Don Michele, tra fede e tecnologia: “Lavoravo come tecnico PC, poi è scattato qualcosa”

Tecnologia e fede sembrano davvero mondi paralleli. La chiave, ovviamente, sta nel verbo, perché tra le due realtà possono avvenire incontri davvero proficui: ce lo insegna don Michele Lievore, attuale parrocco di Berbenno e Selino Alto.
15 Aprile 2023

Tecnologia e fede sembrano davvero mondi paralleli. La chiave, ovviamente, sta nel verbo, perché tra le due realtà possono avvenire incontri davvero proficui: ce lo insegna don Michele Lievore, attuale parrocco di Berbenno e Selino Alto.

“Vengo da Filago e vado per i 47 anni – spiega il don, anche se per una parte della propria vita è stato solo Michele Lievore – La storia della mia vocazione è un po’ lunga, sintetizzando posso dire che ho sempre avuto il desiderio di fare il tecnico di computer, di avere a che fare con la tecnologia. È un desiderio che ho realizzato, perché dopo essermi diplomato all’Esperia, ho lavorato in due aziende che facevano pc, prima come commerciale,  poi come sistemista. Mi occupavo di far parlare le varie periferiche, creando i sistemi di rete tra gli apparecchi”.

Una scelta di vita precisa e ben avviata, ma i cambiamenti possono sempre arrivare. “Questa situazione è andata avanti fino al 2000 circa, poi con la Giornata Mondiale della Gioventù è scattato qualcosa. Il cammino non è iniziato subito – racconta Don Michele – ma mi interrogavo sulla scelta vocazionale: a settembre 2002 ho iniziato il percorso di discernimento con la scuola di don Davide Pelucchi, eravamo ragazzi fuori dal seminario, dopo un anno ho capito che sarei andato avanti. Ho completato gli studi e nel 2009 sono stato ordinato sacerdote”. Un momento di festa che rischia di essere rovinato. “Il sabato di Carnevale mi sono rotto la caviglia e ci ho messo 3 mesi per riprendere a camminare, appena prima che venissi ordinato, il 23 maggio 2009”.

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Don Michele con don Guido, parroco di Mazzoleni

Ora sì che Don Michele può fare ciò per cui ha iniziato il proprio percorso: stare con la Comunità. “Sono stato destinato a Sforzatica, all’oratorio di Sant’Andrea, nel 2014 mi hanno dato anche l’oratorio di santa Maria, poi sono andato a Bossico, da tutt’altra parte, quasi vicino a casa. Nel 2018 sono stato destinato a Berbenno e Selino Alto, dunque sono circa 5 anni che sono qui in Valle Imagna” anche se la Valle era nella vita del nostro don già da molto prima.  “Da quando avevo 14 anni l’oratorio era la mia casa e lì mi ha guidato don Giuseppe Angiolini, nativo di Rota Imagna, lui e il suo predecessore mi hanno cresciuto nella mia comunità, con due stili diversi che mi porto nel cuore. Posso dire che non sono della Valle, ma ho avuto un’educazione un po’ valdimagnina, con un carattere un po’ forte che deriva proprio da questa esperienza”.

Le esperienze passate si rivelano molto utili, soprattutto la passione per la tecnologia, anche se coltivarla è difficile, tra i mille impegni che la vita parrocchiale porta con sé. “Mi capita spesso di avere molte riunioni, prima avevo un sacerdote residente, ora no, e dovendo anche andare a Bergamo è dura avere tempo per me, ci sono sempre commissioni e progetti. Qualche volta si libera la mezza giornata per fare una passeggiata. Da un po’ di anni ho un cane che vive con me, già da Dalmine, mi ha seguito a Sovere, è venuto a mancare e ne ho preso un altro: mi piace dargli nomi particolare, prima Orsa, ora Bebsa, dall’acronimo delle comunità in cui presto servizio”.

Oltre agli amici a quattro zampe, l’altra passione che don Michele si porta dietro da anni è – appunto – la tecnologia. “Quando posso, mi do da fare, anche solo per sistemare qualche pc vecchio, o per pensare come organizzare meglio il sito della parrocchia o l’app, che abbiamo iniziato ad usare durante il Covid: bisogna tenerla aggiornata, si avvisano dei defunti o delle messe in programma”. Si, perché dal 2020 l’elettronica è entrata nella vita religiosa in modi davvero innovativi.

“Durante il lockdown, sono andato in crisi anche io, i preti si sono chiesti: cosa facciamo? Senza la gente, noi cosa facciamo? Io sono prete per incontrare gli altri: lo scorso nove marzo abbiamo organizzato un pellegrinaggio vallare in Terrasanta: eravamo oltre 100 persone, è stato un momento di grazia per molti, ha ravvivato la fede”. Con le prime chiusure, tutto ciò era impossibile, ma da quelle domande sono nate risposte nuove. “Nel giro di due giorni ho creato un sistema per trasmettere la messa via radio, suonavo le campane e celebravo in chiesa, mi chiudevo dentro e trasmettevo la funzione per la gente da casa, che sentiva suonare le campane e sapeva che si iniziava”. L’importante, secondo don Michele, è non perdere il contatto con le persone: “Ci siamo inventati anche la tombola online: chi voleva partecipare mi scriveva, io mandavo una cartella digitale da stampare, poi estraevo i numeri e si controllavano in diretta. Era un modo per intrattenere le persone, per fare comunità e due risate, la domenica pomeriggio si trascorreva così. La tecnologia non era fine a sé stessa, ma serviva trovare modi diversi per fare qualcosa”.

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Don Michele e il suo inseparabile amico a 4 zampe

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