Il 27 gennaio in tutto il mondo si celebra la Giornata della Memoria, un giorno dedicato al ricordo di tutte le vittime dell’Olocausto avvenuto durante la Seconda Guerra Mondiale il genocidio di cui furono responsabili la Germania nazista e i suoi alleati. Questi terribili avvenimenti a noi ragazzi potrebbero apparire lontani sia nel tempo sia geograficamente, ma purtroppo non fu così.
Per questo motivo e per capire meglio la Storia magistra vitae, ho deciso di parlare con un membro dell’ANPI (Associazione Nazionale Partigiani Italiani), Enrica Boffelli, una sangiovannese che mi ha raccontato, attraverso testimonianze di abitanti della Valle Brembana, partigiani e non, di come le generazioni che ci hanno preceduto abbiano aiutato gli ebrei e i prigionieri di guerra a sfuggire alle deportazioni nei campi di concentramento.
“Da quando in Italia sono state introdotte le leggi razziali, nel 1938, la vita per le persone ebree è cambiata radicalmente, poiché sono rimaste confinate ai margini della società – racconta Enrica – La situazione peggiorò ulteriormente allo scoppiare della guerra, quando Ebrei e prigionieri vennero non subito deportati, ma internati in vari comuni italiani, tra cui San Giovanni Bianco, San Pellegrino Terme, Cornalba e Serina, per citarne alcuni, con ulteriori limitazioni della libertà personale. Ed è in quel momento che gli abitanti della Val Brembana hanno cominciato ad aiutare le persone giunte nei vari paesi, trattandole come compaesani e sostenendoli e dando loro tutto ciò potevano offrire”.
Enrica ha poi proseguito con la narrazione di vicende più particolari, la prima ha riguardato anche la sua famiglia. “Dopo l’entrata in guerra dell’Italia giunse a San Giovanni Bianco la famiglia di Regina Zimet, una bambina ebrea, dopo che un viaggio verso la Palestina da Lipsia, in Germania, fallì. Lei e la sua famiglia riuscirono fortunatamente a sfuggire alla deportazione grazie all’aiuto di molte persone, che riuscirono a portarli furtivamente attraverso il Passo San Marco in Valtellina, dove furono ospitati dalla famiglia Della Nave di San Bello fino al termine della guerra. Ritornarono ogni anno personalmente per ringraziare tutti coloro che li avevano aiutati, come ad esempio mio nonno, a cui avevano donato un sacchetto di terra della Palestina, dove si erano trasferiti dopo la guerra. Anche una coppia della Pianca, una frazione di San Giovanni Bianco, contribuì a tenere nascosti degli Ebrei durante la Seconda Guerra Mondiale e fu premiata con la medaglia per i “Giusti delle Nazioni”, ritrovata dai nipoti solo pochi anni fa, perché i nonni avevano sempre tenuto questa storia segreta, forse all’epoca per il timore di avere fatto qualcosa di illegale, contro la legge.
Perfino l’allora podestà di Roncobello: Isacco Milesi, rischiando anche la morte, ospitò una famiglia di Ebrei provenienti da Branzi. Non bisogna dimenticare neanche il gesto di Don Eugenio Bussa, allora parroco di Cornalba, che oltre a prendersi cura di tanti ragazzi sfollati del Patronato di Milano, ne nascose alcuni di religione ebraica, di cui si saprà solo molti anni dopo la fine della guerra”.
È notevole come tutte queste persone abbiano messo a rischio la loro vita trasgredendo le leggi per salvare quella di altri e anche che tutte queste storie siano tornate alla luce solo pochi anni fa, raccontate per la maggior parte dai nipoti, che le scoprirono per caso. Venendo a conoscenza di questi vissuti, i membri dell’Anpi riescono a studiarle e scriverle, in modo che non vadano perdute con il passare degli anni. Se si volesse sapere di più sulla storia degli Ebrei in Valle Brembana e sull’azione dei partigiani per liberare i nostri paesi, si può leggere il libro di Tarcisio Bottani, Giuseppe Giupponi e Felice Riceputi: “La Resistenza in Valle Brembana e zone limitrofe”, disponibile in tutte le librerie. Invito tutti a celebrare la Giornata della Memoria riflettendo sui fatti accaduti in passato, per far sì che non si ripetano in futuro e a ripensare a tutto l’aiuto che la popolazione bergamasca ha dato agli Ebrei e ai prigionieri di guerra. Per non dimenticare.