Che ci crediate o no qualcuno è arrivato in Valleimagna, qualcuno venuto da lontano, qualcuno del popolo degli “eroi e viaggiatori” della civiltà straordinaria egeo- cretese che colonizzò il Mediterraneo all’origine della civiltà dell’Occidente , forse dall’ Argolide o dall’Eubea o dalla mitica isola di Creta, un contemporaneo dei protagonisti dei miti della Grecia antica: Giasone ed i suoi Argonauti che vanno in Colchide sul Mar nero alla conquista del “ Vello d’oro”e nell’avventuroso ritorno risalgono l’Adriatico fino alle foci dell’Eridano,il nome antico del fiume Po; Ercole che per compiere le sue imprese percorre in lungo e in largo l’Europa da Cadice al Caucaso e che per primo oltrepassa le Alpi; Agamennone e i suoi armati che attraversano l’Egeo per portare la guerra in Troade, e poi di nuovo si mettono in mare ,dopo la vittoria per un ritorno lungo e infinito come quello di Odisseo, che per profezia finirà il suo destino nelle terre della gente “ che non conosce il remo “ ,che non conosce il mare .
L’elenco potrebbe continuare con tutte le trame delle grandi saghe che si aprono su vasti scenari, che oggi, grazie all’archeologia, mettono assieme agli eroi anche uomini in carne ed ossa, con indicazioni storiche di navigatori, mercanti, pionieri e colonizzatori alla ricerca di terre, di metalli, di merci e di mercati , e scopriamo che “Omero il sommo dei poeti”, come insiste lo storico Canfora, ci offre , espresso in forma poetica di esametri, la forma di comunicazione di allora, un racconto storico di vicende esistite , che l’archeologia ha confermato negli scavi della città di Troia e di Itaca .
E anche da noi in Valle Imagna l’archeologia ci riporta una storia straordinaria, nei reperti di una grotta-santuario, un luogo adibito a culto, una grotta sacra, degradata in dialetto a luogo oscuro col nome di “tamba” (o tambù) del Pòlakì”, e poi storpiato in “ Tomba dei Polacchi “; qui il reperto straordinario di un anfora votiva (di antichissima fattura di riferimento e uso minoico, databile a 900 anni prima di Cristo ) ai piedi della” grande stalattite” nell’antro della grande grotta, con dentro come offerta significativa di culto un osso di metacarpo di pecora, uno spillone di bronzo ed una scoria di ferro – metallo improbabile nell’età del bronzocostituisce nel museo archeologico di Bergamo una testimonianza impensabile di un collegamento storico al grande evento millenario del sorgere della civiltà del Mediterraneo all’origine della civiltà dell’ Occidente, garantita questa testimonianza dal sigillo inconfondibile dell’Ascia Bipenne, il disegno della “Labrys” micenea, arma sacrificale e di cerimonia, punteggiata sul “rasoio di bronzo” di età arcaica , ritrovato sempre nella stessa grotta, segno sacro del potere della potenza minoica nel dominio marittimo sul Mediterraneo, riscontrata nei “palazzi di Cnosso e Festo a Creta” e in tracce diffuse dall’Egeo alle Eolie e alla Sardegna,sulla “ via dello stagno” come in siti del Sahara africano fino all’Irlanda e all’“estrema Thule” oltr le Isole britanniche.
Ma come la prima e più grande civiltà marittima e mediterranea può aver lasciato i sui segni e le sue tracce in una valle ai piedi delle Alpi con il segno inconfondibile della “ labrys” ,l”ascia bipenne “ incisa nel bronzo , e con la pratica del culto di offerte nelle grotte ai piedi delle stalattiti come praticato nelle grotte sul’isola di Creta , l’isola che sul monte Ida vanta la grotta, simile alla grande grotta della Valleimagna , in cui secondo la mitologia fu nascosto da infante, nutrito e salvato Giove, il re degli dei?
