Articolo estratto da “Quaderni Brembani n.22” a cura di Tarcisio Bottani.
In occasione dei 90 anni della nascita dell’Aranciata Sanpellegrino mi è capitato di leggere che, durante la fiera Campionaria di Milano del 1932, il presidente della Società, Ezio Granelli offrì ai suoi ospiti una bevanda dissetante preparata sul momento, a base di acqua minerale, succo d’arancia e un pizzico di zucchero. La miscela conquistò a tal punto i presenti che Granelli decise di provare a metterla sul mercato per tentare di conquistare il palato di tutti gli italiani.
La nascita della popolare bevanda sarebbe quindi frutto di un evento del tutto casuale, ma questa affermazione non rende giustizia all’imprenditorialità di Granelli, che invece presentò ufficialmente il nuovo prodotto alla Campionaria del 1932 a conclusione di un lungo periodo di meticolosa preparazione.L’Aranciata Sanpellegrino vide infatti la luce dopo un lungo periodo di ricerche e sperimentazioni, condotte in gran segreto nel nuovissimo reparto appositamente allestito nello stabilimento, allo scopo di produrre l’innovativa bibita in grado di associare le assodate proprietà curative dell’acqua al gradevole sapore del succo d’arancia e di presentarsi come un prodotto dissetante, fresco e igienico, adatto a tutte le categorie di persone e particolarmente delizioso per i bambini.
Prima di rendere pubblico il prodotto furono eseguite centinaia di prove chimiche e mediche sullo sciroppo ottenuto con la concentrazione del succo d’arancia, furono testate le varianti di sapore, condotti vari sondaggi tra i consumatori per individuare la soluzione più adeguata a soddisfarne i gusti. Oltre alla bontà del contenuto, i tecnici dell’Azienda dedicarono la massima attenzione alla presentazione del prodotto. Idearono l’originale bottiglietta a forma di clavetta, con la parte bassa arrotondata e in vetro ruvido, somigliante a un’arancia; scelsero con cura il tipo di vetro, la consistenza e il peso, realizzarono una capsula pratica e facile da aprire, studiarono l’etichetta aggiungendo alla tradizionale stella rossa le informazioni qualificanti del nuovo prodotto.
Ezio Granelli
La materia prima per produrre l’aranciata fu acquisita in Sicilia, e precisamente a Furci Siculo, un paesino alle pendici dell’Etna in provincia di Messina, dove la Società costruì uno stabilimento per la lavorazione degli agrumi. Lì confluivano milioni di arance raccolte negli agrumeti della zona per essere lavate e spremute nel più breve tempo possibile in condizioni di sicurezza igienica. Un documento del 1936 del podestà di Furci Siculo, ripreso nell’opuscolo L’Aranciata Sanpellegrino. Che cos’è e come si prepara, certificherà che nell’anno precedente erano state lavorate nello stabilimento della Sanpellegrino circa 41 milioni di arance dolci, finalizzate alla produzione di succo, un quantitativo in grado di rianimare l’agrumicoltura dell’isola languente da molti anni. Il succo veniva immesso in recipienti di deposito e lasciato a sedimentare per qualche tempo, prima di essere travasato in botti e avviato al porto di Messina, per essere poi spedito via mare a Genova, dove le botti venivano caricate su camion e trasportate a Milano, nello stabilimento di via Castelvetro, fatto costruire appositamente per la concentrazione del succo. Qui il prodotto veniva immesso in grandi celle frigorifere e sottoposto a controlli chimici e sanitari per escludere eventuali contaminazioni, prima di venire concentrato con un metodo di lavorazione unico in Europa che lo trasformava in una massa pastosa dall’aroma forte e penetrante.
Questa pasta d’arance concentrata veniva poi portata allo stabilimento di San Pellegrino per essere diluita in acqua minerale con aggiunta di zucchero e anidride carbonica. Come detto, l’Aranciata S. Pellegrino fu presentata alla Fiera Campionaria di Milano del 1932, accompagnata da un’accurata e capillare campagna pubblicitaria finalizzata a far presa sul consumatore, accostando le tradizionali proprietà dell’acqua minerale al gustoso e innovativo sapore ottenuto con l’abbinamento del succo d’arancia. Migliaia di rivenditori, grossisti, dettaglianti ed esercenti, furono informati del lancio del nuovo prodotto, cosicché quando ne iniziò la commercializzazione tutto era pronto per essere accolto nel migliore dei modi.
E la risposta arrivò immediatamente: nel giro di pochi mesi la bottiglietta dal color dell’arancia invase il mercato italiano e mondiale, facendo bella mostra di sé nei ristoranti e nei bar degli hotel di lusso, sulle navi e sui treni internazionali in Europa e in America, imponendosi per la sua sorprendente novità e suscitando l’unanime apprezzamento, al punto che si ebbero quasi subito numerosi tentativi di imitazione. In breve la produzione non fu in grado di far fronte all’eccezionale domanda e l’Azienda dovette riorganizzarsi costruendo nel 1933 una nuova ala dello stabilimento, attigua a quello esistente, e potenziando le moderne macchine che erano state installate per la produzione dell’aranciata: impianti automatici di lavaggio, sterilizzazione e asciugatura delle bottiglie, sistemi di riempimento, incapsulatura ed etichettatura organizzati secondo catene di montaggio veloci e precise.
Nel 1934 la manodopera di San Pellegrino e dei paesi limitrofi era in buona parte assorbita dallo stabilimento di imbottigliamento dell’acqua e dell’aranciata e il successo costante e crescente consentì all’Azienda di raddoppiare il proprio capitale sociale nel 1935, malgrado gli imponenti investimenti richiesti dal lancio della bibita.