Alle origini abitavano in Vallimagna gli dèi ed i giganti, prima che arrivassero gli uomini. Secoli e millenni e milioni di anni prima degli uomini, quando la deriva della zolla africana ( anche noi abitiamo in Africa ) innalzò le Alpi, quando emerse il nostro territorio come pianura quasi sempre fondo di mare ,quando il Resegone e la Corna Camozzera arrivarono al loro posto e quando le erosioni delle acque configurarono la concavità della nostra valle.
La Valleimagna apparve, prima che agli uomini, agli dei che lasciarono tracce e richiami nelle sorgenti e nei boschi , nelle selve e nelle alture, nell’alzarsi delle rocce e delle balze come nei segni mitologici di opere di giganti raffigurabili nella collocazione della piramide dell’Ubione all’entrata della Valle nella corona in alto sui monti del contorno turrito delle dolomie dei Canti , i resti i più antichi di un paradiso perduto , nella protezione ad occidente con gli spalti del Linzone , della Costa e del Tesoro , nella difesa dei baluardi rocciosi dell’Ocone e della Serrata, e nella chiusura a nord con la configurazione leonina delle falde Resegone , visto dalla pianura e dal fondovalle come dorso di leone in postura di guardia verso il nord con la zampa distesa a protezione dei transiti.
Qui all’origine dimorarono gli dei , signori della Vita radicata nella terra ,rigogliosa nelle fronde , multiforme nelle specie; il canto delle ninfee era nel gorgoglio delle sorgenti , gli elfi abitavano il bosco ed il sottobosco ed un equilibrio di divinità viventi animava il territorio in regni e poteri di convivenza e di forme assegnate all’insetto, al pesce o all’uccello come al lupo , al cervo, all’orso o all’agnello . Quando tutto fu pronto arrivarono gli uomini trasformando lo scorrere del tempo in memoria , in racconto ,in storia di civiltà narrate da testimonianze fossili o scritte o parlate, ma pur sempre da decifrare e da “riraccontare” per riportarle alla vita, alla nostra vita , perché ogni storia, per essere vera, deve essere contemporanea, deve diventare storia nostra, attraverso la narrazione ,il racconto e anche la “favola “ come vogliono essere questi “Racconti di Valleimagna “ .
Comparve l’uomo anche in Valleimagna ” forse una ventina di migliaia di anni fa “! e lasciò i segni della sua vita e della sua morte cominciando dalle caverne, luoghi prima di abitazione, come già lo fu per l’orso, nel reperto il più antico di vivente in valle dell’”Ursus speleus” alla Cornabusa , e luoghi poi di sepoltura ed inumazione già all’età del rame negli anfratti sul Brembo a Clanezzo o al “Bus del Cunì”di Berbenno e nell’età successive alla grotta sull’Imagna alla Fraccia sopra Cà Prospero, alla Grotta alta del Chignolo a Rota d’Imagna e alla Grotta della Corna di Coegia a Locatello, fino ad arrivare all’età del bronzo con la “Grotta dei polacchi” (meglio del “ Pòlachì” così detto come proprietario di quel sito in un atto notarile dell’ottocento) i cui reperti di connotazione culturale straordinaria e di rilevanza eccezionale segnano ( e siamo circa a tremila anni fa- 900 circa a.C ) il terzo passaggio delle grotte ,dopo essere state luogo di abitazione e di sepoltura, all'uso sacro e di culto (continuato come origine di culto sacro anche di santuari attuali ).
Chi erano questi lontani abitanti ?
Piccoli indizi ci riportano intere epoche di storia e di civiltà e di culture e di popolazioni che si succedono dai ritrovamenti villanoviani dei primi abitati, ai segni di antica area ligure nella conchiglietta di mare nella sepoltura di bambina adulta di Corna Coegia , alla testimonianza che nella stessa sepoltura dà il cerchio bronzeo di specifica cultura e fattura celtica, arrivando inoltre nei manufatti alle indicazioni etrusche nei blocchi posti in doppio arco nel “ ponte della Poltrasca “ fra Mazzoleni ed il Piazzo, sulla prima e più antica strada di valle, ai resti di palificazione di villaggio villanoviano sul pianoro del “Belvedì “ di Clanezzo sopra la foce dell’Imagna, vigilata dalle fortificazioni celtiche di muro gallico del monte Duno sopra Almenno.
Questo ci raccontano i reperti archeologici e se li coordiniamo agli scritti degli storici si completano con il nome che in qualche modo ancora oggi ci identifica nella popolazione degli ” Orobi “ , un nome che forse designava più che una popolazione un territorio abitato da gente di montagna che con terminologia greca è appunto “oros-bioi “= viventi sui monti “come li nomina Polibio storico greco o atri autori o studiosi col nome di “Orombovi “( forse tribù dei Galli Boi dell’Emilia insediati tra i Liguri e gli Insubri ); lo storico romano e naturalista Plinio il vecchio, originario di Como, descrive gli Orobi come abitanti sul nostro territorio da Lecco e Bergamo e l’Adda ,tra i Galli Insubri del milanese ed i Galli Cenomani del bresciano, che avevano come capitale un luogo chiamato Parra o Barra o Barro , non riscontrato o identificato, ma che lui descrive visto tra alti monti .
Contornano queste segnalazioni archeologiche ricerche, citazioni e suggestioni come quella del lago Gerundo esistente nella pianura sul corso del fiume Serio e dell’esistenza città di Acerra dislocata nella pianura fra il bergamasco ed il cremonese, precedente la presenza etrusca sul territorio ipotizzata nella prima fondazione di Bergamo e documentata nel ritrovamento a Brembate di consistente deposito di reperti etruschi catalogati nell ‘ ottocento. A conclusione infine di questo percorso lungo i tempi della preistoria la presenza romana documentata in Lemine nei resi del grande ponte di sette pilastri sul Brembo, nel ritrovamento di reperti di “villa romana” nel sito della Madonna del Castello e sul monte Castra da resti di condotte in piombo per l’ acquedotto e la colonizzazione del “ limen” di Lemine e della centuriazione dell’Agro almennese .
Ma la la segnalazione sorprendente ed eccezionale questa rassegna di popoli e di culture riscontrate in Valle nel contesto dell’area orobica e subalpina è riservata alla Valleimagna nel ritrovamento alla Grotta “detta dei Polacchi” dl rasoio di Bronzo inciso dell’”ascia bipenne” e di un’ anfora di offerta ai piedi della stallatite in un “ culto delle acque” , di collegamento inaspettato e impossibile che ci riporta ai primi tempi della civiltà mediterranea , al sorgere nell’area egea –micenea della mitologia degli dei e degli eroi, degli Argonauti navigatori del mare “ che non conosce sentieri “, degli eroi che compirono imprese contro mostri e giganti in spedizioni di guerra, di scoperta e di conoscenza alla ricerca di popoli e terre ; e tra queste anche la nostra terra collegata per vie misteriose al “culto delle acque” della civiltà di Creta, collegata con il ritrovamento del “ rasoio di bronzo” inciso col segno dell’”ascia bipenne “ il segno degli eroi guerrieri che andarono a Troia, ai miti di Gisone di Ercole di Achille e di Ulisse, narrati da Omero come poema e riscontrati come storia nei ritrovamenti archeologici .
La nostra storia proseguirà nelle prossime puntate nella forma di racconto e di “favola “ come la raccontarono giovani studenti al liceo Mascheroni intitolandolo in “Racconti di Valleimagna “.