A 10 anni dall’incidente, Einar e la forza di non arrendersi: “Handbike e palestra per essere al top”

La forza di non arrendersi, nemmeno di fronte ad un evento stravolgente, che cambia del tutto la prospettiva. È la forza di Einar Carrara, classe ’92 di Serina.
21 Febbraio 2025

La forza di non arrendersi, nemmeno di fronte ad un evento stravolgente, che cambia del tutto la prospettiva. È la forza di Einar Carrara, classe ’92 di Serina. L’antefatto: nel dicembre del 2014, durante il lavoro, Einar – che era boscaiolo e giardiniere, oltre che promessa del biathlon – resta schiacciato da una pianta in Val Brembilla mentre sta tagliando la legna con due colleghi e, passati 10 in giorni in coma, perde l’uso delle gambe.

Dieci anni dopo, ci racconta il suo percorso riabilitativo e di cura, che l’ha portato ad essere autonomo nella vita di tutti i giorni. “L’ultimo mio ricovero è finito nella primavera del 2018, a Pasqua, quando sono stato ricoverato al centro protesi di Budrio per usare i tutori Kafo. Se andiamo indietro, nel 2017 sono stato ricoverato ancora a Budrio per quattro settimane per imparare a usare l’esoscheletro. Lo stesso anno, sono stato alla Domus Salutis a Brescia, dove ho fatto riabilitazione motoria e mi hanno chiesto di fare un addestramento con l’esoscheletro Rewalk”.

Oggi, Einar ha 35 anni e si dedica totalmente al proprio fisico. “Adesso, mi sto allenando in una palestra ad Almè. Il primo anno scendevo tre volte alla settimana, ora scendo due volte alla settimana. Sto facendo una serie di potenziamento, con macchinari o a corpo libero, per rendere il mio corpo preformante al massimo e tenere la muscolatura più potente possibile, così nei passaggi e negli spostamenti sono tutto al top”. Non solo, all’allenamento al chiuso Einar affianca l’attività all’aria aperta. “Nei periodi estivi, quando fa caldo e il tempo è bello, esco in handbike e scendo in ciclabile della Val Brembana, quando il tempo è brutto mi alleno al chiuso, montando la bici sui rulli”.

La dedizione è totale e non riguarda solo l’attività fisica. “Stando in palestra, ovviamente si fanno esercizi di potenziamento degli atri superiori, addominali e dorsali, per mantenere il fisico al 100%: in questo modo, se devi smontare la carrozzina, uscire dalla doccia o togliere i vestiti con un fisico preformante si riesce senza problemi. Ovviamente non devi ingrassare troppo, perché i movimenti diventano più difficili: prima dell’incidente ho sempre praticato biathlon, arrivando in Nazionale, dunque sono abituato ad avere tabelle nutrizionali. Seguo ancora un regime alimentare, diciamo che sto attento a quello che mangio, mangio di tutto cercando di non esagerare”.

Un lavoro duro, ma che ha ripagato. “I progressi più grossi sono stati nel termine di autonomia. Io sono sempre stato autonomo in tutto e non mai hai avuto problemi in nessun compito. Per quanto riguarda le gambe, io ho subito una lesione completa e i progressi sono nulli, come mi era stato detto. Si spera sempre nella ricerca, nel lavoro dei medici per migliorare la vita delle persone disabili”.

Accanto allo sforzo individuale, c’è quello collettivo: “Qualche anno fa, un amico di mio papà ha fatto una serie di raccolte fondi da devolvere per le mie spese: la solidarietà ci ha impressionato, anche quando ho fatto le gare di sci di fondo mi seguivano in tanti, non pensavo ci potesse essere attenzione che poi c’è stata. Non ho più praticato sport agonistici – spiega – mi piace essere in forma, per adesso non mi va di fare gare. La mia idea è legata al migliorare me stesso, per mantenermi al top, di modo che se dovesse arrivare una sperimentazione per migliorare il mio stile di vita, il mio corpo è pronto e non devo far passare più tempo per mantenermi in forma”.

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