Don Mario Carrara, fresco, fresco di ordinazione a 33 anni, ha celebrato la sua prima Messa lo scorso 29 maggio nella Chiesa parrocchiale del suo paese (leggi qua), Locatello. In questo nuovo numero della nostra rubrica “Preti (e uomini) di montagna”, Don Mario ci spiega come si è manifestata la sua vocazione – decisamente non comune in questo periodo storico – e la reazione dei genitori al dichiarare delle sue intenzioni, confessando quali rinunce e difficoltà ha comportato la scelta di diventare prete.
Classe 1988, Mario Carrara ha seguito un comune percorso di studi fino ai 25 anni: “All’asilo andavo dalle Sacramentine a Selino Basso, dopo ho frequentato le scuole elementari a Locatello per poi ritornare a Selino Basso durante gli anni delle medie, infine ho concluso il percorso scolastico all’Università di Bergamo iscrivendomi alla facoltà di Lettere. Successivamente ho insegnato italiano e storia all’Istituto Mamoli per un breve periodo”.
Il sogno di Mario è sempre stato quello di diventare prete, la manifestazione della sua vocazione consisteva proprio in questo impetuoso e costante desiderio: “Fin da quando ero piccolo sognavo di fare questo. Quando mi veniva chiesto che cosa volessi fare da grande rispondevo con fermezza e convinzione che sarei diventato un prete e ne ero particolarmente entusiasta. Pensandomi in quelle vesti ero felice, guardando altri preti sognavo di diventare come loro e di donare la mia vita al Signore”.
Nonostante la precoce comparsa della vocazione Mario entra in seminario solo all’età di 26 anni, più tardi rispetto alla maggioranza degli adolescenti che con lui hanno condiviso il percorso: “La mia entrata in seminario è avvenuta tardi, infatti sono il più grande della mia classe. Durante gli anni del liceo ricordo che il professore di religione, Don Giuseppe, ci aveva portati a vedere il seminario e in quell’occasione ho sentito che quella sarebbe stata la mia strada, ma al tempo non ero ancora pronto e avvertivo un’enorme paura nell’immaginare la mia vita lontano dalle mie radici, dalla mia famiglia e dei miei amici. Per cui inizialmente accantonavo il desiderio, che continuava a ripresentarsi sempre più frequentemente. Per questo motivo, negli anni delle superiori, ho deciso di ascoltarlo e assecondarlo, ho capito che era qualcosa di serio da cui non potevo scappare. Ho preso in mano la situazione, iniziando a confrontarmi con diversi sacerdoti e percorrendo il cammino degli incontri vocazionali, ma solo dopo aver terminato gli studi universitari”.
Dopo un periodo di riflessione , poco prima dell’entrata in seminario, passato a fronteggiare i dubbi su quella che sarebbe stata la sua vita, Mario ha comunicato la decisione alla famiglia: “L’emozione dei miei genitori è stata grandissima, erano davvero molto felici. Mio papà, inizialmente, ha provato dispiacere nell’apprendere che non sarebbe mai diventato nonno, essendo io figlio unico. Nonostante questo mi hanno sempre sostenuto e accompagnato durante il mio percorso. Il 29 maggio, in occasione della mia prima Messa nella Chiesa di Locatello, erano entrambi seduti in prima fila, visibilmente emozionati”.
La vita di ognuno di noi presenta difficoltà e ogni nostra scelta comporta delle privazioni; i dubbi più ricorrenti nella quotidianità di un prete cattolico riguardano proprio la sua scelta di vita, una decisione che implica la rinuncia definitiva alla possibilità di costruzione di una famiglia: “Ho impiegato molto tempo prima di decidermi ad entrare in seminario, ma una volta dentro non ho più avuto ripensamenti o momenti bui. Ho frequentato un anno di propedeutica e sei anni di teologia, periodi in cui non si sono mai presentati dubbi. Le incertezze ho voluto affrontarle prima di entrare. È chiaro che la vita da prete comporti delle rinunce, ma ogni scelta implica di escludere qualcos’altro. O non si sceglie e si resta nel mezzo di tutte le possibilità aperte o, facendo una scelta, si decide di rinunciare ad altro. Ad esempio, anche decidendo di sposare una donna si sceglie di rinunciare a tutte le altre”.
Il novello Don poi prosegue confessando quelli che sono i suoi progetti futuri: “Attualmente non penso alla missione, sono ordinato per la diocesi di Bergamo e vorrei essere un prete a servizio delle nostre parrocchie, vicino alla gente e presente nella mia comunità”. Infine si esprime circa il complesso tema del celibato imposto agli uomini di Chiesa: “Sono assolutamente contrario al matrimonio per i preti, penso che il celibato sia un grande valore per noi. Innanzitutto perché il prete è chiamato a modellare la sua vita su quella di Gesù Cristo ed Egli era celibe. Noi dobbiamo conformarci a Lui, per cui il celibato diventa un aspetto importante. Per di più un prete sposato farebbe fatica a conciliare impegni familiari e quelli della comunità, sottrarrebbe del prezioso tempo ad entrambi. Io sono grato al Signore per il dono della vocazione e alla Chiesa per averla accolta”.
Il dono della comunità di Locatello a don Mario