Nona puntata del racconto “Le guerre dei Celti”. Un piccolo romanzo storico che ha l'intento di narrare la storia del nostro territorio facendola rientrare nella Grande Storia. Come già fatto con le guerre persiane anche con questi racconti celtici andremo a raccontare le guerre puniche per parlare dei Celti che hanno abitato e vissuto sul nostro territorio, lasciando il segno della loro cultura.
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Al Trasimeno – “ Annibale sapeva che il console era baldanzoso del felice successo delle sue imprese civili e militari e che avrebbe agito con audacia precipitosa senza consultare né dei né uomini … tutti gli consigliavano che era opportuno aspettare il collega per la comune impresa una volta congiunti gli eserciti .. ma Annibale continuava a provocarlo e ad esasperarlo nelle stragi , negli incendi e nelle devastazioni di guerra sui territori fra Cortona e il lago Trasimeno inasprendo maggiormente l’ira del nemico … Annibale faceva marciare i suoi uomini dapprima lentamente e poi più rapidamente verso sud in direzione di Chiusi… ma al quarto giorno fece deviare l’esercito verso est, attraverso un passo nei monti intorno al lago, nella conca dove il Trasimeno si avvicina sotto i monti di Cortona , un luogo che Annibale con ricognizione aveva indagato, fatto apposta per imboscate” .
Qui il grande stratega dispose la sua trappola : l’accampamento ben visibile su un’altura su un piano un po’ più largo all’uscita della conca , una piccola retroguardia da difesa e da esca sul passo di entrata, i fuochi accesi fino al mattino nell’accampamento, nottetempo svuotato dell’esercito schierando dai 15 ai 18 mila iberici spagnoli e libici africani di fanteria pesante a baluardo frontale, 15 mila fanti Galli e Celtici nascosti ad arco negli anfratti e nel contorno dei colli per l’assalto laterale e centrale, dagli 8 ai 10 mila cavalieri numidi e celti della cavalleria, di chiusura del passo e raccordo di attacco , i Baleari , gli astati leggeri e i lancieri Celti e Liguri di scorta e di intervento dietro le colline e sul lato il contenimento lineare della sponda e delle acque e delle paludi del lago .
La grande battaglia- All’alba la superficie del lago era avvolta da un fitto strato di nebbia . Flaminio giunse il giorno innanzi al lago, al tramonto senza perlustrazione alcuna e il giorno dopo ,ai primi albori superò le gole . Dopo una breve schermaglia ,la retroguardia punica abbandonò il passo e fuggì verso est oltre l’accampamento ove i fuochi avvampavano visibili… Flaminio la fece inseguire intendeva sorprendere l’avversario ancora al risveglio, la trappola era scattata . L’inizio fu come un immenso colpo di gong, il sole dissolse la nebbia e sulla collina brillarono le armi e le insegne .. “proruppero e risuonarono tutti i segnali dei corni punici mescolati agli striduli squilli delle trombe romane ..i numidi del gruppo di Annibale occuparono il passo a chiusura della retroguardia romana ed a difesa dall’ eventuale sopraggiungere di Servilio . Dalle colline tra grida orribili e il luccichio e il tintinnio delle armi, accorsero i celti..”tenendosi d’occhio fra loro,e ciò che più importava con movimenti simultanei..” e quando i cavalieri celti e i numidi si abbatterono sulle schiere romane , sembrò che la terra tremasse tanto da non accorgersi del violento terremoto che distrusse villaggi del circondario . ” Dalle grida sorte da ogni parte per i romani si ebbe a combattere di fronte e ai fianchi prima che le schiere si ponessero in ordine di battaglia e potessero mettere mano alle armi ed impugnare le spade..” Il feroce combattimento durò tre ore , il console si sforzò di mettere in ordine di battaglia le file sconvolte e .. la lotta fu più violenta e minacciosa intorno al console, lo seguiva il fiore dei soldati,mentre egli stesso era attivo nel soccorrere in qualunque punto di grave disagio, mentre i nemici si scagliavano contro lui ..finchè “Ducario il cavaliere insubro, riconoscendo il console anche dal volto più che dalle insegne -“ Ecco “–disse- “ ,è proprio costui che fece strage delle nostre legioni e saccheggiò i nostri campi e la nostra città. Io consacro questa vittima come offerta ai Mani dei civili uccisi.” Cacciò gli sproni nel ventre del cavallo, si gettò impetuosamente in mezzo alla foltissima schiera dei nemici ed abbattuto prima lo scudiero si era lanciato incontro a chi avanzava minaccioso , trafisse il console con l’asta “”… cominciò allora la fuga di gran parte dell’esercito ed ormai né il lago né i monti si opponevano più allo sgomento !”
