Apicoltori sempre più in difficoltà. L’import sleale sta affossando il miele italiano con i produttori che devono fronteggiare arrivi di prodotto straniero di bassa qualità a prezzi stracciati, come quello cinese che viaggia poco sopra l’euro al chilogrammo, mentre aumentano i costi di produzione necessari per fronteggiare maltempo e siccità. A denunciarlo è la Coldiretti di Bergamo, su segnalazione dei propri associati, già alle prese con i problemi causati dai cambiamenti climatici.
“Purtroppo stiamo soffrendo molto la concorrenza del miele che viene dall’estero e che in molti casi è un prodotto che nulla ha a che vedere con il vero miele – sottolinea Samanta Todeschini dell’azienda Daniele Todeschini di Valsecca (Sant’Omobono Terme) -. Capita sempre più spesso di vedere in vendita mieli “fake”, è importante che i consumatori imparino a riconoscere la qualità. Questa situazione si somma ai problemi causati al nostro comparto dai cambiamenti climatici che negli ultimi anni hanno influenzando negativamente le fioriture e di conseguenza la produzione di miele. Chi svolge questa attività lavora tutto l’anno ma la produzione è limitata solo ad alcuni mesi, se durante questo periodo qualcosa va storto è compromessa tutta l’attività”.
Nel 2023 sono arrivati in Italia oltre 25 milioni di chili di miele straniero a fronte – rileva Coldiretti – di una produzione nazionale stimata in 22 milioni di chili, che ha risentito degli effetti del clima, secondo l’analisi della Coldiretti su dati dell’Osservatorio Miele. Il prezzo medio del prodotto importato dai Paesi extra Ue è stato di 2,14 euro al chilo. Una mole di prodotto a prezzi stracciati finita nel mirino di un’indagine della Commissione Ue che ha fatto analizzare una quota di campioni di miele importato, riscontrando che nel 46% dei casi non è conferme alle regole comunitarie, con l’impiego di sciroppi zuccherini per adulterare il prodotto, aumentarne le quantità e abbassarne il prezzo e l’uso di additivi e coloranti per falsificare l’origine botanica. Il numero maggiore in valore assoluto di partite sospette proveniva dalla Cina (66 su 89, pari al 74%), mentre il paese con la percentuale più elevata di campioni di miele sospetti è risultata la Turchia (14 su 15, pari al 93%).
Il comparto apistico bergamasco è composto complessivamente da circa 1.450 apicoltori, (23% nomadi e 76% stanziali), 1200 dei quali producono miele per autoconsumo e 250 per la vendita. A livello provinciale sono presenti 3.200 apiari con 20.615 alveari. (analisi Coldiretti Bergamo su dati BDN).
“La concorrenza sleale è insostenibile per i nostri produttori – sottolinea il presidente di Coldiretti Bergamo Gabriele Borella – già messi in ginocchio dai cambiamenti climatici e dell’aumento dei costi di produzione a partire da quelli dei vasetti di vetro, delle etichette e del gasolio. Occorre che in Europa venga introdotto il principio di reciprocità affinché tutto il miele che entra nel nostro Paese rispetti le stesse regole in materia di sicurezza alimentare, qualità e rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori che vigono in Italia”.
Coldiretti Bergamo sottolinea che acquistando il miele direttamente dagli apicoltori si sostiene il presidio del territorio e la presenza di una sentinella importante della qualità dell’ambiente e della biodiversità quale è l’ape. Per evitare di portare in tavola prodotti provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità, occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta. Il miele prodotto sul territorio nazionale, dove non sono ammesse coltivazioni Ogm a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina, è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria fortemente sostenuta dalla Coldiretti. La parola Italia deve essere presente per legge sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale (Es. Miele italiano) mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’unione Europea, l’etichetta – continua la Coldiretti – deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della Ue” indicando il nome dei Paesi (ad esempio, se viene da Italia e Ungheria sul barattolo dovrà esserci scritto Italia, Ungheria); se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della Ue” con il nome dei Paesi, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della Ue”, anche qui con l’indicazione dei nomi dei Paesi.
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