Quando in valle abitavano gli dèi ed i giganti

Nuovo capitolo della rubrica storico-culturale curata dal nostro Little Eagle, che ci racconta di una Valle Imagna ormai dimenticata, in epoca preistorica.
29 Maggio 2018

Alle origini abitavano in Vallimagna gli dèi ed i giganti, prima che arrivassero gli uomini. Secoli e millenni e milioni di anni prima degli uomini,  quando la deriva della zolla africana ( anche noi abitiamo in Africa )  innalzò le Alpi, quando  emerse il nostro territorio come  pianura quasi sempre fondo di mare ,quando il Resegone e la Corna Camozzera arrivarono  al  loro posto  e quando  le erosioni  delle acque  configurarono  la concavità  della nostra  valle.

La Valleimagna  apparve, prima che agli uomini,  agli dei  che lasciarono tracce  e richiami  nelle sorgenti e nei boschi , nelle selve e nelle alture, nell’alzarsi delle rocce e delle balze come nei  segni mitologici di opere di  giganti  raffigurabili nella collocazione della piramide   dell’Ubione  all’entrata della Valle  nella  corona in alto  sui monti del contorno  turrito delle dolomie dei Canti , i  resti i più antichi di un paradiso   perduto , nella protezione  ad occidente con gli  spalti   del Linzone , della Costa e del Tesoro , nella difesa  dei baluardi  rocciosi  dell’Ocone e della Serrata, e nella chiusura  a nord  con la  configurazione leonina delle falde  Resegone , visto dalla pianura e dal  fondovalle come dorso di  leone in postura di guardia verso il nord con la zampa distesa a protezione dei transiti.

Qui all’origine  dimorarono gli dei , signori della Vita radicata nella terra ,rigogliosa nelle fronde , multiforme nelle specie; il canto delle ninfee era nel gorgoglio delle sorgenti , gli elfi abitavano il bosco ed il sottobosco ed un equilibrio di  divinità viventi  animava il territorio  in regni e poteri di convivenza e di forme  assegnate all’insetto, al pesce o all’uccello  come al lupo , al cervo, all’orso o all’agnello . Quando tutto fu pronto arrivarono gli uomini  trasformando lo scorrere del tempo in memoria , in racconto ,in storia di civiltà narrate da testimonianze  fossili o scritte o parlate, ma pur sempre  da decifrare e da “riraccontare” per  riportarle alla vita, alla nostra vita , perché ogni storia, per essere vera, deve essere  contemporanea, deve diventare storia nostra, attraverso  la narrazione ,il racconto e anche la  “favola “ come vogliono essere questi “Racconti di Valleimagna “ .

Comparve l’uomo anche in Valleimagna ” forse una ventina di migliaia di anni fa “! e lasciò i segni della sua vita e della sua morte cominciando dalle caverne, luoghi prima  di abitazione,  come già lo fu  per l’orso, nel reperto il più antico di vivente in valle  dell’”Ursus speleus” alla Cornabusa , e luoghi poi di sepoltura ed inumazione già all’età del rame negli anfratti sul Brembo a Clanezzo  o al “Bus del Cunì”di Berbenno e nell’età successive  alla grotta sull’Imagna alla Fraccia  sopra  Cà Prospero, alla Grotta alta del Chignolo a Rota d’Imagna e alla Grotta  della Corna di Coegia a Locatello, fino ad arrivare  all’età  del bronzo  con la “Grotta dei polacchi” (meglio del “ Pòlachì”  così detto  come proprietario di quel sito in un atto notarile dell’ottocento) i cui reperti di connotazione culturale straordinaria  e di rilevanza eccezionale   segnano ( e siamo  circa  a tremila  anni fa- 900 circa a.C ) il terzo passaggio  delle grotte ,dopo essere state luogo di abitazione e di sepoltura,  all'uso sacro e di culto  (continuato  come  origine di culto sacro anche di  santuari attuali ).

Chi erano questi lontani abitanti ?