Così si raccontarono i fatti ma Annibale volle sapere di persona da Lug e Seat che sapeva collocati nella battaglia con le schiere insubre con Boido capo orobico e Galato conduttore di celti , e così gli raccontarono i testimoni : “ –“ Già all’inizio della battaglia il valoroso cavaliere insubro Ducario si era fatto legare al suo cavallo ..c’erano voci intorno a strani giuramenti ma nessuno ha saputo nulla di preciso se non ne sa forse qualcuno sopravissuto. Quando cominciò la battaglia,una centuria di cavalieri insubri , si staccò dalla schiera a noi affiancata e guidata dal punico Itubale. I celti formarono un cuneo che penetrò nel mezzo delle file romane .Temerarietà , valore ,fortuna o caso : a costo di terribili perdite si spinsero fino a Flaminio .Ducario trafisse il console con la lancia ,quindi tagliò le corde che lo legavano al cavallo , scese e fece a pezzi il cadavere di Gaio Flaminio ,prima che un triarius lo colpisse alla nuca con la spada . La morte del console decise le sorti con lo sgomento e lo scompiglio del fior fiore dei soldati di scorta, che forzando lo spazio lasciato libero dalla schiera dei cavalieri, tentavano la salvezza”. – “ Furono pronti –Intervenne Galato – i miei celti a chiudere quella via di fuga con strage anche dei nostri, fermi sul posto e guidati dal valore saldo di Boido e dei suoi forti guerrieri di montagna .” Ne fu ammirato Annibale ma rimase pensieroso e turbato. La battaglia si concluse feroce. Molti legionari si chiusero ad istrice e combatterono fino alla fine altri si arresero e pochi riuscirono a fuggire : Molti moltissimi sprofondarono nella palude lungo la riva o annegarono nel tentativo di attraversare il lago a nuoto . Ci vollero diversi giorni per comprender le dimensioni dell’accaduto : tra i romani 15 mila furono massacrati sul campo e 15 mila furono prigionieri, quasi 2.500 dell’esercito punico erano caduti e tra questi ben 1.500 celti e liguri, che ebbero a sostenere il grosso degli scontri, e di loro nelle ore successive morirono in seguito alle ferite altri 900 uomini . Annibale liberati senza prezzo di riscatto i prigionieri di stirpe latina e gettati invece in catene i romani fece seppellire i corpo dei suoi, separandoli da quelli dei nemici ammucchiati cremati in voragini scavate a pozzo, dette “utrinum, che ancora rimangono impressionanti su quel campo . Del corpo di Gaio Flaminio ,che Annibale voleva seppellire con tutti gli onori non si trovò alcuna parte riconoscibile .
La sera era chiara e fresca , Annibale stava solo su un rialzo dell’accampamento, le braccia incrociate teneva lo sguardo verso sud ,dove, da qualche parte era Roma ; nell’intorno le sentinelle dislocate nel silenzio e ai suoi piedi cataste di armi romane, che avrebbero dovuto migliorare l’equipaggiamento disordinato dei celti, oltre a sostituire le spade consunte e intaccate dei libi e degli iberi; attorno armi ed armati e le enormi fosse riempite a metà. Antigonos gli si avvicinò nel silenzio e gli appoggiò la mano sinistra sulla sua spalla :-“Hai vinto per la terza volta l’invincibile Roma, grande stratega!, Hai annientato un intero esercito consolare ,e così ritirato, ora mi sembra che avresti preferito perdere “- Grazie ,Tiggo!,ti, ricordi come si sentiva mio padre Amilcare dopo la battaglia ? Ecco come per lui a Naravas – disse lentmente Annibale – anche per me c’è una cosa sola più terribile della vittoria , la sconfitta!” – Indurisci il tuo cuore ,stratega -disse Antigonos ad alta voce- i Romani lasceranno in pace te,me, ed il mondo solo se li costringerai a farlo, magari odiandoli per non stare più così male da morire ..”. -“Cosa vuoi odiare ? Cittadini , contadini e artigiani-disse Annibale,indicando con il piede le fosse più in basso- così tante vite …,figli ,padri e fratelli, là sotto ci sono diecimila famiglie che piangono,.. per non parlare dei nostri uomini … e degli uomini di queste genti celtiche in secolari battaglie ed anche ora con i loro molti morti la per la loro libertà e la pace !” , Annibale prese dall’appiglio il suo elmo forgiato di semplice ferro bordato di cuoio ,lo sollevò tra le mani e se ne aggiustò pensieroso sul capo il cimiero e sul collare le borchie imprecando : “Perché non vogliono la pace, una buona volta!”. La sera era chiara e fresca sul Trasimeno e le onde si frangevano monotone sulle arene e sulle sponde .