Sappiamo dai miti e dai poemi antichi delle regioni lontane che quella civiltà di eroi e navigatori raggiunsero dall’Aulide, alla Colchide ,alla Tauride, alla Locride all’Atlantide ed a queste si può aggiungere l’Eridania, la vallata del fiume Eridano (antico nome del fiume Po), alla cui foce arrivarono gli Argonauti ( gli eroi navigatori della generazione precedente agli eroi guerrieri achei che espugnarono Troia ) ,alla cui foce le isole Elektrides erano tappa di commercio di prodotti e materie importanti quali il rame e lo stagno dei monti o l’ambra preziosa del Nord, segnando e marcando un percorso navigabile del fiume e dei suoi affluenti.
Quel percorso praticato in età arcaica fu acquisito in epoca storica dal sopraggiungere degli Etruschi ,pure i origine egea, insediatisi a Spina di Comacchio come ricco porto commerciale , ritrovati a Mantova sul Mincio nella fondazione della città , come pure in altre fondazioni su affluenti e laghi ed alture ,(probabile anche all’origine di Bergamo e dell’antica Acerra tra Crema e Lodi vicina allo scomparso lago Gerundo ) sicuramente documentate nel deposito di manufatti etruschi trovato nell’ottocento in Brembate Sotto , ( e siamo sul fiume Brembo) e testimoniate nei toponimi di “Lario” (dato al lago di Como e Lecco col significato di principe dei laghi) e così, all’entrata della nostra valle ,nei nomi di derivazione antica di Lemen, di Clanis, di Verbenno .
Non ci è dato sapere come si chiamasse allora la Valle ma la voci antiche Brembo, Brembilla , Insubri nonché il bergamasco antico “bròmbo” o “imbrembat” o come “ imber” latino ci portano indicazioni di acque e di percorsi fluviali e vallivi , certo praticati come vie naturali alla ricerca di genti di terre , di prodotti di metalli e per allora dell’importante stagno , necessario con il rame per produrre il prezioso bronzo, raggiunto persino navigando alle lontane isole britanniche e probabilmente ritrovato più da vicino su questi monti o nelle rocce sotto il Resegone segnate di pechblenda ,minerale di piombo e torio, forse già allora reperibile dalle cave di Erve e di Carenno ,nome di assonanza etrusca sui transiti della Valleimagna.
E questa una storia perduta ma pure ancora rintracciabile nel mito prima e nell’archeologia poi, e da riprendere nella ricerca , nell’insegnamento e nella scuola come è capitato in esperienze recenti a due bravi studenti del Liceo Mascheroni, premiati con un meritato nove in storia, per in un bel lavoro portato come esercizio letterario di raccontò con intreccio storico che così narrava:
Alla reggia del grande palazzo di Teseo abbondanti banchetti sono celebrati per il grande viaggio del re vincitore del Minotauro…Alzatosi e chiesto il silenzio nella maestosa sala Atreo inizia la narrazione della sua storia: ”O grande re Teseo, mi hai invitato a questo splendido banchetto e quindi ora prendo l’occasione per narrarti la mia avventura che intrapresi a vent’anni, quando ero ancora giovane ,pronto ad affrontare pericoli e peripezie . Da anni ,mio padre non tornava alla nostra splendida città di Thera ,era partito per un lungo viaggio verso i passi del nord, ai confini dei territori conosciuti dai mercanti micenei e da mesi se ne erano perse le tracce. Decisi dunque di partire verso la terra degli Apuli ,per proseguire poi a nord . Ero sicuro di me stesso e della buona riuscita della mia disperata impresa sotto la protezione del sacro segno dell’ “ascia bipenne “ che portavo incisa sulle mie armi. Mi imbarcai a Zavos con una nave di mercanti diretti verso le coste degli Apuli . Affrontammo con coraggio le insidie del grande mare …Fu lungo il viaggio con spiacevoli incontri con popolazioni bellicose … Puntando a nord verso le isole Ekektrides alle foci dell’Eridano nel mare di Adria…”
Riusciranno i nostri eroi a compiere l’impresa ? Lo vedremo nelle prossime puntate di questi “Racconti della Valleimagna “ che narrano la storia di quelli che vennero in Valleimagna.