Piccoli indizi  ci riportano intere  epoche di  storia  e di civiltà e di culture e di popolazioni  che si succedono  dai ritrovamenti  villanoviani dei primi abitati, ai segni di antica area  ligure  nella conchiglietta di mare nella  sepoltura di bambina adulta  di Corna Coegia , alla testimonianza  che nella stessa  sepoltura dà  il  cerchio  bronzeo  di  specifica cultura e fattura celtica, arrivando inoltre nei manufatti  alle indicazioni  etrusche nei blocchi posti in doppio arco nel “ ponte della Poltrasca “ fra Mazzoleni ed il Piazzo, sulla prima e più antica strada di valle, ai resti di palificazione  di villaggio villanoviano sul pianoro del “Belvedì “ di Clanezzo  sopra la foce dell’Imagna, vigilata dalle fortificazioni celtiche di muro gallico del monte Duno sopra Almenno.

Questo ci raccontano i reperti archeologici e se li coordiniamo agli scritti degli storici si completano con il nome che in qualche modo ancora oggi ci identifica nella popolazione degli ” Orobi “ , un nome che  forse designava più che una popolazione un territorio abitato da gente di montagna  che con terminologia greca è appunto “oros-bioi “= viventi sui monti “come li nomina Polibio storico greco o atri autori o studiosi col nome di “Orombovi “( forse tribù dei Galli Boi dell’Emilia  insediati  tra i Liguri e gli Insubri ); lo storico romano e naturalista Plinio il vecchio, originario di Como, descrive gli Orobi come abitanti sul  nostro territorio da  Lecco e Bergamo e l’Adda ,tra i Galli  Insubri del milanese ed i  Galli Cenomani del bresciano, che avevano come capitale  un luogo chiamato Parra o Barra o Barro ,  non riscontrato o identificato, ma che lui descrive visto tra alti monti .

Contornano queste segnalazioni archeologiche ricerche, citazioni e suggestioni  come quella del  lago Gerundo esistente nella pianura  sul corso del  fiume Serio  e dell’esistenza   città di  Acerra dislocata nella pianura fra il bergamasco ed il  cremonese, precedente la  presenza etrusca sul territorio  ipotizzata nella prima  fondazione di  Bergamo e documentata nel ritrovamento a Brembate  di consistente deposito di reperti  etruschi catalogati nell ‘ ottocento.  A conclusione infine  di questo percorso lungo i tempi della preistoria  la presenza  romana   documentata in Lemine nei resi del grande ponte di sette pilastri sul Brembo, nel ritrovamento di reperti  di “villa romana” nel sito della Madonna del Castello e  sul monte Castra  da resti di condotte in piombo per l’ acquedotto e la colonizzazione del “ limen” di  Lemine e  della  centuriazione  dell’Agro almennese .

Ma la la segnalazione sorprendente ed eccezionale questa rassegna di popoli e di culture riscontrate in Valle  nel contesto dell’area orobica e subalpina è riservata  alla Valleimagna  nel ritrovamento alla Grotta “detta dei Polacchi” dl rasoio di Bronzo inciso dell’”ascia bipenne” e  di un’ anfora di offerta ai piedi della stallatite  in un  “ culto delle acque” , di collegamento inaspettato e impossibile  che ci riporta  ai primi tempi della civiltà mediterranea , al   sorgere nell’area   egea –micenea della mitologia  degli dei e degli eroi,  degli Argonauti  navigatori del mare “ che non conosce sentieri “, degli eroi che  compirono imprese contro mostri e giganti in spedizioni di guerra, di  scoperta e di conoscenza alla ricerca di popoli e terre ; e tra queste anche la nostra terra collegata per vie misteriose al  “culto delle acque” della civiltà di Creta, collegata con il ritrovamento del “ rasoio di bronzo” inciso col segno  dell’”ascia bipenne “ il segno degli eroi guerrieri  che andarono a Troia, ai miti  di Gisone di Ercole di  Achille e di Ulisse, narrati da Omero come poema e riscontrati come storia nei ritrovamenti archeologici . 

La nostra storia proseguirà  nelle prossime puntate  nella forma di racconto e di “favola “ come la raccontarono  giovani studenti al liceo Mascheroni  intitolandolo in  “Racconti di Valleimagna “.

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