Riunire i giovani e i giovanissimi e metterli al centro. Da più di quattro decenni, è l’obiettivo del gruppo scout Zogno 1, nato in Val Brembana appunto quarant’anni fa dall’intuizione che per i ragazzi si dovesse fare di più. Ci spiega la storia Giuseppina Carminati, per tutti “Giuse”, una delle fondatrici di una realtà che è un vero unicum nel panorama associativo delle Valli.
“Fondamentalmente, dobbiamo tornare all’estate del 1983, con un’idea partita dal gruppo di catechisti di Zogno che si occupava dei ragazzi. Pensavamo che non fosse sufficiente coinvolgerli per la catechesi, si voleva ampliare la proposta educativa coprendo tutto l’ambito dell’esperienza di vita. Esce allora il pensiero di avvicinarci allo scoutismo: i primi passi sono stati al buio, con l’appoggio di chi faceva già parte di un altro gruppo”. Nel pieno rispetto del pensiero scout, si impara facendo. “Siamo partiti con ragazzi di 14 anni e abbiamo lanciato la proposta di andare ad una Route interregionale con gruppi di Lombardia, Calabria e Campani. Il percorso si snodava nella zona del terremoto dell’Irpinia, noi siamo andati vedere di cosa ci fosse bisogno”.
Inizia così, per un gruppetto, la primissima esperienza da scout. “Partiamo per questa route, lì scopriamo cosa vuol dire fare scoutismo, attraverso questo trekking abbiamo imparato molto. A ottobre si parte con un gruppo di preadolescenti, apre ufficialmente il gruppo scout Zogno 1, affiliato all’Agesci (Associazione guide e scout cattolici italiani)”. Per mandarlo avanti, occorre imparare come si fa. “Abbiamo fatto formazione per diventare Capi Scout, iniziando le attività già con giovani ragazzi e giovani adulti, una manciata sui 18 anni. Un paio di anni dopo abbiamo aperto il Branco dei lupetti (per bambini dagli 8 ai 12 anni), da lì nasce il Reparto (per i ragazzi dai 12 ai 16) e si avvia tutto”. È un percorso lungo e richiede pazienza: “Cominciare da zero non è stato facile, perché partire con i bambini ha voluto dire aspettare poi il ricambio di chi proseguiva il percorso e subentrava come capo. Erano tutti molto entusiasti, anche perché a Zogno eravamo sostenuti da don Giulio, che abbiamo scoperto essere stato scout nei suoi primi anni di sacerdozio”.
Quattro decenni dopo, il bilancio non può che dirsi positivo e non si limita solo al capoluogo brembano. “Siamo sicuramente conosciuti e credo anche apprezzati da tante famiglie anche ad ampio raggio” spiega Carminati “non ci siamo mai voluti chiudere su Zogno, aprendoci ai comuni vicini per dare l’opportunità ai ragazzi di vivere su territori più ampi. L’idea di allargare la visuale, sia per noi che per i bambini, tutto sommato è stata azzeccata, anzi le richieste da parte della Valle sono molte, più di quelle che possiamo soddisfare. Nel tempo siamo sempre stati numerosi, dai 100 ai 120 membri, abbiamo mantenuto una presenza costante, alla fine l’interesse c’è sempre stato”. Le attività coinvolgono appunto il territorio, anche con azioni importanti: “Nei primi anni, abbiamo deciso di ristrutturare la vecchia scuola di proprietà del comune a Carnit, nella contrada di San Gaetano di Zogno: negli anni, l’abbiamo resa il nostro punto di riferimento. I genitori dei ragazzi ci hanno sostenuti nel percorso, soprattutto nella ristrutturazione della base. Il sostegno è sempre importante, anche dopo i primi tempi”.
Gli iscritti non sono mai diminuiti, così come l’impegno e il numero degli educatori perché, spiega Giuse, la richiesta di attività è molta. “C’è tanto bisogno di aggregazione per i ragazzi, soprattutto in momenti non strutturati, perché la nostra modalità comprende aspetti di gioco e autogestione, soprattutto per i giovani”. È un modo diverso di stare insieme: “Un gruppo che si progetta insieme è sicuramente una cosa che non si trova e tentiamo di proporla, uno spazio per gli adolescenti in cui loro sono protagonisti, a partire dalle piccole cose che organizzano, fino ai campi e ai viaggi: serve per mettere loro in primo piano”.
L’altro lato della medaglia sono appunto i capi scout. “Non è facile trovare giovani educatori: si dedica tanto tempo agli scout, perché dietro ogni attività c’è un lavoro di progettazione che impegna molto persone e alla fine sono volontari, dunque devono conciliare il loro essere giovani, lo studio e il lavoro, insieme alla attività di educatore. Dietro a ciò che facciamo c’è un metodo educativo non da poco e ben strutturato”. Proprio la presenza di tanti ragazzi rende fiduciosa Giuse. “L’Associazione è sempre in crescita, si è visto anche alla Route Nazionale a Verona (il ritrovo di tutti i capi scout d’Italia ndr), abbiamo notato grande vitalità. Per noi, la richiesta è di essere presenti, c’è ed è molta. Io credo che ci sia una buona prospettiva, abbiamo un bel gruppo di giovani volontari ed è da lì che ci viene la forza per andare avanti, ragazzi di 18-20 anni che non è scontato proseguano il percorso fino a lì: quest’anno, ad esempio, hanno passato dieci giorni in Albania facendo volontariato con i bambini del posto. Diciamo che loro sono un po’ la nostra assicurazione per il futuro”.