La tradizione dipinge spesso la figura del prete come statica, qualcuno che raramente esce a “sporcarsi le mani”. Don Angelo Riva è tutto il contrario: il parroco di Palazzago è infatti sempre pronto ad incontrare l’altro, per essere “pastore” per davvero.
“Io sono originario di Valbrembo, della parrocchia di Scano. Il mio percorso è stato molto tradizionale, la vocazione l’ho scoperta facendo il chierichetto, con la prima comunione, vivendo da vicino la parrocchia. Dico sempre che la cosa strana nel mio cammino è che nessuno mi aveva mai proposto di fare il prete, nemmeno il mio parroco, anzi ero imbarazzato a dirgli di voler prendere questa strada – racconta Don Angelo -. “Fatto sta che sono entrato in seminario alle medie, ho fatto le superiori e poi, ovviamente, Teologia, con alti e bassi come in tutto. È stata un’esperienza molto bella, c’erano tanti studenti, il fatto che il Seminario fosse in Città Alta dava tante opportunità, c’erano le palestre, la cucina… sono stato davvero contento, rispetto alla visione esterna di luogo isolato abbiamo vissuto tanto a contatto con il mondo. Anche con le varie fughe fuori orario” scherza.
Un percorso che conduce Don Riva, oggi cinquantaseienne, a prendere i voti nel 1993, e poi subito ad una sfida impegnativa: la parrocchia di Ciserano-Zingonia. “Era una realtà molto bella e molto tesa, mi ha messo a dura prova: ho toccato con mano il dramma della droga, sono dovuto stare due mesi in esilio perché ero preso di mira da alcuni spacciatori. Io aiutavo alcuni ragazzi che erano debitori di queste figure e le loro minacce hanno fatto sì che venissi trasferito per calmare le acque” spiega, sottolineando al contempo il ruolo formativo dell’ambiente: “Lì mi è servito per tornare con i piedi per terra, attraverso l’incontro con l’umano e la sua bellezza e complessità, cosa vuol dire fare il prete stando con la gente. Dal ‘99 al 2008 sono stato catapultato in Alta Valle Brembana, il vescovo Amadei aveva recepito che servisse un prete, ho fatto il curato a Piazza Brembana e seguivo i ragazzi delle piccole realtà, entrambe le valli, insegnando religione a Olmo, Valnegra e Branzi, c’era sempre da girare su e giù, si facevano i chilometri”.
Anche qui, don Angelo non manca di sottolineare i lati positivi del tanto lavoro a contatto con i giovani, per il quale è richiesta grande creatività. “Sono uscito dai cliché tipici della pastorale della parrocchia, anche il Vescovo mi ha aiutato molto. Dal 2008 al 2021 sono stato parroco a Carenno, nella zona della valle San Martino. Inoltre, sono stato delegato del vescovo a Milano per rappresentare le 35 parrocchie bergamasche di rito ambrosiano. Devo dire che il contatto con la realtà milanese mi ha aperto il mondo su nuove realtà di fede”. In Valle San Martino il nostro don trova tante soddisfazioni, come la costruzione del nuovo oratorio a Carenno , ma anche dolori e difficoltà: “La pandemia a Carenno ha colpito duro vicino a me, anche i miei cari, da febbraio a Natale del 2020 è stata durissima, da metà del 2021 sono stato trasferito qui a Palazzago”.
Oltre a essere il “don”, Angelo coltiva parecchie passioni, soprattutto per tenersi sempre in movimento. Se a Ciserano, per sua ammissione, faceva qualche capatina a Treviglio per andare in piscina, “In alta Valle Brembana ho scoperto la biciletta e la mountain bike. Gli impegni sono tanti, ho sempre avuto due comunità; quindi, devi spostarti in auto e allora ho coltivato la passione per le due ruote, anche adesso ho la bici sul rullo. Quando riesco mi ritiro lì, mens sana in corpore sano si dice, perché serve essere sereni per affrontare gli impegni della vita, aiuta a mantenere un certo equilibrio. Mi piace anche la musica italiana, e poi mi piace andare al bar, con qualcuno, con gli amici, anche in zona, perché incontro i giovani, le persone che magari non frequentano in chiesa, quando ti riconoscono si avvicinano e cominciano i discorsi su la fede, sul senso della vita”.
Si, perché per quanto inusuale possa sembrare, Don Angelo sa che la vita pastorale non si ferma fuori dalle chiese, anzi è lì che bisogna aprirsi al mondo e agli altri. “In chiesa magari c’è meno interazione, fuori invece si affrontano le questioni davanti a una birra, si parla. Ieri sera sono andato a un pub qua vicino e un signore si è confrontato con me, chiedendo uno sfogo, è un hobby ma è anche un ministero che è sempre più importante. Occorre sganciarsi dalla chiesa e dalla sagrestia, come chiede il Papa, noi in primis e poi i laici. È un modo per incontrare i giovani ed è un nostro dovere in quanto preti”.
Una figura che deve essere presente tra la gente: “Bisogna esporsi, ovviamente stando attenti a gestirsi – spiega – il comportamento è importante e la gente ti vede, ma a me preoccupa quando sento la chiusura da parte dei preti. Io non sono giovane anagraficamente, ma resto impressionato da preti più giovani che queste cose non le vivono, c’è una comodità nel restare chiusi in chiesa e sagrestia, che sono importanti ma forse non danno tanti stimoli. Altri ambienti provocano in modi diversi, ci sono persone che chiedono il perché di una scelta di vita e questo mi aiuta a conoscere tanta gente: non dobbiamo essere autoreferenziali”. Per questo, il contatto non può mancare: “investo molto suoi giovani, ad esempio li ho portati a Praga a Natale, è un impegno ma con loro mi trovo bene. Quando ti metti in gioco con loro l’età si supera, il rispetto c’è ma loro vedono che sono vicino alle loro idee, superando quell’idea del preost, del prete tradizionale, dobbiamo essere pastori”.
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Grazie Don Angelo per la tua vita ricca di FEDE E DI SENSO!!! CONOSCERE QUESTA BELLA ST0IRIA MI HA DILATATO IL CUORE! LA PASSIONE CHE RIVELA È SICURAMENTE CONTAGIOSA! SPERO DI INCONTRARTI UN GIORNO! IO ABITO A RIDOSSO DEL CONVENTO DELLE CLARISSE IN VIA LUNGA A BERGAMO,..
SPLENDIDO TERRENO DI INCONTRI!!!! COME LA E T R A D A CHE È LA MIA TERRA DI MEZZO!!!
BUONA VITA DON ANGELO OMONIMO!!! -
Sei unico ..