 giornate. Una difesa troppo troppo leggera, che pensa più ad arretrare e a chiudere gli spazi piuttosto che a rubare la sfera all’avversario, un portiere che non è un fattore e alcuni giocatori veramente troppo poco tecnici, ma a cui Gasperini continua a dare fiducia. Ecco allora una stagione non ancora finita, perché la lotta per il settimo posto è aperta, ma in cui l’Atalanta dovrà sperare in una combinazione divina per arrivare in Europa: troppo poco rispetto agli obiettivi che sembravano possibili ad agosto.
L’ultima spiaggia, ora, si chiama Empoli: i bergamaschi dovranno giocare per vincere, sperando che la Roma inciampi contro il Torino (ci sarebbe anche la Fiorentina, ma ai Viola devono ancora disputare la loro 37^ di campionato). 90 minuti alla fine della Serie A e ancora nessun verdetto, ma un’indicazione chiarissima: urge cambiare, già dalla prossima partita e poi dalla prossima stagione, per vedere l’Atalanta correre ancora.