Originario di San Pellegrino, ha vinto due volte il giro d’Italia, nel 1997 e nel 1999. Bastano pochissimi indizi per capire che la rubrica dedicata agli sportivi delle valli ospita oggi Ivan Gotti, ciclista dal 1991 al 2002.
La prima domanda, come da tradizione, è sull’inizio della sua carriera. “È cominciata casualmente, a 12 anni. Prima, ai miei tempi, si giocava a calcio, si correva, molto liberamente, ho provato vari sport – racconta Gotti –. Un giorno, non so perché, mi è stata regalata la bici da corsa. Mio padre non ha mai fatto bici, è una passione nata da me. Ho iniziato con la Paladina Maffioletti, da lì andando avanti con età e passione sono iniziati i primi risultati, ho scoperto la predisposizione per andare forte in salita. Quella è stata la mia fortuna, essere leggero e andare a vincere gli arrivi in salita mi dava soddisfazione”.
Le soddisfazioni, in effetti, sono state tante. “È stato un dilettantismo molto appagante, sono arrivato secondo al Giro d’Italia dilettanti, mentre nel professionismo ho fatto fatica a trovare la mia dimensione. Nel ‘95 tutto si è sbloccato con la maglia gialla al Tour, poi il ‘97 e il ’99 con in due Giri d’Italia vinti”. Una carriera intensa, dunque.
“Era quasi normale gareggiare per 12 anni, ora si va più avanti. Ci sono anche delle situazioni che si creano, non tutti arrivano fino a lì, c’è chi smette prima per infortunio. Per me era diventato un lavoro, certo ci sono soddisfazioni, ingaggi, ma anche responsabilità. Arrivato a un certo punto ho smesso, ero nauseato dalla bici: c’è un momento in cui ci si allontana dal mondo che hai amato, non ti riconosci più in quello che fai e molli tutto. Con il professionismo cambia l’ottica sullo sport, credo di essere soddisfatto da quello che ho ottenuto, il ciclismo mi ha dato tanto”.
“Il momento più bello? Forse la maglia gialla al Tour, del tutto inaspettato, sono salito sul podio e trattenevo le lacrime, ero sbalordito in un evento mondiale come quello, mi sono ridimensionato due giorni dopo, ma ho cercato di dimostrare che non ero lì per caso”.
Archiviati i tempi dell’attività agonistica, Ivan ha riabbracciato la Valle Brembana: “Abito a San Pellegrino e lavoro in Valle, mi sento di essere un uomo della valle dal punto di vista del carattere. Vedo tante cose positive, qui abbiamo qualità e caratteristiche che molti dei miei compagni stranieri al tempo mi invidiavano. Tante persone credono nel territorio e ci lavorano, c’è un grande impegno per sviluppare la Val Brembana”.
Un’attitudine che Gotti rintraccia anche nel legame tra la bergamasca e i pedali. “Tutto il territorio ha dato al ciclismo: i nostri nonni e bisnonni erano abituati alla fatica, c’era sempre la volontà di arrivare a qualcosa. Se non siamo stanchi alla sera non siamo contenti, noi vogliamo dare tutto, questo porta anche a spendersi ogni giorno, è il DNA che ci accompagna in quanto bergamaschi. Il mondo dello sport però sta cambiando, non abbiamo adesso grandissima rappresentanza nel ciclismo. Poi si devono considerare le annate, ci abbiamo messo 20 anni per vincere un Giro, poi le ruote girano”.
È un rapporto che va al di là della sola competizione sportiva: secondo Ivan, la Valle Brembana è una potenziale casa per tutti gli amanti della bicicletta. “All’estero dicono che siamo fortunati, potremmo fare attività e trekking in ogni periodo dell’anno, partendo dal fondovalle per poi salire d’estate fino alle vette e ai passi montani. Abbiamo davvero un territorio eccezionale, tocca a noi viverlo”. In questo senso, l’evoluzione tecnica del ciclismo aiuta non poco. “Le nuove biciclette, le e-bike, sono una grande opportunità in ottica turistica. Ci si può fermare a mangiare, si fa meno fatica e ci si gode il paesaggio, sempre nel rispetto degli altri e di chi la montagna la vive. Nell’ambito di sentieri e percorsi dobbiamo migliorare, tenere bene i sentieri e le mulattiere antiche. Il territorio non è dolce – aggiunge Ivan – ma prendendo spunto dalle varie eccellenze, come il Trentino o Livigno, si possono creare cose belle come la pista ciclabile, si può investire per portarla più avanti, fino a Branzi e al lago di Cassiglio”.
