“… erano uomini che venivano dal mare …” prosegue il racconto elaborato come narrazione storica in ambito scolastico, con la suggestione di riprendere nella storia universale e nella letteratura i riferimenti alla Nostra Storia di ambito locale, come cogliamo nel “racconto di Atreo” alla corte dell’eroe ateniese Teseo, proseguendo la precedente puntata:
Lasciata la cretese Thera , all’insaputa della famiglia e della madre, mi imbarcai su una nave di mercanti diretti verso le coste degli Apuli, forte della speranza di ritrovare il padre andato lontano, e sicuro solo delle sacre insegne achee incise sulle mie armi . Affrontammo con coraggio le insidie del mare … poi risalimmo con lungo viaggio il mare di Adria, con spiacevoli incontri di popolazioni bellicose, puntando a nord verso le isole Elektrides alle foci dell’Eridàno …
Non immaginate,voi presenti,la gioia che provai nell’incontrare mio padre che avevo paura di non più rivedere, quando con grande felicità ci ritrovammo nella città di Spina , approdo di navi, emporio di merci e di mercanti tra le lagune di quelle isole sull’estuario del grande fiume .
Mio padre con i suoi compagni, aveva tentato la sua impresa, puntando in cima al mare di Adria, alle terre del nord sulla via favolosa dell’ambra , del piombo e dello stagno,viaggiando fra genti sconosciute ,popolazioni nordiche spietate e brutali, che avevano decimato i componenti della spedizione; scampato era riuscito a tornare alle Elektrides , accolto con onore dai reggitori della città per la sua impresa ,e per la sua intenzione di ritentare la via del nord navigando l’Eridàno, non senza prima aver ringraziato ed invocato la protezione degli immortali, con una grande celebrazione di banchetto immolando agli dèi .
L’arconte della città, sacerdote e re ordinò l’ offerta del sacrificio con una giovenca dei suoi allevamenti :”- Orsù! Compiamo il voto, cittadini miei, chè , prima fra tutti gli dèi, Atena ci propiziamo invocandola …”- disse – e tutti si davan da fare ; arrivò la giovenca dai campi ,vennero dalle rapide navi , dal porto e dalle strade naviganti e cittadini riuniti ;venne l’orefice avendo in mano gli arnesi di bronzo,strumenti dell’arte , il martello, l’ incudine e le tenaglie ben fatte con cui lavorava l’oro; l’arconte diede l’oro ed il fabbro rivestì le corna della giovenca abilmente ,perché la dèa Atena, invitata ed invocata al banchetto in suo onore, godesse a veder l’ornamento. Per le corna tirarono la giovenca Stràtìo ed il glorioso Echèfronte; in un contenitore fiorato Atro portò dalle stanze il lavacro, tenendo nell’altra mano chicchi d’ orzo in un cesto; Trasìmede forza di guerra, la sacra “Labrys” ,la “Scure bipenne” brandendo ,era pronto a colpir la giovenca; Persèo aveva la tazza di bronzo; l’arconte cominciò col lavacro e con i chicchi, e molto Atena pregava, offrendo primizie e gettando i peli del capo sul fuoco . E come pregarono e i chicchi d’orzo gettarono subito il figlio dell’arconte, il gagliardo Trasìmede, colpì ritto accanto : la scure troncò i muscoli del collo ,e sciolse le forze della giovenca ;… gridarono le donne ,le nuore , le figlie e le spose !!!… poi tenendola alzata ,la tennero su ; la sgozzò Pisìstrato, il capo dei forti . E come della giovenca fluì il sangue nero , la vita lasciò le ossa , subito la squartarono e tagliarono le cosce tutte per bene,di grasso le avvolsero ,ripiegandolo e sopra le primizie disposero; le ardeva sulla catasta il vecchio sacerdote e vino lucente versava sopra; i giovani intorno avevano forche tra mano .E quando le cosce furono arse ,mangiarono i visceri, facendo il resto a pezzi , e li arrostivano e li infilzarono su , reggendo gli spiedi aguzzi con le mani …..quando le carni dei terghi ebbero cotto e sfilato, seduti banchettavano ; e nobili uomini vigilavano,versando il vino dentro i calici d’oro . Infine spento il bisogno di cibo e di vino prese fra loro a parlare l’arconte , re e sacerdote : -”Su ospiti e amici la nave ed i remi approntate, perché sciogliendo le vele il vostro viaggio si compia!”- disse- e quelli molto ascoltarono e obbedirono preparando la nave ,pane e vino le dispensiere vi posero e cibi di molto nutrimento” …
Tutto fu pronto per la bella impresa, per navigare il grande fiume dalla sua foce sulla marina dove esso scende “per aver pace coi seguaci sui” ; …scorrevan le onde dell’Eridano ed i pioppi fitti ed i salici sulle sue sponde narravano delle Nereidi, ninfe benevoli ed immortali, piangenti, con la fine luttuosa del bello e glorioso Fetonte, la sorte mortale degli eroi!
Alla reggia del grande palazzo di Teseo erano molti i partecipanti agli abbondanti banchetti celebrati per il grande viaggio del re vincitore del Minotauro e tutti nel silenzio nella maestosa sala sentirono da Atreo la narrazione della sua storia :”O grande re Teseo e voi ospiti che onorate gli dèi, questo io vi narro , che intrapresi a vent’anni, quando ero ancora giovane, parlando di pericoli e di peripezie e continuerò il mio racconto fino a quando giunsi ai grandi monti, ai confini del nord, fin dove arrivarono gli dèi e gli uomini col segno e col nome della nostra civiltà “. Rispose Teseo : “ O saggio Atreo continua il tuo racconto che onora la nostra “polis”, la nostra città ,quando tu ci ricordi fin dove è arrivato, in mezzo alle terre e sul vasto mare, il nostro segno ed il nostro costume che onora gli eterni e l’immortale Atena, con riti e sacrifici che legano il destino dei mortali alla vita degli dèi “.
Erano uomini che venivano dal mare ,che praticavano il mare, narrati da Omero e dai poeti greci , ed arrivarono anche nella nostra Valle, risalendo il grande fiume Po, l’Eridàno dei miti greci, lasciando segni inconfondibili e misteriosi come vedremo nella prossima puntata proseguendo nei “Racconti di Valleimagna “(Little Eagle )