Corna Imagna all’infrarosso, tra natura “sbiancata” e vibrazioni oniriche

Con la tecnica della fotografia all'infrarosso, Grumello del Becco a Corna Imagna assume un’atmosfera onirica e la natura risulta sbiancata.
28 Aprile 2023

Nuova puntata della rubrica “Vi racconto una fotografia” curata da Filippo Manini, musicista valdimagnino, direttore del Coro CAI Valle Imagna, compositore, educatore, amante della sua terra e da qualche anno appassionato di fotografia (qua il suo profilo Instagram se volete vedere i suoi scatti). Buona visione e lettura!

Nella primavera del 2020 iniziai a riprendere in mano seriamente la fotografia. Eravamo tutti blindati in casa causa lockdown e cominciai a sbirciare in internet per cercare una mia strada, curiosando negli infiniti gruppi fotografici che vi si trovano alla ricerca di scatti che mi arrivassero in maniera immediata per potenza evocativa.

Come dice Roland Barthes, in fotografia ci sono lo studium e il punctum: lo studium è di una fotografia che è fatta bene e di cui ci si può compiacere per una certa gradevolezza di visione; il punctum è invece di una fotografia che, senza sapere il perché, ti arriva dritta alla percezione e attiva l’emozione, istintivamente e senza fatica. Ecco, io andavo in cerca di quale fosse il mio punctum.

Nelle ricerche mi imbattei in un genere fantastico, nel vero senso del termine: la fotografia all’infrarosso. Prima di allora non l’avevo mai sentita nominare, e consideravo l’infrarosso solo una roba legata al telecomando dei televisori… Poi intercettai gli scatti di un tal Omar Sospiri, e fu amore a prima vista. Le sue fotografie risvegliavano un lato onirico (notare l’ossimoro) che mi arrivava con particolare forza: avevo individuato un punctum interessante. Decisi allora di approfondire la cosa e lo contattai. Mi diede qualche dritta essenziale via web, poi diventammo amici e finimmo poi per osterie sulle colline romagnole attorno a Salsomaggiore, dove vive.

La tecnica della fotografia digitale all’infrarosso, pur apparendo una “roba strana”, non richiede particolari doti divinatorie, ma, come in tutte le cose, richiede consapevolezza di ciò che si va a fare. Innanzitutto si tratta di fotografia, quindi le basi non possono mancare, e per basi intendo l’idea, la lettura della luce e la composizione. Tutto il resto è un di più.

Innanzitutto occorre sapere cosa sia l’infrarosso. In soldoni, stiamo parlando di radiazione elettromagnetica, una forma di energia con la quale abbiamo a che fare tutti, ogni giorno della nostra vita, in più declinazioni: dalla luce, al forno a microonde, al cellulare, al famoso telecomando. Ognuna di queste declinazioni ha una sua collocazione su una scala misurabile, che definiamo spettro. Su tutta la lunghezza dello spettro trovano posto ordinato forme di energia ad ampia lunghezza d’onda e conseguente bassa frequenza, come le onde radio, e forme a breve lunghezza d’onda ed altissima frequenza, come i raggi gamma.

Bene, dopo questo pippone di fisica spiccia, dove collochiamo la radiazione infrarossa? Ci vengono in aiuto a questo punto i Pink Floyd con The dark side of the moon. Non potete non aver presente l’iconica cover dell’album, con il prisma che scinde la luce nei colori dell’arcobaleno. Quello è praticamente un riassunto di tutto ciò che il nostro occhio può vedere (come del resto, nell’album c’è un riassunto di tutto ciò che il nostro orecchio potrà mai ascoltare…). E come dice il nome stesso, l’infrarosso è collocabile esattamente “sotto il rosso”. Essendo “al di sotto” dell’arcobaleno, non lo si può vedere, perché il nostro occhio non ne ha sviluppato la competenza. Come del resto, il nostro orecchio non può sentire gli infrasuoni. Ciò non toglie che infrarosso e infrasuoni esistano.

Ebbene sì, l’universo è molto più “ampio” di quanto possiamo noi percepirlo. Forse dovremmo ricordarcelo più spesso, e farla meno da padroni. La fotografia all’infrarosso è un buon promemoria di tutto ciò. Perché con la fotografia all’infrarosso, l’infrarosso si può fissare in un’immagine. Il sensore di una fotocamera digitale potenzialmente cattura tutto lo spettro. Quindi luce visibile e radiazioni invisibili (infrarosso e ultravioletto). Così ai sensori vengono applicati degli appositi filtri che tagliano le radiazioni indesiderate e permettono di catturare solo la luce visibile, restituendoci i colori che conosciamo, e permettendovi di farvi selfie forieri di cuoricini e pollici alzati.

Per catturare l’infrarosso allora che si fa? Molto semplice. Esistono due modi: il meno invasivo è applicare dei filtri all’obiettivo della fotocamera, in modo che, con tempi di esposizione variabili, si facciano passare le radiazioni desiderate; oppure, in maniera più radicale, si interviene direttamente sul sensore, applicandogli un filtro apposito, oppure si lascia il sensore “nudo” in modo che raccolga tutto lo spettro. Quando iniziai a praticare questo tipo di fotografia mi procurai un filtro che applicato all’obiettivo tagliava la luce visibile e lasciava passare solo lunghezze d’onda oltre i 720 nanometri. Con la mia fotocamera di allora però occorreva lasciar esposto anche per più di un minuto in pieno sole. Affascinante, ma poco pratico. Mi procurai allora una gloriosa nikon d90 e feci denudare il sensore. Da quel momento catturavo tutto lo spettro. Poi, applicando il filtro all’obiettivo, decidevo quale lunghezza d’onda lasciar filtrare.

La foto che pubblico oggi è un classico scatto in cui passano solo lunghezze d’onda oltre i 720 nanometri. Come si può notare, il paesaggio del Grumello del Becco a Corna Imagna assume qui un’atmosfera onirica e la natura risulta sbiancata, tratto inconfondibile di questo tipo di fotografia; non a caso, il momento migliore per fare questi scatti è precisamente la primavera, quando la clorofilla torna a pompare nelle foglie e a rendere rigogliosa la vegetazione, facendo così risaltare l’effetto infrarosso. I cieli risultano molto tersi, poiché l’infrarosso “vede oltre” le foschie. Il colore rossiccio degli abeti qui è dato da un leggero viraggio del colore in post produzione. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, qui non c’è alcun passaggio di quello che comunemente viene definito “fotoritocco”. È tutta natura. Solo, vista con uno sguardo diverso, e, mi pare, di grande impatto. Se volete vedere dei veri capolavori del genere, cercate in rete gli scatti dell’amico Omar Sospiri. Un vero pioniere e maestro del genere. Li trovate a questo link.

Ecco la foto

copertina Corna infrarossi 1 - La Voce delle Valli

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