Paradossalmente, secondo Gotti anche il momento storico della pandemia darà grande impulso al cicloturismo. “Ci si può muovere con la bicicletta in tutta sicurezza, è un modo per evadere da casa. Ha preso sempre più piede, negli ultimi anni, la passione per la bicicletta e non si fermerà: chi ha iniziato da poco è benvenuto, ma occorre muoversi seguendo le regole, su ciclabile e strade ci sono sempre problemi se non incidenti”.
Un fattore, la sicurezza su due ruote, su cui Ivan interverrebbe molto presto. “La mia idea è che si debba partire dalle scuole, si educano i bambini all’utilizzo della bicicletta, che è il primo approccio alla mobilità. Se si impara a quella età, poi è tutto in discesa: deve succedere con il caschetto la stessa cosa che è successa con la cintura di sicurezza. Io vieterei alcune strade statali ai ciclisti se sul territorio esiste un’alternativa come appunto la pista ciclabile, oppure si avvisano gli automobilisti della presenza di ciclisti. Andare in bici deve essere innanzitutto piacevole, non pericoloso”.
A proposito di relazione bicicletta-Valle, San Pellegrino ospiterà l’arrivo di una tappa del prossimo Giro d’Italia Under 23. “Si svolgerà in totale sicurezza e daremo al territorio bergamasco. Non possiamo aspettare che la situazione cambi, si possono già organizzare manifestazioni sportive, basta averne la volontà. Passerà anche in Val Seriana, verso Nembro, ha un significato simbolico, per le nostre Valli che hanno sofferto: il segnale è quello di ripartire con i giovani”.
Gotti riflette sull’onda lunga di un evento così importante. “Cosa lascerà non lo so, non ci aspettiamo una folla, però credo che l’immagine resterà e qualcuno arriverà per visitare le nostre zone. Noi abbiamo la fortuna di avere tante società sportive, di ogni tipo, abbiamo questa sensibilità. Io ho corso anche nella categoria Under 23, è una questione che mi sta particolarmente a cuore e che può fare bene al ciclismo locale. Il bambino guarda gli atleti e magari può interessarsi allo sport, questo porta benefici”.
“Ho avuto modo di sentire il CT della nazionale Cassani, che ha ringraziato gli organizzatori per questa voglia di puntare sui giovani. È un bel segnale, accordare le tappe non è facile: faremo qualcosa per il territorio, per promuoverlo turisticamente, io ringrazio di cuore il Comune perché non è facile trovare amministrazioni che ci credano e ci mettano la faccia, soprattutto in un momento come questo. San Pellegrino ha un legame con il ciclismo e lo sport, Orlandini, Astori…ha dato atleti di un certo livello”.
Portare il Giro Under 23 a San Pellegrino, secondo Gotti, è però solo il primo passo verso una valorizzazione delle due ruote, intese anche come risorsa economica. “Credo sia importante investire sul ciclismo, il cicloturismo sta andando alla grande, basta solo copiare altre realtà già affermate per avere risultati. Non fermiamoci con la ciclabile a Piazza Brembana – propone Ivan – arriviamo nelle valli laterali, ci sono territorio e sentieri da scoprire, per creare una sintonia anche con chi cammina, un legame di rispetto tra tutti coloro che vivono i nostri territori. Si pensi solo se si potesse partire dal parco dei Colli e arrivare fino a Bruntino, sotto il Canto Alto, con parchi appositi per chi vuole fare passeggiare o andare in bicicletta”.
“La gente vuole venire in valle” è un concetto che Ivan sottolinea molto “possiamo portare i ragazzi sulla bici, è una risorsa sfruttabile tutto l’anno. Le e-bike, poi, portano ad esplorare molto di più, i dati ci dicono che la tendenza è questa: dal fondovalle fino agli impianti da scii, noi abbiamo percorsi meravigliosi che possiamo pubblicizzare e far conoscere”.
Photo Credit: Rotary Club Dalmine Centenario